martedì 16 novembre 2021

Ci siamo rotti i coglioni

Certa gente ci è o ci fa? Una volta facevano pure ridere per le loro credenze assurde; ora fanno solo incazzare – più che altro perché mettono a rischio gli altri.
Si rideva di questi idioti quando professavano che la Terra è piatta, al di là di tutte le evidenze; basta prendere un aereo, o anche solo guardare l’orizzonte in riva al mare: se c’è un orizzonte, e se qualcosa tipo una nave vi sparisce dietro, è chiaro che la superficie che si sta guardando è ricurva. Ma vabbe’, i terrapiattisti sono innocui buffoni.
Si rideva di questi dementi quando dichiaravano che sulla Luna l’umanità non c’è mai stata, al di là dell’evidenza dei fatti secondo cui montare un GOMBLODDO del genere sarebbe costato molto di più di missioni lunari vere, e con scarse, anzi inesistenti garanzie che tra i milioni di persone coinvolte nessuno vuotasse mai il sacco. Ma vabbe’, i “sulla Luna non ci siamo mai stati” fanno ridere i polli.
Si rideva di questi rincoglioniti quando professavano l’esistenza di “scie chimiche” prodotte dagli aerei, in seguito a un piano malvagio del bilderberg, del nuovo ordine mondiale, di big pharma, magari pure di qualche alieno di irrorarci di prodotti chimici per chissà quale scopo contorto, al di là del fatto che tutti questi soggetti sono del tutto inesistenti e che quelle degli aerei sono banali scie di condensazione; oh, be’, l’acqua è pure una sostanza chimica, ci mancherebbe – ma è solo volgare monossido di diidrogeno1. E vabbe’, gli sciocchimisti sono solo dei poveri scemi.
Ma adesso come si fa a ridere di questi pirla quando: a) negano la stessa esistenza del covid, contro l’evidenza dei fatti; b) si oppongono perfino con l’uso della violenza ai vaccini e al grìn pàs? C’è una malattia; ci sono i vaccini in grado di permetterci di affrontarla; ci sono sistemi, e vabbe’, criticabilissimi quanto si vuole, per far sì che la gente li usi, questi vaccini; se una buona volta seguissimo tutti le regole, a quest’ora saremmo già fuori da questo incubo! E invece no: gli idioti si oppongono, negano l’esistenza della malattia che secondo loro è tutta una storiella montata da big pharma, aridaje, per farsi i soldi, bla bla bla; affermano che nei vaccini c’è il grafene, che ti iniettano un microchip sotto pelle, che ti connettono direttamente al 5G per controllarti la mente, ma anche, più banalmente, che l’amante della portinaia del palazzo dove vive il professore delle medie di loro cuGGino ha avuto conseguenze letali dal vaccino, che aumenta i rischi d’infarto o di qualche altra malattia, umpi zumpi parapunzi; sono assolutamente contro al grìn pàs, giudicato un sistema dittatoriale2, salvo poi spendere cifroni e regalare i loro dati personali al truffatore di turno per avere un certificato falso totalmente inutile, sempre che l’ottengano, e poi trovarsi ricattati a vita. Questo farebbe pure ridere, se non fosse che questi soggetti pensano di aver trovato il modo di andarsene in giro liberamente senza degnarsi di prendere precauzioni nei riguardi degli altri. E poi a Trieste c’è stato un picco tale da intasare gli ospedali e bloccare ogni intervento chirurgico che non sia urgente. E poi in Austria si sono sentiti in obbligo di istituire di nuovo la quarantena dura, come a marzo e aprile 2020, ma solo per i no-tutto. E poi noi ci ritroveremo a non poter vivere una vita normale ancora per un bel po’, solo perché le teste di cazzo pensano di poter imporre al mondo la loro limitatissima visione.
Mo’ basta.
Basta concedere spazi mediatici e fisici – diconsi piazze – a questa gente al solo fine di piantar casino.
Basta essere troppo morbidi nei loro confronti.
Vanno isolati senza esitazione. Sono un rischio per la salute, e quindi vanno messi in quarantena, come hanno fatto in Austria, ma ancora più duramente: non solo per dieci giorni, ma finché il covid non sarà scaduto al livello di una semplice influenza stagionale e potremo tutti quanti tornare a una vita decente.
Ci siamo decisamente rotti i coglioni di questa gentaglia. È ora di darci un taglio.


