mercoledì 29 settembre 2021

Distruzione di una lingua millenaria

Come fu che Dante, Boccaccio e Petrarca si misero a girare all’impazzata nelle loro tombe provocando terremoti di magnitudo 6 o più in centro Italia.
Stiamo ben ben massacrando la nostra lingua millenaria, più che altro in nome di mode assurde e di sindrome da guerrieri della giustizia sociale; ormai solo più a scuola pretendono che si scriva con un certo criterio, e fuori da lì tanti saluti. Insomma:

  • Tutti i termini in inglesano1 che ultimamente stanno spopolando, spess sempre traducibili in italiano se sono parole che hanno un senso, e se non lo hanno possono tranquillamente essere evitate. Anche il bombardamento mediatico, tra pubblicità allucinate e “giornalismo” da strapazzo, ci sta sommergendo di quei termini. Ma possibile? Ma davvero siamo così italofobi, ultimamente? Ma davvero si ritengono preferibili stronzate in una lingua che forse lo 0,01% della popolazione capisce, e tanti di questi a modo loro, anziché termini in italiano corretto?
  • Termini femminilizzati a forza bruta, orrendi da sentire, che storicamente di genere femminile non sono mai stati e che non sono femminilizzabili: “la sindaca”, “la ministra”, “l’assessora” e altri obbrobri del genere. Bene, passi per “la presidente”, termine invariabile, “la senatrice”, “la deputata”, termini che possono essere trasposti al femminile; ma basta così! Poi, coerenza di questa gente: “dottoressa” è ritenuto offensivo, e bisogna dire “il dottore”. Orco boia!
  • Contemporaneamente, sembra che la particella pronominale “le” per riferirsi a una persona di sesso femminile stia totalmente cadendo in disuso. “Ho chiamato mia sorella per dirgli […]”, “Mia mamma mi ha detto che gli hanno rubato […]”. Gli? A tua sorella / tua mamma? Ma stiamo scherzando? Questo per il mio prof pistino delle superiori era un erroraccio da penna rossa, e la recidiva voleva dire un bel 4 nel tema! Adesso, anche gente che dovrebbe – condizionale d’obbligo – conoscere la lingua italiana, perché magari la usa per lavoro, utilizza gli a prescindere.
  • C’è anche questa battaglia senza senso contro il plurale generico che finisce con la desinenza maschile -i. Così si vede l’obbrobrioso asterisco a fine parola che impazza sul web, e di cui ho parlato nella mia paginetta su italiaCano & C., che non solo sembra un colpo di pistola sparato lì nella pagina, se usato a cazzo di cane come in questa maniera, ma non si sa neppure come pronunciare, a meno di non piantare uno scarracchione ogni volta che ci si prova. Ma, ancora peggio, sta prendendo piede la mania di un carattere chiamato “schwa”, che mi immagino sia una contrazione di “schifezza immonda”; devo ancora vedere uno schwa maiuscolo, ma quello minuscolo sembra una e cappottata, e a colpo d’occhio è faticosissimo da distinguere da una a minuscola: mica sempre riesci a capire, anche a seconda della famiglia di caratteri utilizzata, se c’è la gambettina oppure no. E la pronuncia? È fuori dalla portata di buona parte della popolazione italiana, che non sa nemmeno pronunciare la ö e la ü dei tedeschi o i praticamente identici suoni in francese, rappresentati in questo caso, rispettivamente, dalle lettere eu e dalla lettera u senza altre vocali insieme. A questo punto, meglio tenersi una lingua imperfetta così com’è anziché cercare rimedi che sono peggio del male!

Cioè: la lingua italiana che s’impara a scuola esiste ancora fuori dalla didattica? O pian piano sta venendo abolita? Mah. A questo punto tanto vale lasciar perdere l’italiano e metterci a parlare in klingon stretto.


  1. vedere la mia paginetta su italiaCano & C. per la definizione ↩︎

lunedì 27 settembre 2021

Sulle socialfogne

Magistrale analisi di Cory Doctorow, riportata in questo post del Disinformatico, sulla Madre di Tutte le Socialfogne.
Poi tanti che mi conoscono si stupiscono che io risponda seccamente di no quando mi invitano a farmi un profilo su una socialfogna. Ma dai, aumenti la visibilità, entri in contatto con un mucchio di gente, bli, blo e bla.
Non ho mai cercato visibilità in vita mia, e quanto alle persone con cui si entra in contatto è molto probabile che siano webeti all’ennesima potenza, con enne ormai appena sotto a infinito.
No, niente socialfogne per me; l’articolo citato sopra per mè non è che la più recente delle innumerevoli conferme ricevute negli anni a quanto già sapevo. Anzi, comincio a fare mia una crociata già portata avanti da altri – e con la stessa altissima probabilità di trovarmi a urlare nelle orecchie dei sordi: sono un fervente sostenitore di qualche legge europea che ogni stato dovrà poi attuare, riguardante la chiusura immediata delle socialfogne, o quanto meno il divieto di utilizzarle nei confini stabiliti dalla legge di attuazione del proprio stato. Drastico? Forse. Ma è evidente che di danni le socialfogne ormai ne hanno combinati troppi perché si possa pensare soltanto a porre loro qualche vincolo che finirebbero per ignorare bellamente.
Già, qualcuno mi ha fatto notare che se s’imponesse un divieto di usare le socialfogne entro i confini degli stati europei sarebbe tutto un proliferare di VPN puntate su stati asiatici o roba del genere. Ma io mi chiedo quanto un’operazione del genere sia alla portata del webete medio.

mercoledì 22 settembre 2021

Lavoro? No: schiavismo

Poi ci si lamenta che ah, ’sti giovani d’oggi non vogliono lavorare, che la gente è fannullona, che fanno tutti la fila per il reddito di coglionanza in modo da ricevere soldi a fare un cazzo, bla bla bla.
Sfoglio giornali e siti di annunci alla sezione “Lavoro” e mi trovo delle porcomaialate inverosimili.
Barista a ore serali 6 sere su 7 (la settima è il turno di riposo del bar, e non è di domenica), a 2 euro all’ora.
Banconista presso un magazzino con orario di lavoro 8 ore al giorno per 6 giorni più mezza giornata alla domenica a 400 euro al mese.
Oh, già, poi cercano i rider, quelli per i vari glovomito o delimerdoo o roba del genere: pagati una minchietta ogni consegna, perennemente sulla strada a rischiare di farsi tirar sotto, senza diritto all’assistenza sanitaria, alla pensione e quant’altro.
Commessa presso attività in centro commerciale, a turni sei giorni su sette dieci ore al giorno, per 500 euro al mese.
E potrei continuare fino alla morte dell’Universo a citare gli annunci dei nuovi schiavisti! E per forza che poi non trovano un cane morto che voglia andare a lavorare per loro!
Dunque, adesso arriviamo alle richieste utopiche, sia mai che non nasca un governo degno di questo nome che non le consideri utopiche:

  1. Ripristino del tetto massimo di 40 ore settimanali di lavoro, che sembra essere stato abolito negli ultimi tempi;
  2. Istituzione di un tetto minimo di stipendio come hanno in altri stati europei; e pensate che la Francia, uno degli stati col tetto più basso, prevede circa 1600 euro di stipendio minimo mensile! E, repetita juvant, sono tra i più bassi!
  3. Fundis in dulcio (ahem, mi avete cappisciuto, vero?) abolizione di quel reddito di minchionanza; ma prima devono essere applicati i punti 1 e 2.

(Tsè, ma quando mai. Faccio prima a mangiarmi la Luna…)

martedì 21 settembre 2021

Paccate di utOntaggini

Altre storielle di Ben11.

