ItaliaCano & C.

E qui introduciamo una bella pagina, scritta in collaborazione tra me e il buon Flannders, con tutte le stronzate che ci capita di sentire o leggere in giro, tutte quelle belle voci in italiaCano, storpiature, termini stragnieri – come direbbe F, storpiatura voluta – usati a membro di chihuahua malato, vaccate ggggiornalistiche, minchionate editoriali, errori sesquipedali di traduzione, mignottate dei “politici”, sì, quelli con le virgolette d’obbligo che abbiamo in Italia, modi di dire che fan cadere le palle, e quant’altro. Tutte queste pugnalate alla nostra millenaria lingua vanno stigmatizzate a dovere, anche se il tutto rimarrà confinato qui nei confini del nostro misero blog; ma qualcuno che lo legge ci sarà pure, no? E magari qualcuno che casca in uno o più degli italiaCanismi qui citati si sentirà spinto a riflettere – vedo F che mi sta facendo il classico gesto da “Ma che cazzo stai dicendo?”; ma tant’è – e a correggersi.


Legenda

(IC) → ItaliaCano: generico, per voci che non riusciamo a inserire in categorie più specifiche
(TR) → Traduttorese: modi di dire tradotti letteralmente, parole tradotte per assonanza con scarsa nessuna attenzione ai cosiddetti falsi amici, roba così
(IN) → Inglesano: tutti quei termini in ingRese mal scritti, peggio pronunciati, per nulla capiti e usati a membro di pinscher sifilitico per far vedere di essere moderni, e che contribuiscono, assieme a un baziliardo di altre cose, a rendere l’Italia lo zimbello del mondo
(ED) → Editorese: puttanate che il mondo editoriale italiano ha sdoganato, ma che il nostro prof delle superiori marcava invariabilmente con la penna rossa, che usava per segnalare errori gravi
(PO) → Politichese: le stronzate pangalattiche che s’inventano i nostri politicanti da strapazzo, d’ora in poi noti come PdS, per darsi quell’aria di superiorità sui poveri idioti che li hanno votati
(GI) → Giornalistese: le vacche per i coglioni che prendono costantemente i nostri “giornalisti”, anche questi ormai con le virgolette d’obbligo
(ME) → Mediese: le gran cagate fetide che sparano soprattutto certi professionisti sui media per far vedere quanto so’ bbelli quanto so’ bbravi; le due sopra non sono che sottoinsiemi più specifici di questa
(BU) → Burocretinese: tutti gli obbrobri che vomita costantemente il sistema burocraticocretino italiano
(SF) → Socialfognese: l’italiaCano estremo usato dai webeti quando sbrodolano quelle 27 vaccate al minuto sulle socialfogne tipo lo Zuckabuco, quell’altra che sembra un orologio rotto, ecc.
(WE) → Webetese: sinonimo di (SF) quando viene usato in ambiti esterni alle socialfogne dove si presume sia nato: su blog, forum, articoli online
(IB) → Intortaboccalonese: termine costruito a tavolino per intortare, appunto, i boccaloni: non vuol dire una beata minchia, se lo si analizza a fondo, ma la gente ci casca con tutte le scarpe
(CP) → Cascapallese: i modi di dire, appunto, che pur essendo magari corretti e accettati da mo’ anche da rinomati dizionari fanno proprio cascare le palle, e che sia io che F abbiamo cominciato a evitare come la peste
(GS) → Giustiziasocialese: e qui il discorso sarebbe lungo; io e F magari ci sbizzarriremo con qualche post all’acido nitrico concentrato su questo fenomeno; qui riporterò tutte le assolute minchionate inventate dai Guerrieri della Giustizia Sociale con le loro belle idiosincrasie per distinzioni di genere e quant’altro su cui spaccano i maroni a culture millenarie con la pretesa di cambiarle da un giorno all’altro

N. B.: se un termine ricade in più categorie, verranno riportate tutte, a meno che non siano davvero troppe, il che ci costringerà a indicare il termine in questione come (IC) e basta.


Glossario

N. B.: I termini sono qui riportati, al momento, senza un particolare ordine; li sbattiamo qui come ci vengono, insomma. Magari termini inerenti alla stessa situazione verranno accostati, ma niente di più.