  1. E anche su questa trollata quei babbeosauri cascano regolarmente con tutte le scarpe. ↩︎

  2. Concordo sul fatto che ’sta menata del grìn pàs sia una merda; ma non per i motivi che spingono i no-tutto. È solo l’ennesimo sistema abborracciato alla bella meglio per non volersi prendere un certo tipo di responsabilità. ↩︎

mercoledì 10 novembre 2021

Analfabeti funzionali

È proprio vero: la gente non legge più un cazzo di niente, però poi commenta di pancia, senza usare il cervello come intermediario.
Succede che qualche troll pubblica, appunto, la trollata con la foto di un personaggio famoso facendolo passare, tipo il caso che ho sotto mano adesso, per un poliziotto che non ha il grìn pàs e si ritrova a dormire in macchina perché non lo fanno più entrare in caserma.
E giù di solidarietà dai no-tutto a questo poliziotto. E perfino chi è in regola con vaccini e grìn pàs ha sbarellato di brutto su questa menata.
Peccato che non uno di ’sti webeti a rincoglionimento totale si sia preoccupato di guardare in faccia il personaggio ritratto! Non uno si è accorto che quello è Ezio Greggio! Non solo la gente non legge, ma manco guarda le foto!
Sono cascati con tutte le scarpe in una trollata fatta e rifinita, esplicita, dichiarata. E me lo posso aspettare dai no-tutto, certamente; un po’ meno da gente che si è messa in regola dimostrando in apparenza un po’ di buon senso! A quanto pare, però, è giustappunto solo un’apparenza.
La gente ci era già cascata pochi giorni fa con Rocco Siffredi; adesso pure con Greggio! Quanti altri personaggi famosi che verranno utilizzati per queste trollate verranno presi per vere e proprie vittime del sistema solo perché i vari leoni da tastiera non si prendono nemmeno la briga di guardare la foto?
Approfondimento su questo articolo di bufale.net.

mercoledì 3 novembre 2021

Poverini, si sentono discriminati, loro

Il manuale del perfetto no-vax:

  • Iscriviti a gruppi Telegram per localizzare medici e giornalisti da andare poi a massacrare di botte perché sostengono la necessità di vaccinarsi;
  • Prendi un personaggio famoso che sta male (ultima in ordine di tempo Céline Dion) e ricoprilo di odio come bava verdastra e appiccicosa sulle socialfogne;
  • Creati millemila milionardi di profili falsi come una moneta da 3,28 euro e corca di recensioni negative piene di insulti e minacce tutti i bar e i ristoranti della zona, rei di dover chiedere il grìn pàs per far entrare i clienti;
  • Metti in piedi banfate astronomiche sulla rivoluzzzzione con quattro Z, sul fatto di avere alle spalle un esercito di “milioni e milioni” – di moscerini della frutta, forse? – e di essere pronto a scatenare l’inferno facendo deportare su Marte o ancora più lontano tutti i favorevoli al vaccino;
  • Datti al vittimismo più sfrenato, facendo incazzare la comunità ebraica e i discendenti delle vittime dell’olocausto, paragonandoti – poverino – a chi era finito nei campi di concentramento;
  • Vai a minacciare di togliere perfino i regali di Natale ai bambini, in versione Grinch 2.0, pur di averla vinta;
  • […]

Poi i no-vax vanno, appunto, come da manuale, a fare i piangina, a lamentarsi di essere discriminati, bla bla bla.
Ma la gente normale – che deve ai no-vax l’ulteriore, sperabilmente lieve, recrudescenza di covid e la minaccia da parte del governo di prorogare lo stato d’emergenza, grìn pàs e tutto, fino a giugno 2022 – s’è un po’ rotta i coglioni di avere palle al piede del genere con cui aver a che fare ogni santo giorno.
Per i no-vax sfegatati si prospettano tempi duri: anche quando tutta ’sta buriana sarà finita, si troveranno tante porte sbarrate davanti al muso.
Compassione? Perdono? Ma neanche un po’. Si becchino quello che si meritano e una buona volta la piantino di scassare la minchia!