Questa utOntaggine risale ai primi tempi in cui lavoravo per questa ditta; ero un giovane di belle speranze (tsè!), la ditta non era ancora sotto le sgrinfie di Capo, che all’epoca era solo ViceCapo, e aveva un’impostazione un po’ diversa; io ero il giovincello della situazione, l’informatica era quella che era (ci avevamo un mainframe enorme ma con la potenza, rispetto agli hardware attuali, di un sorcio bollito, e tanti bei terminali; e già allora cominciava a essere era obsoleto) e a dirigere (parola grossa!) la ditta era un borioso figlio di mignotta con la puzza sotto il naso che chiamerò Mega Direttore Galattico – e con quel tipo un po’ Fantozzi lo eravamo tutti… Comunque, l’utOntaggine in questione non è nemmeno informatica, e fu poi quella che determinò il successivo corso (e il successo) della ditta; già, perché sotto MDG si rischiava di cappottare, e di brutto. In parte fu anche colpa mia, ma poi alla fine della fiera non tutti i mali vengono per scuocer nuocere.
Ordunque. Non so sulla base di quale logica, ma a un certo punto appioppano al mio caporeparto – quello di cui io finii per prendere il posto, più avanti: uno che di informatica ne sapeva come io di ermeneutica dei testi religiosi bizantini… – un faldone da portare giù, nella sezione del magazzino destinata ad archivio. Lui me lo scaglia sulla scrivania, mentre ero lì che stavo bestemmiando con un simpatico programma in COBOL scritto da una vacca ubriaca sotto la pioggia che alla fine ho poi dovuto riscrivere da capo senza salvarne nemmeno una virgola.
CapettoNonInformatico: Porta giù ’sto coso in archivio.
Io: (tentando una simbolica protesta) Ma, veramente ci avrei da sistemare ’sta merda di programma entro stasera, sai com’è.
CNI: Muoviti!
E io, il pivello della situazione, ingoio il rospo, prendo quel merdosissimo faldone e scendo in magazzino, con l’idea di appiopparlo a MagazzinierePirla (il predecessore di MagazziniereFactotum, ormai vicino alla pensione) e tornarmene su. Tsè: MP come al solito è disperso chissà dove, e sulla sua scrivania sono posate montagne di roba che dovrebbe mettere via. Bene, vai fino a quelle file di scaffali giù in fondo adibite a deposito di scartoffie destinate a metter la muffa, leggi (a cazzo di cane, com’è risultato in seguito) la sigla riportata sul faldone, piazzalo in quella che ritieni sia la posizione corretta, bestemmiando perché devi incunearlo tra altri due faldoni a forza bruta, e tornatene su a tirar cristoni su quella COBOLcagata. Faldone dimenticato dopo più o meno tre secondi e mezzo; basta, fine della storia, e CNI non mi ha più skassato i maronix per il resto della giornata.
Evoluzione della situazione, qualche settimana dopo. Marca malissimo per MDG, che piglia il personale a pesci in faccia molto più del solito e ci manca poco che scateni una rivoluzione aziendale. Di straforo, ascoltando un mucchio di voci di corridoio, vengo a dedurre che MDG si è cacciato in Guai Legali con le maiuscole; rischia di rimetterci la cadrega. Per caso mi ritrovo vicino al suo ufficio e lo sento a un certo punto dare in un grido di esultanza, trionfo, perfino, mentre ne sta parlando con la sua segretaria. Sembra che ci abbia l’asso nella manica per riuscire a ricattare qualcun altro e salvarsi in extremis… humpf.
MDG: Vai a prendermi giù in archivio il faldone siglato [sigla del faldone], così li inculiamo ben bene.
La segretaria esce. È una tipa decorativa, ci mancherebbe, alta, con due gambe lunghissime, due tette da favola, un viso da fotomodella sempre ben truccato; ma i suoi pregi finiscono lì. Unisce un’utOntaggine da paura con una puzza sotto il naso da far sembrare le VIP più altezzose delle dolci e timide fanciulle. Non mi degna di mezza occhiata: per lei “quel pazzo del compiùter” (sì, lo scrive proprio così, quando deve scriverlo) è solo un elemento del paesaggio. Comunque va in magazzino. E ci resta per un tempo spropositato. Io stavo finendo di bestemmiare con un terminale scassato in un ufficio di fianco, quando infine S torna su, l’aria sconsolata, e va da MDG.
S: Non lo trovo mica quel faldone laggiù.
MDG: (in tono incasperato, cioè insieme incazzato e disperato) Ma come! Ma vai a vedere di nuovo! Quel faldone deve saltar fuori! (Sottinteso: oppure tu salti fuori dalla porta, perché è tutta colpa tua…)
S torna in magazzino, risale a mani vuote, quasi piangente.
S: Non c’è proprio! Non è che lei l’ha ripreso e ce l’ha qui da qualche parte?
MDG: Come osi insinuare che sia io a far casino qui! Muoviti! Quel faldone deve saltar fuori! (Il disco s’è incantato…)
S, in lacrime, riparte. Gira tutta la ditta; passa pure da noi e si becca una rispostaccia da CNI; ma niente, quel faldone non ne vuole sapere di farsi vedere.
Risultato: S viene rimansionata e spedita a occuparsi di pratichette del quaraquaz in un ufficetto (no, a quei tempi non avevano ancora ucciso a pugnalate il famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori, e S non poteva venir licenziata solo perché un faldone di cui lei tra l’altro non sapeva niente era sparito.) e per vari giorni, sempre incasperato, ma ormai più sul lato della disperazione, MDG imperversa in ditta rendendo la vita impossibile a tutti, tanto che tutti quanti in poco tempo abbiamo già pronte le nostre lettere di dimissioni. E niente, quel faldone non risponde all’appello. Certo doveva contenere documenti in grado di permettere a MDG, usando l’arma del ricatto, di far abbassare il tenore delle accuse nei suoi confronti: immagino io, ma non ho mai visto il contenuto di quel coso.
E un bel giorno arrivano i piedipiatti, entrano nell’ufficio di MDG e pochi istanti dopo se lo trascinano dietro ben ammanettato e con un muso lungo fino al pavimento.
Roba da stappare subito una bottiglia di prosecco di Valdobbiadene millesimato DOC!
E più o meno l’abbiam fatto: quando ViceCapo è divenuto Capo, l’abbiamo ben ben festeggiato; è un amministratore con le palle e soprattutto è molto più alla mano di quell’altro.
Comunque, epilogo della faccenda: è qui che le mie palle hanno cominciato la loro lunga carriera di rimbalzatrici sul pavimento. ExSegretaria si ritrova a parlare di quel vomito acido di faldone con CNI, e a lui balza di colpo in mente che forse era quello che aveva appioppato al pivello di turno da portare in magazzino. Così poi le gnagne di ExS me le subisco io, al punto che accetto di seguirla in magazzino e fino alla sezione Deposito Pratiche Perdute… E a me torna in mente dove avevo ficcato quel faldone, la cui sigla non mi è rimasta impressa, ma mi soffermo a guardare ExS che punta un buco vuoto sul ripiano sottostante (dettaglio molto importante, questo), poi si allontana, va a vedere sulla scrivania di MP, torna, guarda sul pavimento, gira e rigira come un’anima in pena.
ExS: Ma dove cazzo l’hai ficcato, allora?
Io: (comincia a girarmi il bastardometro) Qui in archivio. Ma non sono certo responsabile se qualcun altro dopo è venuto a prenderlo: non passo le giornate in magazzino a tener d’occhio uno stupido faldone. (E il faldone in questione è lì che ci guarda da dove l’avevo inziccato io, e da dove non s’è mai mosso: s’è addirittura accumulata polvere che indica chiaramente che nessuno ci ha messo le mani.)
ExS: Qui avete causato un mucchio di casini per niente! Per colpa vostra MDG è stato silurato e qui le cose vanno di male in peggio! (Il nuovo Capo non la vede molto di buon occhio, eh.) Tarapia tapioco e se fosse Antani anche per due…
Io: E perché, volevi così tanto bene a MDG?
ExS: Era uno stronzo, ma però (sic! E poi sono io quello che si esprime in italiaCano…) io ci sono finita di mezzo e la supercazzora brematurata con scappellamento a destra…
Io: (e il mio bastardometro gira sempre più veloce) Ma non è questo faldone qui? (Lo indico.)
ExS lo guarda, poi il suo viso si fa tutti i colori dell’arcobaleno, per finire sul rosso.
ExS: Ecco, vedi, me l’avete messo nel posto sbagliato, e io non l’ho più trovato, e la ciumfarimfa spippolizzata della gazuppa bopperonia…
La guardo per un bel momento con un ghigno beffardo.
Io: E vabbe’, magari la sigla è stata letta male e il faldone è stato messo nel posto sbagliato, ma non ti è mai saltato in testa di alzare lo sguardo di sessanta miseri centimetri? Cioè, questo faldone da qui non s’è mai mosso; non ci voleva tanto. (Tunc, tunc, tunc: ecco le palle all’inizio della lunga serie di rimbalzi sul pavimento…)
ExS: Eh, ma… (Rimane lì impappinata, stavolta viola in faccia.)
Io: Cioè, casini mostruosi – benvenuti, dal mio punto di vista, ma io sono un grosso signor Nessuno – per un errore di sessanta fottutissimi centimetri? Manco da muovere la testa: bastava alzare gli occhi. Ah, be’, lì non c’era un poster di FamosoDivoD’antan nudo, quindi tutto questo ripiano staccato dall’altro di sessanta cornutissimi centimetri è del tutto invisibile per te. (Ci ha poster di FDD dappertutto nel suo ufficetto…)
ExS è più paonazza di una melanzana, ormai. Se ne va a sguardo basso, e io me ne torno ai miei doveri con l’informatica del periodo.
Finisce poi che Capo mette le sgrinfie su quel faldone e, pratica per pratica, senza nemmeno guardarle, le ficca in uno dei primitivi tritadocumenti che avevamo a disposizione. Occhio non vede cuore non duole, eh? ExS di lì a poco ha rassegnato le dimissioni e di lei non abbiamo mai più sentito parlare.