L’eccezione che conferma la regola (CP): Non esiste, punto. Se c’è un’eccezione, vuol dire che la regola va riscritta. Non si può perennemente usare questa frase come giustificazione se qualcosa va – spesso intenzionalmente – contro le regole.

Beata ignoranza (CP): Frase fatta da cassare senza esitazione, anche qui usata per giustificare certi comportamenti con la scusa del “Non lo sapevo”.

Soluzione di continuità (CP): Qui mi sfugge proprio la logica nell’usare una locuzione incomprensibile al posto del perfin più breve – e molto più chiaro – “interruzione”. Stando a tutti i dizionari che ho consultato nella mia vita, “soluzione” ha due significati: a) compiere tutti i passi necessari al fine di risolvere un problema, un enigma o qualunque altra cosa risolvibile ci sia al mondo; b) sciogliere una sostanza in un liquido senza che ciò provochi una reazione chimica. Ma questa continuità, quindi, è un enigma da risolvere o lo zucchero da sciogliere nel caffè? Mah.

Stringersi nelle spalle (CP e sospetto ED): La usavamo pure noi, io e F, da più giovani, e le poche volte che il nostro prof pistino se la ritrovava in un tema non batteva ciglio. Ma alla fine la sua intrinseca mancanza di senso ci è piovuta addosso come un macigno da dieci tonnellate. Come si fa, fisicamente, a “stringersi” nelle spalle? Sono diventate due presse idrauliche che ti strizzano fino a farti morire con un sonoro rutto? Humpf. E perché sospetto il mondo editoriale di averla introdotta? Perché la trovo quasi solo nei libri, e vabbe’, da tempo immemorabile: come ho detto c’era perfino quando andavo a scuola.

Nitrogeno (TR): Per quanto tutti i suoi composti abbiano la radice “nitro” in qualche punto del nome, per quanto il suo simbolo chimico sia N, non si chiama “nitrogeno” in italiano! Eppure vigliacca terra se mai capitasse di assistere a una singola puntata di un qualunque poliziesco “tecnico” stile CSI doppiato in Italia a membro di yorkshire terrier impotente senza trovarsi di mezzo il “nitrogeno” o altre puttanate del genere! “Azoto” era troppo facile?

Quotare (TR) (WE): Marchiano errore di traduzione per assonanza, dall’inglese “quote”, che però in italiano sarebbe “citare”. “Quotare” in italiano ha tutt’altro significato; per esempio, nel disegno tecnico si quota un progetto mettendogli quelle classiche doppie frecce che indicano la dimensione del tratto a cui vengono applicate. Ma, usato a membro di maltese rognoso, sta spopolando sul web: tutti a “quotare” questo o quell’altro. No, cari miei: non sapete nemmeno la vostra madrelingua, quindi non andate a ingavonarvi con termini che non capite!

Realizzare (TR): In inglese ha due significati, e solo uno corrisponde in italiano. Si possono realizzare sogni, idee, progetti, qui da noi come nei paesi di lingua inglese; ma usato al posto di “rendersi conto” in italiano non ha nessun significato. Il problema è che non solo viene utilizzato con questo significato in traduzioni a membro di volpino spelacchiato, ma addirittura in testi scritti originariamente in italiano, trasformandolo in italiaCano.

Lapalissiano (TR): In realtà non è così facilmente classificabile come traduttorese; è più dovuto a un errore di interpretazione. Jacques de La Palice, ufficiale dell’esercito francese morto a Pavia nel 1525, ebbe come epitaffio una scritta che nell’ultima parte recitava, in francese dell’epoca, così: “Si il n’était pas mort, il ferait encore envie”, cioè “Se non fosse morto, farebbe ancora invidia”. A quanto pare, passando di bocca in bocca, quel ferait sarebbe diventato serait, cioè “sarebbe”; per logica conseguenza, per farlo quadrare con la frase, envie sarebbe stato spezzato in due, en vie, trasformando la frase di cui sopra in “Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita”. Cioè, abbiamo un aggettivo basato… su un grosso errore storico! Per questo mi è venuto in uggia, e non lo uso più.