giovedì 28 ottobre 2021

Il ladro è sempre più furbo della cassaforte

Che prima o poi sarebbe successo è di un’ovvietà lampante.
Il grìn pàs o come si scrive quella roba lì, definito assolutissimevolissimevolmente1 infalsificabbbbile con quattro B, è stato infine falsificato. Un polacco per 300 euro fornisce grìn pàs falsi intestati a, udite udite, “Adolf Hitler”: e vengono considerati validi dalle app che li devono verificare.
Questo secondo il principio riportato nel titolo: il ladro è più furbo della cassaforte. Sempre. Invariabilmente. La cassaforte – in questo caso specifico la cosiddetta millantata inviolabilità del grìn pàs – è un prodotto umano; il ladro – cioè il falsario, in questo caso – è umano, e un umano sarà sempre in grado di sbragare un prodotto dell’umanità. Complice anche il fatto che nessuno, ma proprio nessuno, si prende la briga di chiedere la carta d’identità assieme al grìn pàs, questi certificati falsi finiranno per prendere piede, e tanti disgraziat stronzi all’ennesima potenza se ne andranno in giro tronfi e orgogliosi di aver fregato il sistema, causando un aumento dei contagi e fatalmente, a gennaio o giù di lì, un altro provvedimento di quarantena. Oppure, e se devo scegliere il male minore scelgo questa opzione, il governo darà un giro di vite sui controlli e imporrà la verifica incrociata dei dati, aumentando il livello di rottura di coglioni per chi è in regola, ma almeno arrivando a sgamare i furbi che piuttosto di farsi un paio di punturine con eccellente probabilità innocue cercano di fottere il sistema sbattendosene allegramente della salute loro e di chi li circonda.
Tecnicamente come può aver fatto questo falsario ad avere successo? Semplice: molto probabilmente ha retroingegnerizzato qualcuna di quelle app che verificano il codice QR arrivando poi a fornirle dati di suo gradimento. Adesso aspettiamoci pure grìn pàs intestati a Giulio Cesare o Napoleone Bonaparte!

Correzione dell’ultimo minuto: Parrebbe che i falsari – sì, ce n’è più di uno – abbiano approfittato della disonestà di certa gente che ha fornito loro chiavi legittime per generare grìn pàs, intestati pure a “Mickey Mouse”, “Spongebob Squarepants” e altri personaggi reali o immaginari. Sì, non hanno nemmeno dovuto fare la fatica di retroingegnerizzare le app! Le revoche di queste chiavi, con conseguente rigenerazione dei grìn pàs legittimi su esse basati, non si sono fatte attendere. Però, ribadisco, torneranno a vincere i falsari, prendendo il sistema per stanchezza magari. Ladro e cassaforte…


  1. Ahò, gli altri possono avere i rafforzativi e io no? 😉 ↩︎

martedì 26 ottobre 2021

Peggio dei treni

Notiziola che ho letto sul Disinformatico (in questo articolo) e che mi spinge a rigirare il coltello nella piaga del “giornalismo” all’italiana. Verifica dei fatti zero; bisogna pubblicare, pubblicare, pubblicare – e farsi il copia & incula gli uni con gli altri, perché se uno pubblica una farloccata gli altri non possono assolutamente rimanere indietro, ecché.
Cioè, per gli allergici al clic su un link: tre testate – nei coglioni, come mi suggerisce Flannders – pubblicano la stessa notizia. Il che non sarebbe tanto diverso dal solito, se non fosse che con questa particolare notizia sono in ritardo. Di mesi. Peggio di come funzionano le nostre ferrovie! Tutti a strombettare che la sonda Perseverance è atterrata su Marte, prime immagini del pianeta rosso, bla bla bla.
Ma Perseverance è su Marte da febbraio del 2021. Cioè, la festassa alla NASA l’hanno già fatta da mo’, hanno avuto il tempo di smaltire almeno altre venti sbornie da allora!
Cioè, quello che è successo con ogni probabilità: un “giornalista” in un noiosissimo turno notturno presso una di quelle testate, presumo ANS(I)A, che è quella da cui tutti fanno copia & incula, ha letto distrattamente su qualche sito estero la notiziola riguardante Perseverance, ha bellamente ignorato la data di quella notizia, ha visto profilarsi a caratteri cubitali luminosi davanti al proprio naso la parola “scoop” e giù di pubblicazione; e non ho mai più visto nessuna di queste testate assumere correttori di bozze! Le altre due testate, vista la notizia, hanno detto “Ma no, non possiamo rimanere indietro!” e vai di C&I, e pubblicare subito, anche lì senza rendersi conto che erano più in ritardo dei treni!
Questo è il nostro “giornalismo”, gente. Una succursale delle socialfogne, ormai. Poi certo che la gente crede a ogni minchiata che sente: perfino coloro che dovrebbero fornire notizie obiettive – e soprattutto puntuali – ormai hanno dimenticato da mo’ questa loro missione.