Chissà come, chissà perché hanno convinto Capo a prendere uno stagista, roba che qui da noi non s’era mai vista prima. Devono aver proprio piatito Capo di brutto per riuscirci. E soprattutto non devono avergli fatto vedere in anteprima di che elemento si trattasse, se no col cazzo in carpione che Capo l’avrebbe accettato. Si presenta ’sto tipo a tamarraggine totale, coi pantaloni alla scagazza1, felpa color verde putrido col cappuccio rigorosamente sollevato sulla testa, snicker di colori che sono un pugno in un occhio, occhiali da sole che non si è tolto nemmeno all’interno finché il suo tutor non l’ha ripreso un po’ bruscamente. La pretesa del tutor: ’sto rimbalubito dovrebbe farsi tre mesi di stage passando un po’ di tempo qui, un po’ di tempo là, imparando tutti i mestieri all’interno della nostra ditta (ma questi qui se le sognano di notte, ’ste utopie irrealizzabili?) per poi stilare la doverosa relazione di fine stage (coooosa? Ma se manco sa scrivere, ’sto troglodita!). Di fronte a ’sto cumulo di stronzate ho letteralmente riso in faccia al tutor, lasciandolo lì di sasso. Ma vabbe’, ecco l’ennesima palla al piede per la ditta…
StagistaCretidiota viene per prima cosa spedito al reparto amministrativo, e viene nominata UA4 per fargli vedere le cose. Solo che di lì a dieci minuti vediamo UA4 in lacrime andare da Capo a implorarlo di toglierle “quel bastardo intollerante” di dosso (sì, ero nelle vicinanze e ho sentito queste esatte parole). Capo – già abbondantemente deluso da quel poco che aveva visto di SC – va a indagare in amministrazione. Viene fuori che CapaAmministrativaDeficiente, la caporeparto del settore amministrativo (che non c’è quasi mai, perché ci ha sempre questo o quell’altro impegno inderogabile, ma quando c’è combina qualche disastro) aveva inizialmente assegnato SC a UA2, ma quello ovviamente ha piantato pista perché lui ci ha da lavorare e non ci ha tempo per seguire uno che ci ha ancora il moccio al naso. UA1 sulla stessa falsariga ha rifiutato; UA5 manco da considerare per queste cose, così la patata bollente è passata a UA4. Guarda caso quando Capo ha detto a CAD di pigliarsi lei in carico SC lei ha subito messo le mani avanti, affermando di dover uscire di lì a poco per umpa zumpa babadrumba.
Capo, non sapendo che farsene di SC, a quel punto lo dirotta a noi (e non è un’occhiata maligna quella che ci rivolge con un mezzo occhiolino perfido?). Bislakk per il momento lascia la patata bollente a me, visto che sono io il caporeparto informatico (cioè, sono capo solo di B, eh). Mi piazzo davanti a SC, che ha i suoi begli auricolari Denteblù ficcati nelle orecchie, e per prima cosa gli tolgo il buzingo di mano e glielo spengo. Mi guarda spaesato.
SC: Ma… ma come… (Vorrebbe fare l’arrogante, ma il mio aspetto, e soprattutto il mezzo ringhio a cui ho atteggiato la bocca, non sono poi troppo rassicuranti.)
Io: Ahò, non sei qui a scaccolare i gatti. Qui il coglionofono rimane spento, prima di tutto, e poi si lavora. Sai come s’installa Finestre10 su un computer? (Tsè: la lunga sequenza di avanti-avanti-avanti-…-fine forse è troppo complicata per lui.)
SC: Eh, ma certo che lo so, lo sa anche mio fratello di undici anni. (Tsè, tua nonna in triciclo.)
Io: Eccellente. Guarda, lì c’e un portatile a cui ho brasato il disco, ma ancora non ho avuto tempo di installarci Finestre. Su questa chiavetta c’è Finestre. È tutto tuo.
Borbottando come una pentola di fagioli, SC prende di malagrazia la chiavetta e si avvicina al portatile in questione: un ciofecotto da 400 euro, rimediato per vie traverse, a nostra disposizione per esperimenti di vario genere; ed è vero che gli ho formattato il disco. SC rimane lì imbambolato per un bel momento, poi, quanto meno, si decide ad aprirgli il coperchio; poi rimane ancora lì a fissare il monitor spento.
SC: Ma non funziona.
Io: Ma hai provato, che so, ad accenderlo?
SC: (con lo sguardo di una mucca di fronte a un alieno) Accenderlo?
Io: Sì, sai com’è, le apparecchiature che funzionano a elettricità vanno accese, qualche volta.
Il concetto gli è del tutto estraneo; intuisco che non spenga mai il suo buzingo – e quando gli toccherà di riaccenderselo chissà cosa combinerà. Si mette a smanazzare sul portatile, e (per puro culo, mi sa) riesce a schiacciare il tasto di accensione. Il carciofone prende vita, e ovviamente gli dà un bel messaggio Missing operating system. Rimane lì imbesuito, tornando a guardarmi come un pesce rosso di fronte al gatto che sta per papparselo.
Io: Ma non le sapeva fare tuo fratello undicenne, ’ste cose? Magari devi farlo partire con la chiavetta infilata, così ti parte l’installazione di Finestre, non trovi?
Col neurone solitario che frulla, SC riesce dopo un lungo esame a togliere il coperchietto alla chiavetta, a scoprire un connettore USB sul portatile, e a tentare di inserire la chiavetta, chiaramente alla rovescia, forzando come un matto. Dai che prima o poi sentiamo crac. La chiavetta gli cade, lui la riprende, stavolta per puro culo girata nel modo giusto, e riesce a infilarla. Dopo un altro luuuuuuungo intervallo, gli entra nel neurone che deve spegnere e riaccendere la macchina, e per qualche miracolo si ricorda cos’aveva toccato quand’è partito, così riesce a far ripartire il tutto, e il sistema rileva la chiavetta e parte con quella bella schermata blu notte di Finestre10 dove ti chiede di procedere per installarlo. SC si arrovella per un bel momento, poi mi guarda.
SC: Ma qui come si fa ad andare avanti?
Non mi cascano le palle solo perché già me l’aspettavo fin dal principio.
Io: Magari fare un clic su “Installa”, forse?
Lui mi guarda come una rana abbagliata dalla torcia del pescatore di rane. Si riscuote, e comincia a stoccazzare sullo schermo, ovviamente senza risultato.
Io: Quel coso è una ciofechetta economica, e non ha lo schermo a tocco; devi usare il touchpad lì davanti alla tastiera.
Stesso sguardo di prima; ma stavolta il neurone gli è definitivamente andato in loop infinito.
Io: Lasciamo perdere, va’. L’informatica non fa per te; vai da Capo.
Si allontana mugugnando, e bestemmiando perché (Q. E. D.) non sa come minchia fritta si riaccende il buzingo.
Bislakk mi guarda con un mezzo ghigno.
B: Chissà se è in grado di tirarsi seghe da solo.
Io: Tanto non troverà nessuno che pensi alla sua seconda testa.
Giù a sghignazzare.
Risultato: SC dapprima viene spedito in magazzino, dove MagazziniereFactotum più o meno lo sopporta per 5 minuti di orologio, poi viene mandato in produzione (noi Quelli Della Produzione sappiamo soltanto che esistono; il loro sistema è totalmente autonomo e viene gestito dai tecnici del nostro fornitore di apparecchiature) e lì lo tollerano per ben 7 minuti, sì, di orologio. Contabile e Contabilessa dichiarano chiaro e tondo che non sanno cosa farsene di uno così, ancora prima che entri nel loro ufficio. Stessa roba anche nell’ufficio dove sono radunati vari utenti-non-utOnti dalle mansioni più disparate (commerciali, più che altro), i nostri soliti compagni di pausa caffè: non vogliono un elemento del genere in mezzo ai piedi. Più o meno a metà mattinata, Capo fa una telefonata, e poco dopo il tutor di SC piomba lì con tutta la tracotanza di ’sto mondo, asserendo che il ragazzo è in gamba, che noi dovremmo valorizzarlo di più, e tutta ’sta valangata di cazzate che quei personaggi s’inventano sempre. Capo lo guarda con la brina sulle ciglia, poi interviene.
Capo: Non abbiamo certo bisogno di uno che si permette di offendere a morte una delle nostre impiegate, che non sa fare una O con un bicchiere in nessun campo e che se ne sta lì ad ascoltare “musica” tunz-tunz tutto il tempo senza fare nient’altro. Questa è una ditta seria, non un centro di ricupero per ragazzi fannulloni. Quindi ritiro in questo preciso momento la nostra disponibilità ad accogliere stagisti, da qui alla fine dell’Universo.
Capo è uno che non le manda certo a dire. Il tutor non può fare altro che ramazzare SC e andarsene a orecchie basse e con la coda tra le gambe. Io sono lì che ciondolo per assistere agli sviluppi della situazione.
Io: Chissà se quel tutor si è reso conto che sta tentando di difendere l’indifendibile.
Capo: (con aria analitica) La sua perdita di enfasi alla fine della sceneggiata sembra indicare che non è tutto scemo. Ora sì che mi ci vuole un bel caffè.
E senza più pensare a SC ce ne andiamo alla macchinetta.