Tutt* (GS) (SF): Sta prendendo piede in alcuni ambienti questa menata di usare quello che in informatica è definito “carattere jolly” per esprimere la totale idiosincrasia per una parola che comprende qualunque genere. Questo fa parte delle espressioni di quei Guerrieri della Giustizia Sociale che si offendono perché in una lingua millenaria non esiste il genere neutro e quindi non si può usare la parola generica “tutti” – e chiaramente strepitano tutto il loro mal riposto sdegno sulle socialfogne, quindi questa roba asteriscata si becca tutte e due le categorie. Ma il plurale “tutti” in italiano è da sempre neutro quand’è riferito a una totalità composta di generi diversi. E questo vale per tutte le altre parole di questo tipo.

# (SF): Sì, il cancelletto, diesis, o come cazzarola lo si vuole chiamare. Ormai impera sul web, ma è nato sulle socialfogne, o, per meglio dire, su una specifica socialfogna che lo usa per enfatizzare un termine di ricerca al proprio interno. Ma ormai dappertutto t’inziccano nomi, se non intere frasi tutte scritte in maiuscolo e senza spazi, preceduti da quel cancelletto: come se per la gente comune significasse qualcosa! Come se al muratore, alla casalinga, ai vecchietti e a quanti altri non sanno nemmeno cos’è il web quel cancelletto comunicasse qualcosa! E come se al di fuori di quella specifica socialfogna il cancelletto assumesse qualche significato!

Suggestione (PO) (GI): Sì, come la usano i PdS e i “giornalisti” che sbavano loro dietro – ecco perché il (GI) – come sinonimo di “suggerimento”. Ma non sono sinonimi, proprio per niente. Una suggestione è un’idea che viene imposta dall’esterno tramite ipnosi o altri metodi di coercizione mentale; be’, a quanto pare i PdS sono riusciti a suggestionare ben bene i “giornalisti” con questo termine.

Contezza (PO): Medievalismo risalente più o meno all’epoca del Petrarca, tornato in auge nei discorsoni senza capo né coda dei PdS tanto per far vedere quanto sono superiori ai poveri plebei. “Consapevolezza” forse era troppo facile.

Premier (PO) (IN): Termine appunto in inglesano, che tra l’altro sarebbe francese e andrebbe pronunciato approssimativamente “pr-mié”, non “prèmieRRRRRRRR” come fanno qui da noi. Oltre tutto è monco, perché manca della parte più importante: “ministre”, sempre in francese, con la E muta finale. Termine completamente cannato, perché in Italia non esiste un primo ministro da quand’è nata la Repubblica: esiste un presidente del consiglio dei ministri – le minuscole me le ha suggerite F – che non ha incarichi ministeriali, a meno di un interim.

Piuttosto che e ovvero (PO) (GI): Usati dai PdS e “giornalisti” slurpaculo entrambi come sinonimi di “oppure”. Ma la scuola e fior di testi letterari – ahi, che brutta malattia! – ci insegnano che con “oppure” c’entrano come la zuppa di cipolle con la Nutella. “Piuttosto che mangiare questa minestra salto dalla finestra”, per esempio: scelgo quello che per me è il male minore. E “ovvero” è puramente un sinonimo di “cioè”, ovvero/cioè un sistema per aggiungere una precisazione a quello che si è appena detto o scritto. A F era venuta una frasetta più fulminante per descrivere questa cazzata, ma non se la ricorda proprio più.

Bomba d’acqua (GI): L’ho preso come simbolo di tutte le vaccate apocalittico-sensazionalistiche di cui i “giornalisti” riempiono le testate – nei coglioni, come suggerisce Flannders – per cui lavorano quando parlano di clima, solo per aumentare vendite di giornali, ascolti di notiziari radio e televisivi, clic su testate online. Per me “bomba d’acqua” ha un ben preciso significato: è il classico palloncino che si riempie d’acqua per tirarsi gavettoni d’estate. Un’intensa precipitazione può essere definita “temporale”, “acquazzone”, “nubifragio”. E vabbe’: a volte si parla per iperboli quando si descrive un acquazzone, dicendo “piove a catinelle” o “a dirotto” o roba del genere. A questo punto potremmo usarne un’altra: “piove a gavettoni” o “a palloncini pieni d’acqua”…

Ermellini (GI): Ah, il giornalistume nostrano. Per quale stracazzo di motivo i giudici non possono semplicemente essere chiamati giudici? Perché devono essere costantemente definiti “Ermellini”, virgolette spesso incluse ma non sempre, o con altri giri di parole assurdi? Un giudice è un giudice, punto.