mercoledì 20 ottobre 2021

UtOntaggini a mitraglietta

Come al solito, da qui in poi parla Ben11.

Questa risale a qualche annetto fa, non tanti, eh.
Mi propongono di partecipare come “uditore esterno” a un corso d’informatica per principianti; e “uditore esterno” vuol dire “aggiustatutto / risolviproblemi / balia per utOnti”. Dopo avermi piatito per un bel po’ riescono a strapparmi un riluttante assenso; sono amici, come si fa a dir loro di no? (Si fa, si fa!)
All’arrivo, trovo quella bella aula coi suoi fantastici (🤮) computer, quella roba di fascia ultrabassa sotto i limiti della decenza che ti tirano dietro per 200 euro o giù di lì. E vabbe’, servono per dei principianti assoluti, quelli che forse sanno come andare su facciabuco solo perché il cuGGino “che ne sa di informatica” gli ha piazzato un link. Una quindicina di quegli affari, accoppiati ai loro meravigliosi (🤢) monitor da circa 37,99 euro, quelli che se gli starnutisci vicino perdono il segnale. Un PC da ghèiming da solo si pappa tutti quelli insieme, sia come prezzo sia come qualità e prestazioni. Oh, insomma, non è che penseranno di venir qui a sollazzarsi con qualche videogioco, eh. Siccome sono in anticipo, i miei amici mi chiedono di fare un giretto e verificare che tutto sia a posto. Accendi tutti quegli arnesi, aspetta i loro tempi biblici che partano (SSD? Ma quando mai!) – yuuup! Ci hanno Finestre 7. Ed era già uscito 10 da un bel po’, tipo che era già alla sua quinta o sesta versione interna. Vabbuo’. Funziona tutto; mi dicono di spegnere quelle merDaviglie; che, niente pappa pronta per l’utOntume in arrivo? Son loro che decidono, comunque. Spengo quegli affari.
E cominciano ad affluire gli utOnti. C’è di tutto, in tutte le fasce d’età tra una ragazza stordita sui quindici anni a un settantenne che sembra un novantaseienne; una quindicina di individui dagli sguardi bovini. E già lì… Dopo le presentazioni di rito, incluso il famoso “uditore esterno”, cioè io, si parte. Io mi piazzo discretamente a un tavolo per i cazzi miei, e il docente della serata dice: “Ora, fatemi vedere come accendete questi computer.”
Tunc, tunc, tunc. Aiuto, riacchiappatele!
Cioè, ma davvero?
Una cosa banale e scontata, come accendere la luce, o inziccare la chiave nel quadro dell’auto e girarla per accendere il motore. Per un lungo, eterno secondo mi sono aspettato la corsa delle mani agli interruttori di alimentazione di quei carciofoni, ben evidenti sui loro frontalini (sono roba formato Mini-ITX, quelli da tenere piatti sulla scrivania, e non c’è nemmeno da andare a piantare craniate sulla scrivania medesima per raggiungere quel parallelepipedo al di sotto).
Nessuno si muove. Quindici sguardi vacui si appuntano sul docente.
Dai, dai, dai che le tengo… noooo! Tunc, tunc, tunc.