  1. Mi riferisco a quegli orrendi pantaloni con la vita all’altezza del cavallo e il cavallo all’altezza delle caviglie, che costringono chi li indossa a camminare stringendo il culo come se cercasse di trattenere un palo liscio con lo sfintere anale. Ed ero convinto che fossero passati di moda ormai da anni! ↩︎

lunedì 20 settembre 2021

E vai di spam

Normalmente i commenti spammosi che ricevo vanno a finire direttamente nell’antispam, e buonanotte al secchio. Anche questi due ci sono finiti, ma ne parlo perché questo tipo, chiunque sia, mi ha quasi fatto pena. Quasi, eh: non abbastanza da farsi pubblicare questi commenti, se non come citazione in questo post, né da andare a vedere il suo blog.
Primo commento: Beautiful blog.
Cioè, non parli la mia lingua, non hai capito una cippa di quel che c’è scritto – o meglio, visto che non è nella tua lingua non ti sei nemmeno preso la briga di leggerlo – e vieni a dirmi che il mio blog è beautiful.
Mah.
Secondo commento, arrivato esattamente un istante dopo: please read my post.
Ed ecco dove va a mungere in cerca di visibilità. Poverino. Per quello che dico che mi ha quasi fatto pena. Ribadisco: non abbastanza da concedergliela, questa visibilità.
Caro mio, la tetta della visibilità è disseccata, con me. E poi vai a mungere da gente che non parla la tua lingua, e dei cui blog non capisci una beata minchia? Sei proprio un bell’esempio di pollo!

giovedì 16 settembre 2021

UtOntaggini a nastro

Altre storielle di Ben11.

Notiziola che ci rallegra: sono bastati pochi giorni e il mio amico, di cui parlavo qui, è stato preso in via definitiva. Solido lavoratore, impara in fretta, sa usare un computer: lo merita. Però anche lui ha qualche utOntaggine saltuaria al suo attivo, e magari me le passerà per pubblicarle sul blog di E. B. (e poi, dovrò pensare alle mie utOntaggini saltuarie… ahò, non è che il tè, ahem, la scienza infusa venga sempre nel migliore dei modi!). Comunque, per il momento le utOntaggini sono quelle tutto meno che saltuarie dei soliti utOnti che abbiamo qui.
Le utOntaggini di cui al link che ho messo in cima al testo, tutte accumulatesi insieme lo stesso giorno (è un GOMBLODDO degli utOnti che si sono messi d’accordo per farci la minchia a crocchette per gatti 🤣), hanno spinto me e Bislakk ad appiccicare in posti ben visibili varie copie di questo cartello: “ATTENZIONE! L’ufficio informatica NON È IN GRADO di hackerare i vostri cervelli e leggervi nel pensiero, quindi, quando vi rivolgete a noi, SIATE CHIARI.” Le battutacce che non ci siamo sparati tra noi, Capo, Contabile e Contabilessa, MagazziniereFactotum, adesso pure AmicoMio, e altri non sofferenti di utOntaggine cronica alla macchinetta del caffè (no, gli amministrativi non prendono praticamente mai il caffè assieme a noi, salvo, qualche volta, UA4 quando sta cercando una via di fuga da quel bell’ambientino dove è infognata) sulla capacità dell’utOnto medio, notoriamente analfabeta funzionale, di leggere un semplice cartello!
Per la serie Quod Erat Demonstrandum, ci becchiamo di nuovo UA1, e questo dopo aver piazzato quei cartelli.
UA1: Il computer, allora.
Senza parlare, le indico uno di quei cartelli. Lo legge con un cipiglio che ancora un po’ le sopracciglia le arrivano sotto il mento, poi, a noi:
UA1: E quindi? Cosa significa?
Io: (con un mezzo ghigno) Significa che se non sei in grado di mettere insieme una semplice frase in italiano dove spieghi con assoluta precisione cosa ti rode il culo, noi non possiamo intervenire. “Il computer, allora” non è una frase.
UA1: Eh, ma cosa ne so io? Siete voi che dovete sapere cos’ha che non va il mio computer.
Io: No, fintanto che non ti deciderai una buona volta a dirci in termini chiari e precisi qual è il problema. Ribadisco il concetto: non siamo in grado di leggere nel pensiero; quindi, questo va espresso in parole.
UA1: (alquanto frustrata) Eh, ma ci ho il video tutto nero.
Interviene Bislakk:
B: Struca el botòn.
UA1: Eh?
B: Quello che ti ho fatto vedere l’altra volta.
UA1: Eh, ma io ho acceso il computer, sono partite tutte le lucine, ma ci ho sempre il video tutto nero.
B: Struca el botòn del monitor. Non solo quello del computer.
UA1: Ma io ho acceso il computer.
B: Hai schiacciato solo il bottoncino sotto; devi schiacciare pure quello sopra.
UA1: Ah.
Esce con la confusione stampata in volto. Io e B ci scambiamo un ghigno.
Io: Scommetto un caffè che tra un attimo dobbiamo andare da lei a farle di nuovo vedere come si “struca el botòn”.
B: Dai, che forse stavolta l’ha capita. Se lo spegne tutti i pomeriggi a fine turno; vuoi che non sappia come accenderlo?
Io: Mi sa che ha passato l’esame di Spegnologia, ma non ancora quello di Accendologia.
Risultato (sorprendente): UA1 non è tornata e io ho dovuto pagare il caffè a B.
Sempre per via del GOMBLODDO degli utOnti, di lì a poco ci capita in ufficio quell’emerita testa di cazzo bollito e affettato di UA2 (che posso vedere sempre meno ogni giorno che passa, ma questo è un altro disco con un orso – dai, non te la prendere, E. B.) (N.d.E.B.: Hrumpf!)
UA2: Eh, la stampante. (Aridajje!)
Io: (indicando uno dei cartelli) Leggi il merdoso cartello, grazie.
UA2: (lo legge, poi s’inalbera) Ma allora! Più chiaro di così! ’Sta cazzo di stampante, insomma!
Io: (la mia pazienza è finita nel preciso momento in cui l’ho visto entrare) Se non ce la fai, cazzi tuoi. Mo’ fila, che ci abbiamo altro da fare, noi.
UA2 sembra costituzionalmente incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto; comunque se ne esce borbottando come una pentola di fagioli. Poco dopo arriva Capo, l’espressione perplutaessa.
Capo: Ma che gli frulla, a UA2? Dice che non lo volete aiutare coi problemi alla stampante.
Io: Fintanto che non ci dirà di quali problemi si tratta, non abbiamo modo di aiutarlo – sempre che non sia un problema che si devono smazzare loro.
Capo: (si gratta la testa) Già capito, mi sa. Vado a vedere.
Esce; poco dopo torna; sembra che abbia appena ficcato un cazziatone a qualcuno, ma a noi rivolge un ghigno.
Capo: Carta inceppata.
Io: E secondo UA2 questo sarebbe un problema che necessita di venirci a dire “Eh, la stampante”, eh?
Capo: Penso che stavolta abbia capito la lezione.
Io: Tsè, e domani mi trasformo in una donna.
Capo sospira rassegnato e se ne va.
B: Se vuoi ci ho giusto una gonna e una camicetta da donna della tua misura, più o meno.
Io: Ma manco se ti metti a ballare sulle punte delle orecchie!
Concludiamo con una risata.