Se stesso (ED): Sì, parlo del “sé stesso”, in tutte le sue declinazioni, privato di quel benedetto accento. Sembra che all’editoria italiana quell’accento sia sempre stato sul gozzo: non si riesce a trovare un singolo libro stampato qui da noi dove quel povero pronome sia rimasto – ahem – sé stesso. E giustificano questa grave omissione, che il mio prof marcava con un bel segno rosso, dicendo che se è assieme all’aggettivo “stesso” si distingue dal contesto. Ma anche “io o mangiato” si distingue dal contesto. Provate a usare uno o l’altro di questi strafalcioni in un tema! Tuttavia, mentre nessun editore lascerebbe passare quelle voci del verbo avere senza la H, ammazzano brutalmente quell’accento. Mah.

Daccordo, menomale, mezzora, avvolte, apposto, […] (WE): Ah, il webetese, che, oltre a mangiarsi quasi tutta la punteggiatura con l’esclusione delle serie infinite di puntini, oltre a uccidere la distinzione tra maiuscole e minuscole e il modo opportuno di usare entrambe, oltre a seppellire senza speranza il povero signor Congiuntivo e la quasi totalità delle regole di ortografia e grammatica, uccide pure senza possibilità di resurrezione apostrofi e spazi, spesso sostituiti da un raddoppio della consonante iniziale della parola successiva. Tra l’altro: avvolte = participio passato del verbo avvolgere, declinato al femminile plurale; apposto = participio passato del verbo apporre. Ma dubito che il webete medio se ne renda conto. Questa voce da principio poteva essere (SF), ma ormai ha spopolato in giro per tutto il web.

Sigg.ri (BU): Di solito si usano le abbreviazioni per, appunto, abbreviare una parola. Ma qualche burocretino si è inventato questa, e a quanto pare ha spopolato tra i burocretini. Dunque: S-I-G-N-O-R-I, 7 caratteri, parola perfettamente comprensibile; S-I-G-G-punto-R-I, 7 diconsi 7 caratteri, e se non si è dell’ambiente non si capisce che stracazzo bollito voglia dire! Questo sistema di voler abbreviare sempre tutto in questo caso ha bellamente mostrato la corda.

A far data dal… (BU): “A partire dal…”, o ancor più semplicemente “Dal…”, era troppo facile, eh? Ma nessuno “fa” le date. Già, già: l’italiano è troppo facile per i burocretini.

E/O (BU): Il burocretinismo per eccellenza. Questo e quello + questo o quello? A scuola ci insegnavano che la congiunzione O, usata una sola volta (questo o quello) non è esclusiva; per renderla tale bisogna usarla due volte (o questo o quello). Quindi non solo l’e-barra-o è una tautologia, ma addirittura arriva a comprendere due volte lo stesso caso!

Entro e non oltre (BU): Ma “entro” non implica già di suo “non oltre”? Se ti dico che un determinato documento dev’essere presentato “entro il […]” non ti salta in mente che non lo devi presentare il giorno dopo la data indicata, ma al massimo quel giorno? C’era davvero bisogno di una ridondanza del genere?

Ricomprendere (BU) (PO): Non so se sono i PdS ad averla scopiazzata dai burocretini o viceversa, e manco lo voglio sapere. Fatto sta che ha preso piede in entrambi gli ambienti. Ma “comprendere” da solo non bastava? A cosa serve comprendere qualcosa due volte? Paura che la gente non capisca che qualcosa è “compreso” in qualcos’altro senza metterci questo inopportuno rafforzativo? Mah al cubo…

Attenzionare (BU) (PO): Altra vaccata condivisa in questi due ambienti. “Portare all’attenzione” o “avvertire”, a seconda del senso in cui lo stanno utilizzando, pare davvero troppo facile per PdS e burocretini vari.

Efficientamento ed efficientare (BU) (PO): “Miglioramento” e “rendere più efficiente”, anche qui, sono troppo facili per burocretini e PdS. Così, bisogna trovare il modo per “disefficientare” la lingua italiana per sembrare dei fighi; ma non fate nemmeno più ridere i polli, va’.

Li (BU): Qualcuno si ostina ancora a usare il famigerato “li” nelle date. È un vero e proprio medievalismo, risale ai tempi in cui si diceva “li iorni” – e andava usato quando erano proprio “li iorni”; grave errore usarlo il primo del mese! Adesso è un errore che il primo del mese risulta doppio, perché “li iorni” non si usa più da secoli. Ma attenzione, udite udite: c’è perfino chi aggiunge un accento, scrivendo “lì”: doppio se non triplo errore!