Mica ancora finita, con UA2.
È arrivato infine il computer nuovo per UA4. Glielo installiamo, glielo configuriamo, le passiamo i dati dal vecchio rottame e la lasciamo tutta contenta; è utOnta, ma meno degli altri, è quasi utente – anche se ogni tanto ha qualche ricaduta, eh. Comunque, dopo pranzo, ce la vediamo arrivare sconcertata e anche un po’ preoccupata.
UA4: Ma… avete portato voi via il mio computer nuovo? Perché sono tornata da pranzo e adesso non c’è più.
Ding! Campanello d’allarme numero uno. Si alza Bislakk, più serio del solito, per andare con lei a vedere che stracazzix è successo.
Non mi va a piombare lì UA2 a stretto giro di posta?
UA2: Eh, il computer.
Io: (totalmente scazzato) Eh, il cartello.
UA2: (borbotta qualche oscura maledizione) Eh, bisogna montarlo.
Montarlo?
Ma chi cazzarola gliel’aveva montato, allora, quando l’ha fregato a UA4? Né io né Bislakk, poco ma sicuro. Comunque, ding! Campanello numero due: qui mi puzza di cadavere lontano dieci chilometri. Mi alzo e vado a passo di marcia verso il suo ufficio, tallonato da lui; incrocio Bislakk con la faccia perplimutaessa.
B: Ci abbiamo un ladro fantasma, qui.
Io: (lanciando un’occhiata di traverso a UA2, che trasale) Un fantasma in carne e ossa.
B ci segue nell’ufficio di UA2. Il suo computer è lì smontato in un angolino; in compenso quello di UA4 è piazzato al posto del suo, ma senza un singolo cavo connesso.
Io: Cosa ci fa qui il computer di UA4? Il tuo è quello lì. (E gli indico il suo.)
UA2: (in tono tracotante) No, è quello lì il mio. UA4 si becca quello là.
Io: (Eccolo! Beccato al varco!) E allora, se volevi quello nuovo di pacca, avresti dovuto tenerti il carciofone. No, non se ne parla: questo qui torna di là da UA4 e tu ti riprendi quello che avevi ciulato l’altra volta. E senza discussioni.
UA2: Eh, no, io tengo questo, perché io ho un lavoro molto importante da fare, non posso mica farlo con le ciofeche! No, UA4 non ha un cazzo da fare, quindi può tenersi quello lì.
Io: Già: minchioneggiare su facciabuco, su instagranminchia e su orologiorotto è davvero un’occupazione della massima importanza.
UA2: (isterico come ogni buon colpevole quando viene beccato in castagna) Ehi, senti un po’, tu, io non passo il mio tempo su…
Gli sbuffo in faccia, derisorio, poi a B chiedo di andare a chiamare Capo. Lui esce, e io mi piazzo proprio in mezzo alla porta, impedendo a UA2 di svignarsela alla chetichella. Trenta secondi di resistenza a ogni tentativo di superarmi, poi arrivano B e Capo. Dieci secondi a spiegargli la situazione, prima che UA2 riesca a dare la sua versione dei fatti; e lo sguardo di Capo che si fa talmente gelido da brinargli le ciglia.
Capo: Qui giochiamo pure a prenderci per il culo, va’. (A noi) Il computer nuovo torna di là da UA4; quanto a UA2, si ripiglia quello che aveva prima, e questo qui lo teniamo da parte per altri usi.
Questo nel suo solito tono che non ammette repliche. UA2, abbacchiato, non può che prendere atto della faccenda e starsene muto come un pesce.
Risultato: UA2 si terrà il ciofecoide fino all’età pensionabile, e a UA4 abbiamo rimesso il computer nuovo, inlucchettandolo ben bene coi lucchetti prodotti da FamosoProduttoreDiSistemiAntisgrafignusInformatici, unico in tutta la struttura: meglio evitare scherzi da prete in futuro.


Chiamata ricevuta da Bislakk sul suo butringo, da fuori; dato che aveva tutte e due le mani occupate, B ha risposto col vivavoce.
TrolloneTelefonico: Astaracimpa babaringa.
B: (col solito bastardometro a manetta) La sburagnunfa corippilata sbarbonata.
Intanto, è entrato UtOntoAmministrativo5, un tipo che è tanto, ma tanto tonto anche al di fuori del suo lavoro. Non si sa cosa voleva da noi, ma è rimasto lì imbesuito a guardare B.
TT: (a quanto pare, conscio di aver trovato un tipo della sua stessa pasta) Gangherendo la zurmiffa puschiarellizzata.
B: Barbaghia sfurfumullide con gunfi.
TT: Aciarompo golleppino fufurlo.
Vanno avanti ancora per un paio di botta e risposta, e UA5 è sempre più rimbabbeonito.
UA5: Eeeeeeeeeh?
Io, B e TT: (all’unisono) PUPPA!
Poi TT chiude lì la chiamata. UA5 ci rimane di merdissima, e se ne va a orecchie basse. Io e B ci scambiamo un ghigno malefico. Magari saremo pure stati un briciolino crudeli, ma UA5, oltre a essere un tonto alla tontesima potenza, è anche uno spakkamaronix cosmico, quindi, be’.

giovedì 9 settembre 2021

UtOntaggini a gogò

Cedo di nuovo la parola a Ben11.

Altro giro altro regalo! Qui i casi di utOntaggine sono all’ordine del giorno; non è che ci sia solo l’occupante di turno dello Sfigoposto1, come l’abbiamo denominato, a utOnteggiare ben bene.
Tra l’altro: forse ’sto giro riusciamo a fargli perdere la qualifica di Sfigoposto… Stavolta Capo mi ha dato retta quando gli ho proposto io una persona per occupare quel posto: è un mio caro amico, lo conosco bene e so che da mo’ ha meritato la qualifica di utente, non di utOnto. Capo se l’è triturato ben bene nel colloquio di assunzione, e adesso l’ha preso in prova. Chissà? Speriamo, soprattutto per il mio amico, che è rimasto appiedato da crisi aziendali post-pandemiaonio.
Comunque, ci sono di quei giorni in cui sembra circolare l’utOntovirus, quello della famosa malattia “coglionid”. Di là in amministrazione in genere se la cavicchiano, ma ogni tanto sembra che facciano a gara per andare a occupare lo Sfigoposto…
Comincia a piombarci in ufficio UtontaAmministrativa1; si rivolge a Bislakk.
UA1: Computer.
B: (con un ghigno malefico) Ascensore.
UA1: (rimane lì interdetta un momento) No, il computer.
B: E vabbe’, il tostapane.
UA1: (pesta il piede per terra) Ma il computer! Io devo lavorare, eh.
B: (col bastardometro fuori scala) La lavasciuga fa tutto da sola; puoi pure leggerti un libro, se vuoi. (Nota: UA1 è una di quelli che si vantano di non aver più sfiorato un libro dalla fine della scuola in poi.)
UA1: (pesta di nuovo il piede per terra) Ma perché non vuoi capirmi? Mi dovete mettere a posto il computer! Più chiaro di così…
B: Perché, ha messo le gambette e s’è spostato? Riacchiappalo e legalo, che vuoi che ti dica.
UA1: (il suo neurone solitario ha avuto l’illuminazione, o quasi) No, è che bisogna metterlo a posto, ecco, insomma, c’è un problema.
B: (leggermente più serio) E non potevi dirlo prima? Che problema ha?
UA1: Eh, la sbidiguda della supercazzora brematurata con scappellamento a destra come se fosse Antani… (No, non ha parlato come il conte Mascetti, ma il risultato per noi è stato lo stesso.)
B, allora, si alza e va a vedere cos’ha UA1, perché altrimenti non si cava un ragno dal buco.
Nel frattempo ci piomba in ufficio UtOntoAmministrativo2.
UA2: Stampante.
Io: Chiarezza portami via. Cosa vuol dire “stampante”? (In amministrazione ne hanno una di rete, di eccellente marca, che di problemi ne ha dati ben pochi.)
UA2: Eh, toner.
Io: D’accordo, abbiamo stabilito che le stampanti e i toner sono roba collegata. E quindi? (So già cosa vuole chiedermi, e non è la prima volta.)
UA2: (scocciato perché non gli ho letto nel pensiero) Eh, ha finito il toner.
Io: E a me che stracazzo me ne frega? Non siamo noi a gestire i materiali di consumo di quella stampante.
UA2: Eh, ma io devo stampare.
Io: Te lo ripeto in modalità bambino deficiente: non-siamo-noi-a-gestire-i-materiali-di-consumo-della-stampante. Rivolgiti a UtontaAmministrativa3: è lei che se ne occupa.
UA2: Oggi non c’è, e io devo stampare, quindi me lo dovete cambiare voi.
Io: E vabbe’, chiederò a Capo se posso derogare alla regola che lui ha stabilito.
Alla menzione di Capo, UA2 abbassa le orecchie e se ne va senza aggiungere altro.
Intanto, torna B rivolgendomi un ghigno da un orecchio all’altro.
Io: Che ci aveva UA1?
B: Non ha ancora finito la laurea quinquennale in Accendologia Applicata, e quindi ci aveva il monitor spento e non sapeva come fare ad accenderlo.
Io: E perché, noi ci abbiamo quella laurea, forse?
B: Laurea? Ma noi ci abbiamo la scienza come il tè: infusa.
Giù risate alle spalle di UA1.
Ma non è mica finita. Si presenta UtOntaAmministrativa4 – anagraficamente sarebbe un utOnto, ma è transgenere e quindi è una lei (questa nota serve a render chiara la situazione di seguito esposta; e una volta o l’altra racconterò della gaffe madornale, che lei ha preso in maniera molto simpatica per fortuna, che ho rischiato di commettere quand’è stata assunta…); è una persona molto simpatica, al di là della sua utOntaggine, in ogni caso.
UA4: Ehm… computer.
Io: Piacere signorina Computer, io sono Ben11 e lui è Bislakk.
UA4: Dai, non prendetemi per il culo come al solito. Avete capito, no?
Io: (Sì, so dove vuole andare a parare, ma è una questione di principio) Alla facoltà di Telepatia siamo entrambi stati stangati al test di ammissione, quindi no, non riusciamo a leggerti nel pensiero. Esplicitalo in parole, per favore.
UA4: (con un sospiro) Volevo sapere quand’è che mi cambiate il computer.
Nota: Quand’è arrivata, hanno tentato di tutto per farla sentire indesiderata. Dapprima hanno cercato di appiopparle il cosiddetto “ufficio” più orrendo che abbiamo: un mezzo sottoscala umido e muffoso da paura, con gravi problemi di ventilazione; oltre tutto lì non arrivano cavi di rete, quindi avremmo dovuto tirarne di volanti. Sgrumpfffff. Lì mi sono incazzato come una iena, ne ho parlato con Capo, lui s’è incazzato come un intero branco di iene di fronte a invasori del loro territorio, e a UA4 è stato dato l’ufficio di una tipa che è andata in pensione. Quanto al computer, gliene avevamo assegnato uno relativamente nuovo, ma UA2 (“stampante toner”) ha pensato bene di autoassegnarlo alla propria persona sbolognando a UA4 il ciofecoide che aveva. Così, noi abbiamo avviato le procedure per l’acquisto di un PC nuovo di pacca – che verrà assegnato a UA4, eh, mica a UA2. Lo aspetto al varco per dirgli “Eh, se ti tenevi il carciofone a quest’ora saresti tu ad avere quello nuovo.”
Io: Capo ha autorizzato la spesa, così abbiamo fatto l’ordine a FornitoreHardwareDiFiducia. Questione di pochi giorni, vedrai.
UA4 se ne va rassicurata.


UtOntaggine d’antan. Bisogna sapere che io sono pressappoco dell’epoca dei dinosauri, e l’informatica, come dire, personale io l’ho vista nascere. I miei mi regalarono un Commodore Vic-20 per il mio undicesimo compleanno, sì, insieme al famigerato Datassette, il registratorino per leggere e scrivere dati su volgari cassette audio (roba da 20 KB all’ora, più o meno). Poco più avanti, uno zio pensò bene di regalarmi un Commodore 64 insieme al drive per “flopponi” da 5 pollici e un quarto, sì, il mattonaccio con la meccanica tutta sul davanti e dietro un trasformatore che pesava come un elefante e scaldava come un termosifone. A quei due computerini feci sputare l’anima… Comunque, qualche anno dopo avevo messo insieme un programmino in Basic per un amico vari anni più vecchio di me, un gestionale molto ma molto semplice, però ben testato e funzionante. Glielo passo su un floppy. Va a casa, lo prova, yuppiii, tutto allegro e felice, e io rimango soddisfatto e inorgoglito per aver svolto un buon lavoro: per un ragazzo adolescente impallinato con l’informatica quelle so’ soddisfazioni!
Solo che il giorno dopo AmicoUtOnto mi chiama a casa, sul butringo dei miei, e quando mio padre mi passa la chiamata:
AU: Ma qui non mi va più il tuo programma. Ieri ci ho caricato dei dati e adesso non mi vede più il floppy.
Ah, bizzarro. Provo a fargli fare questo, quello e quell’altro, ma niente, non ne vuole sapere. Allora gli dico di portarmi il floppy. Poco dopo – eravamo vicini di casa – si presenta.
Provo il floppy nel mio mattonaccio; niente, non lo vede neanche a me. Humpf.
Prendo un altro floppy, faccio la copia di quello dove io avevo salvato il programma, lo proviamo, e funziona. AU mi ringrazia, se ne va e lo riprova a casa sua. Tutto bene fino al giorno dopo, e di nuovo parte la replica del film.
AU: Eh, ma tutti i dati che gli avevo ricaricato ieri sono di nuovo svaniti, ma come si fa? Non posso mica usare un programma che tutti i giorni si autocancella e mi brasa anche i dati!
Io: (Avevo già da ragazzo poca pazienza con gli utOnti che davano la colpa all’informatico se qualcosa andava storto) Ma che cazzo dici. Il mio programma non si autocancella. Guarda, ti faccio un’ennesima copia del floppy. Fai una cosa: quando hai finito, spegni pure il computer e il drive, ma lascia il floppy dentro. Se il giorno dopo si sarà di nuovo smagnetizzato il floppy, stavolta sapremo a chi dare la colpa.
Prende il nuovo floppy e se ne va.
Pace per cinque giorni – poi riparte la replica del film.
AU: (per butringo) Ma mi si è di nuovo smagnetizzato il floppy! Ma non è possibile! Ma io ci avevo messo un mucchio di dati, bli, blo, bla, ciccia e salsiccia. (No, non aveva detto proprio così, ma non avevo capito un tubazzo dell’ambaradan finale.)
Io: Ma l’hai lasciato nel drive come ti dicevo?
AU: Sì, però poi ieri sera volevo giocare con GiochinoCarinoSuFloppy, e l’ho tolto. Oggi l’ho rimesso e non funza più; e poi ho rimesso su anche Giochino, ma anche quello non funza più, ma cosa sta succedendo qui?
Un’invasione di alieni burloni? Avevo passato io Giochino, piratandolo ben bene, ad AU, quindi, mi rimetto lì a fargli una copia del gestionale, poi una copia del floppy di Giochino, piglio tutti e due e piombo a casa sua. Ci aveva più di vent’anni, all’epoca: mi aspettavo (hahaha!) che fosse un po’ più furbo di me che ero solo un adolescente; tsè. Tenendo in mano i floppy nuovi che avevo appena copiato, fisso insistentemente il posto dove lui tiene gli altri, senza una parola.
Erano sopra il televisorino che usava come monitor per il C64. Sul lato dell’unica cassa audio che aveva.
AU guarda lì, poi guarda me, poi di nuovo i floppy, poi di nuovo me.
AU: Eh, perché, non va bene se li poso lì?
Io: Senti, qual è il componente principale di un altoparlante?
AU: (Si gratta ben bene la crapa) Be’, c’è una calamita…
Io: E cosa pensi che succeda se lasci dei supporti magnetici troppo vicino a una calamita non schermata? (Sì, quel televisorino del quaraquaz manco per i cavoli a merenda che aveva schermature appropriate…)
AU parte con un’altra bella grattata di crapa.
Alla fine l’ha capita; ha pensato di mettere i floppy in un cassetto della scrivania, dopo che entrambi l’abbiamo controllato per verificare che non contenesse calamite.
Per quanto gli è durato quel C64, non mi ha più chiamato strillando che gli alieni gli avevano brasato qualche floppy…