Comminare (BU) (GI): Burocretinismo ripreso papale papale dagli organi di stUmpa. No, di per sé il termine non sarebbe sbagliato: è completamente cannato il modo in cui viene usato, però. “Comminare” è un latinismo; in italiano moderno vorrebbe dire “minacciare”. Ma si sente costantemente dire in giro, e si legge con pervicace frequenza, che a Tizio è stata “comminata” una sanzione pecuniaria, che a Caio è stata “comminata” una pena detentiva di tot anni, bla bla bla. Ma è la legge che commina le sanzioni e le pene; quando qualcuno le subisce non è più una minaccia, ma una vera e propria messa in pratica! A Tizio e a Caio può essere stata inflitta la relativa sanzione o pena.

Performance (IN): Uno dei termini più abusati qui da noi. Pronunciato a membro di bastardone rognoso (si pronuncia perfòrmans e non pèrformans), usato tanto per fare i fighi. Sì, almeno il significato l’hanno imbroccato; ma ormai solo più i pezzenti parlano di “prestazione”…

Schedulare (IN): Non esiste. Punto. Se si tratta di mettersi in agenda eventi o appuntamenti, li si programma; se invece si stanno mettendo delle voci in elenco le si elenca, appunto. L’italianizzazione a membro di barboncino nano con l’alopecia di un termine straniero era davvero qualcosa di cui si sentiva tanto il bisogno! Soprattutto quando i termini in italiano ci sono e sono decisamente più espressivi, tra l’altro.

Dissing (IN) (GI): Alzi la mano chi sa cosa straminchia è un “dissing”. To’, zero mani alzate? Hah! Eppure sta prendendo piede nell’ambiente dei “giornalisti” quando parlano di personaggi pubblici che usano i media per insultarsi in pubblico. Ma parlare di “insulto pubblico” è troppo facile per i “giornalisti”, eh? Sì, il termine, per quanto intrinsecamente corretto, rischia di diventare parte di quell’inglesano che sta demolendo la nostra millenaria cultura a colpi di maglio da venti chili – ce n’è davvero bisogno, visto che è perfettamente traducibile?

Asap (IN): Sì, tra l’altro lo usiamo pure come se fosse una parola e non una sigla, con tutte le lettere in maiuscolo. Spopola nelle chat, nelle email, un po’ dappertutto – ma mi sento continuamente chiedere “Senti, qui continuano a citare questo asap; ma che minchia vuol dire?”. E anch’io ci resto lì di sasso, tutte le sacrosante volte. Che stracazzo vuol dire “asap”? Vorrei veder sparire questo orrendo termine in inglesano il più presto possibile.

Sostenibile (IB): Il termine in intortaboccalonese del millennio. Ora tante, troppe ditte si vantano dei loro prodotti “sostenibili”. Agricoltura “sostenibile”. Deforestazione “sostenibile”. Pesca “sostenibile”. Carta ottenuta da piantagioni “sostenibili”. Questo, quello o quell’altro “sostenibile”. Ma sostenibile per chi, e in quale modo? Nessuno l’ha ancora capito. A parte il fatto, comprensibilissimo, che si tratti di un’astuta mossa di marchetting, storpiatura ovviamente voluta, nonché di inculing, termine ibrido pure voluto, nei confronti di tutti noi, anche quelli come me che non ci cascano, perché comunque ce la dobbiamo subire. Quando ci renderemo conto dell’insostenibilità di questo termine, ormai avremo il culo che brucia già da mo’…

Biologico (IB): Altro termine per fregare i polli. Si fa tanto bordello sull’agricoltura cosiddetta biologica, i cui prodotti vengono fatti pagare tipo tre volte quelli non-biologici proprio perché hanno questa bella parolina appiccicata. Poi qualcuno mi spieghi cos’ha tanto di diverso quest’agricoltura che si vanta di essere biologica da quella che non fa tanto la gradassa: usano le stesse sementi, gli stessi concimi, gli stessi pesticidi che lo vogliano o no, le stesse tecniche di coltivazione. Ah, sì: quella biologica produce tanti bruciori di culo: eccola, la differenza!