Grande Giorno di Cambiamenti Epoca(cca)li – abbiamo sostituito la vecchia centralina butringonica VoIP e tutti i butringhi, il tutto prodotto da FamosoProduttoreCheFaCagareISassi, con roba di FamosoProduttoreConLePalle. Tutto rigorosamente di sabato mattina, sia mai che qualche utOnto si lamenti che non può usare il butringo, anche se non lo usano mai… Comunque, sostituita la vecchia centralina con una virtualizzata sul nostro datacenter, sostituiti tutti i butringhi in giro per gli uffici; avevamo estrapolato tutte le configurazioni della vecchia centralina e ce le siamo ricreate papali papali su quelle nuove, perché non c’è una funzione di esportazione da FPCFCIS a FPCLP (figurarsi: la concorrenza!). Che gran coppia di cojones… Poi, prova di qua e di là, verifica questo, verifica connessione sulle linee esterne, bli, blo, bla, e prima di pranzo – ce lo offre Capo in un ristorante nel paese vicino – abbiamo finito col lavoro. Considerati tutti i malfunzionamenti che ci dava la centralina FPCFCIS, il passaggio a FPCLP era dovuto, e ne siamo soddisfatti.
Però quel senso di soddisfazione comincia a recedere quando arriviamo al lunedì e la gente si ritrova coi butringhi nuovi, il che era tra l’altro stato preannunciato con grandi squilli di trombe già da settimane. Tanto per verificare il collegamento tra i butringhi e la sega che ci tartassa i nervi, becco la chiamata di UA3, quella riportata sopra che “dovrebbe”, e poi un giorno o l’altro spiegherò il perché di queste virgolette, occuparsi di inziccare carta e toner nella stampante che hanno loro lì.
UA3: Sentite, bello il nuovo telefono e tutto quanto, ma come funziona?
Io: (completamente perplitoesso) Come funziona cosa, scusa?
UA3: Eh, il nuovo telefono.
Tunc, tunc, tunc. Devo decidermi a mettere un’imbragatura di sicurezza alle mie palle, altrimenti continuano a cascare. UA3 è in ufficio da sola, non passa chiamate ai colleghi, non fa chiamate in conferenza, quindi il suo butringo ha le funzionalità di base e nulla più. La rubrica è accessibile con un tastino identificato dall’etichetta (ma va’?) “Rubrica”, e tutto è stato barbaramente scopiazzato dalla vecchia centralina, proprio per evitare di mandare in palla il neurone solitario di qualche utOnto.
Io: Lo stai usando, quindi, secondo te? Ho mandato una mail in cui dicevo che è tutto uguale a prima, salvo il modello di telefono; ma, vacca ladra, è un telefono. (Ma quando cambi il buzingo quelle tre volte all’anno che fai, spacchi i maroni all’assistenza tutte le volte?)
UA3: Quindi per fare i numeri è sempre uguale?
Io: (No, bisogna mettersi a testa in giù e digitarli con le punte degli alluci) Ovviamente.
UA3: Quindi per fare quelli esterni ci va sempre lo zero prima?
Io: Se ho scritto nella mail che è tutto uguale a prima, quello intendevo.
UA3: Quindi anche la rubrica funziona allo stesso modo?
Io: (No, per quella bisogna eseguire un po’ di macumbe in pieno stile voodoo) Sicuro. Anche quello, ben specificato nella mail.
UA3: Ah. (E riattacca senza nemmeno dirmi ciao.)
Un attimo dopo, Bislakk prende la chiamata; dal suo sogghigno intuisco che sia ancora UA3. La ascolta per un momento, poi:
B: (col bastardometro a manetta) Ah, Ben11 si è dimenticato di menzionare che per ogni chiamata che fai all’ufficio informatica ti vengono in automatico detratti 200 euro più IVA dal conto in banca.
Mi pare quasi di sentire lo schianto della sedia nell’ufficio di UA3, poi un pigolio disperato che viene dalla cornetta di B.
B: Sto scherzando, testina. Non è nemmeno tecnicamente possibile una cosa del genere, stai tranquilla. E in ogni caso in quella famosa mail Ben11 ha scritto chiaro e tondo che non è cambiato niente, quindi anche lì stai tranquilla.
UA3 dice ancora qualcosa, in tono meno disperato, mi pare, poi riattacca. Io e Bislakk ci guardiamo.
B: Avrei voluto proseguire col gioco, ma mi sa che a UA3 sarebbe venuto un infarto.
Io: E poi sai le scartoffie che deve firmare Capo! No, meglio fermarla prima.
E ce ne andiamo a berci il caffè.


  1. Quello occupato da utOnti così tanto utOnti da ridefinire il termine “utOnto”, come evidenziato qui, qui, qui e qui (ehi, E. B., guarda: mi sono fatto un corso di 5 minuti per usare il Markdown e ti ho mandato direttamente il .md con tutti i link a posto.) (N.d.E.B.: Uaaaah, mi hai tolto sì e no un trentesimo del lavoro di redazione sui tuoi testi! E vabbe’, meglio di un calcio sulle gengive…) ↩︎

mercoledì 8 settembre 2021

Hanno voluto brexitare? Mo’ se la tengono!

“Brexitare”, hahaha. Ma come ho già detto, se m’invento un termine del brumf-del-ciumf questo esiste, mi sono spiegato? 🤣
Scherzi a parte. Un certo Ian King, giornalista di Sky News, ha parlato in termini espliciti di apocalisse riguardo a quello che sta succedendo in Gran Bretagna con la loro fantastica “brexit”. Lavoratori stranieri che tornano ai loro paesi d’origine – e lì sono contento per loro – e difficoltà nei rifornimenti, proprio perché tanti di questi lavoratori stranieri erano gli autisti dei mezzi! Aumenti dei prezzi del cibo alle porte, proprio a causa di queste difficoltà! E tutto questo genere di cose.
Già.
Fintanto che facevano parte di quell’unione europea che le maiuscole se l’è già giocate da mo’1, tutto bene. Anche se da parte loro era un prendere quasi senza dare, perché approfittavano dei benefici offerti dall’unione ma davano ben poco in cambio. Ora, quei benefici non ci sono più, e la Gran Bretagna si sta rendendo conto che le sue pretese di essere autosufficiente sono alquanto campate in aria. Del resto gli anglosassi2 hanno sempre sfruttato le risorse altrui per sopravvivere; ora che si sono tagliati da soli il cordone ombelicale con l’unione europea, prima che s’inventino il modo di andare a succhiare sangue da altre parti saranno tornati al medioevo.
Ma l’hanno voluta la bicicletta senza pedalata assistita? Mo’ pedalino! L’unione europea senza di loro sente ben poco la differenza; ma loro senza l’unione europea cappotteranno di brutto, e saranno puri e semplici cazzi loro.
Francamente se c’è una nazione per la cui sorte meschina non sono proprio per nulla addolorato questa è la Gran Bretagna: hanno sempre guardato il resto dei popoli europei – soprattutto noi pezzenti italiani, e ne hanno dato una chiara dimostrazione ai campionati europei di quella specie di gioco con la palla, sommergendoci di tutto il loro razzismo – dall’alto al basso. La legnata sui denti se la sono tirata con le loro stesse mani; ora saremo noi a restituire loro il favore. Datemi del cinico insensibile, se ne avete voglia; me ne vanto pure.


  1. Non c’entra la “brexit” con questo; la questione dell’unione europea probabilmente meriterà altri post. ↩︎

  2. Sì: -sassi, non -sassoni: hanno le teste più dure del cemento armato. ↩︎

venerdì 3 settembre 2021

La marea montante dei no-vattelapesca

Spero si sia capito il tono ironico del titolo…
Manifestazzzzione, sì, con 4 Z, dei no-coso verde alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti, con tanto di slogan degli antivaccinisti che riportano le loro bufale astronomiche (quelle che Sputafuoco ha duramente, e giustamente, condannato). L’intento era di boicottare le partenze dei treni e degli aerei, impedendo ai passeggeri di prendere i mezzi di trasporto.
Dunque, secondo loro erano milioni e milioni.
Secondo le questure, non c’erano neanche le stazioni e gli aeroporti. 🤣
Numeri reali: nelle strutture dov’erano più numerosi ammontavano sì e no a una decina. Già, quattro gatti spelacchiati che tentano d’impedire a migliaia di viaggiatori di prendere treni o aerei? Mi sa che si sono guardati in faccia chiedendosi se non avessero sbagliato giorno!
Eppure a sentirli la loro manifestazzzzione (vedi sopra) è stata un successssss[…]ssone, con tantissime S.
Peuh. Gli è riuscita solo nel famoso comune di Bugliano e nel celebre aeroporto di Acicatena. (Ma perché, esistono questi due luoghi? Sì, solo nel neurone solitario in cancrena dei no-vattelapesca…)

giovedì 2 settembre 2021

L'umanità è estinta

Ne restano solo pochi esemplari, troppo pochi per riuscire a perpetuare la specie. Il resto delle miliardate di cosi dall’aspetto antropoide che si vede in giro sono scimm amebe dotate non di un neurone solitario ciascuna, ma tra tutte quante di un singolo neurone usato in multiplexing. Altrimenti certe stronzate non avrebbero una spiegazione logica per quei rari umani ancora presenti sulla Terra.
Dunque, piglio il treno – beccandomi tre cambi, chiaro – e vado a trovare dei parenti che era da mo’, prima della pandemenza, che non vedevo; N. B.: questi parenti mi hanno disautorizzato, vai a capire perché, a scrivere sul blog dove vivono, quindi, per quanto non ci avrei visto nulla di male a citare la località, eviterò. Giornata allegra in compagnia, poi nel pomeriggio torno a prendermi il treno per tornare a casa. Dunque, linea ferroviaria unica, coi treni che fanno la spola tra Capolinea1 e Capolinea2; io salgo a C1 e devo poi cambiare a C2. Treno fermo sul suo binario, in attesa di partire; capotreno lì sulla banchina; siccome manca ancora un po’ prima della partenza, me ne resto lì a sgranchirmi, più che altro perché voglio tardare il più possibile a ficcarmi quella sgrumf-del-brumf di una mascherina. Comunque, vedo arrivare la fila dei cretidioti – grazie Ben11 – che devono prendere quel treno.
Cretidiota n. 1, donna: arriva in stazione, guarda ben bene il tabellone luminoso con le partenze, prende il sottopasso per arrivare al binario giusto, esce, guarda un altro tabellone delle partenze, legge bene il pannello luminoso sul binario, poi s’avvicina al capotreno e gli chiede: “Scusi, ma è questo il treno per C2?”. Il capotreno, che si sente rivolgere questa domanda ogni tre per due e ha una pazienza da fare invidia a Giobbe, le risponde affermativamente. Cioè, hai visto il treno che devi prendere su ben due tabelloni luminosi, hai avuto la conferma dal pannello di binario, sai perfettamente che lì c’è solo quella linea ferroviaria coi treni che al massimo arrivano a C2 e ancora lo chiedi? Mah, doppio e triplo mah.
Cretidiota n. 2, uomo: è arrivato appena dietro la prima, dopo essersi a sua volta letto tutti i tabelloni e i pannelli, ha sicuramente sentito la domanda e la risposta, e nonostante tutto chiede: “È questo il treno per C2?”. No, guarda, questo rimane lì fermo a C1 a far figura! Ancora una volta il capotreno risponde affermativamente.
Cretidiota n. 3, donna, anzianotta, accompagnata da un ragazzo sui vent’anni: entra in stazione con estrema sicurezza, non guarda niente e nessuno, arriva al binario assieme al ragazzo, e chiede al capotreno: “Questo treno va a C2?”. Risposta affermativa; lei insiste: “Ma è sicuro?” Lui, facendo buon viso a cattivo gioco, torna a rassicurarla. Lei continua: “Ma, sa com’è, qui bisogna avere la certezza: allora il treno per C2 è proprio questo?” Lì interviene il ragazzo, con aria scocciata: “Senti, zia, lo sai benissimo che da qui i treni vanno solo a C2; cosa insisti a fare? Sali su ’sto treno e non farla tanto lunga.” La vecchietta sbuffa, ma alla fine si decide a salutare il nipote e a salire sul treno senza ulteriori domande.
Tralascio la lunga fila di cretidioti che arrivano e pongono La Domanda Ovvia E Scontata. È quasi l’ora di partire; mi decido a schiaffarmi quella fottuta mascherina sul muso e ad appropinquarmi all’ingresso del treno. Ma, dato che il capotreno, da una breve conversazione che ha avuto col macchinista, mi è sembrato un buontempone, non resisto alla tentazione di rifilare una bastardissima stoccata ad altri cretidioti che stanno per porre Proprio Quella Domanda. Chiedo al capotreno, con un ghigno ironico da un orecchio all’altro: “Scusi, è questo il diretto per Giove?” Il tipo, ghignando a sua volta, mi regge il gioco. “Sì, sarebbe questo, ma purtroppo la linea è interrotta per lavori all’altezza dell’orbita di Marte.” Io rispondo: “E vabbe’, vorrà dire che su Marte mi accontenterò di chiamare un taxi spaziale.” E salgo sul treno, godendomi le facce allibite dei cretidioti, qualcuno dei quali si sta davvero chiedendo se quel treno sia diretto verso altri pianeti. Altri decidono di assumere il controllo di quel neurone in multiplexing per quel breve attimo necessario ad arrivare a stabilire che li stavo coglionando e che forse è meglio non porre domande stupide, e salgono sul treno senza chiedere niente.
Roba da far abrogare in tempo zero la legge Basaglia!
Sì, lo so che sono cinico. Ma senza una buona dose di cinismo in questo mondo non si va avanti.