Sono seguite due ore molto, ma molto divertenti (😭) di lezione su come accendere il computer. Cioè: come schiacciare il tasto di accensione sul buzingo, e quello lo sanno fare! Ma non ci arrivano, non ci arrivano! L’adolescente stordita: “Ma non c’è un’app per farlo?” Il settantenne che sembra suo padre: “Ah ma io mica m’intendo di ’ste cose, io so guidare il trattore.” (a ripetizione, questa frase…). Un altro tipo che, di fronte al dito insistentemente puntato del docente verso l’interruttore, si mette a stoccazzare le uscite USB, il tastino di espulsione del DVD, due o tre led, pure l’uscita audio, ma non si avvicina neppure al punto giusto, neanche dopo che il docente glielo ha addirittura sfiorato. Una tipa sui quaranta che dice: “Ah, ma a casa mia il computer lo usano i miei figli adolescenti.” (e manco hai chiesto loro come se lo accendono?) E via così.
Un’ora buttata nel cesso così, poi il docente chiama quell’utOntume a raccolta intorno a sé, vicino a un computer abbastanza centrale perché lo vedessero tutti. “Adesso vi faccio vedere come si fa; poi lo spengo di nuovo e voi dovrete fare quello che ho fatto io ciascuno sul suo computer.” Schiaccia il cornutissimo pulsante, il computer parte coi suoi tempi biblici sotto gli sguardi da “Oooooh!” (no, almeno nessuno l’ha pronunciato a voce alta, se non altro). Poi il docente lo spegne, rimanda quella manica di rimbabbeoniti ai loro posti e li invita a provare.
Di nuovo, quindici sguardi vacui appuntati su di lui.
“Su, forza, mi avete visto quando ho premuto il pulsante di alimentazione.”
Tsè, ’sta minchia in crosta di sale.
E allora il docente ripassa, spiega tutto di nuovo, fa finta di azionare l’interruttore, tutto da capo. E la ragazzina svalvolata: “Ma qui dovete fare un’app, se no così è troppo difficile.”
No, no, no, vi prego, non cadete… Tunc, tunc, tunc.
Alla fine della serata, quattro utOnti, di cui quello che guida il trattore, sono riusciti finalmente a schiacciare quel merdosissimo interruttore e a far partire il loro computer. Quattro. Quattro!
Fine della lezione, saluti, e quella cricca di cretidioti se ne va. I miei amici, incluso il docente di turno, mi guardano. “Che ne dici?” mi chiede uno di loro.
“Dico che fareste meglio a chiuderlo qui, questo, ahem, corso. Quelli sono senza speranza; ma da dove li avete rimediati, da un centro di non-ricupero di tossici ormai irrecuperabili?”
“Be’, sai, ne abbiamo già fatti altri, di corsi del genere, ed è così che vanno.” mi dice il docente della serata.
“Poi imparano.” aggiunge un altro.
Sì, tua sorella attaccata a un idrante. Poi diventano come gli utOnti che ci abbiamo in ditta! “Comunque, visto il livello di questa marmaglia, penso proprio che dovrete fare a meno del vostro uditore esterno dalla prossima volta.” Li saluto e me ne vado, lasciandoli lì piantati come dei pioppi.
Avanti veloce a sei mesi dopo. Hanno finito il corso per principianti, e io chiedo ai miei amici di farmene un consuntivo. Tipo la metà non si sono più presentati dalla seconda lezione, affermando che per loro l’informatica è troppo difficile: inclusa nel mucchio, la ragazzina che voleva tanto applicarsi al problema (N.d.E.B.: un’altra battuta del genere ed emigro su Marte!). Gli altri, be’, sono più o meno tutti arrivati al punto di aprirsi un fetentissimo browser e fare due o tre ricerchine su San Google, e un paio perfino a salvarsi qualche sito – quale? Ma facciabuco, ovviamente! – tra i preferiti. E sanno pure trovare il comando di spegnimento! L’uomo del trattore è nel mucchio, pensa un po’.
“Be’, che dire, un risultato eccezzziunale veramente!” dico ai miei amici (imitando la parlata di Abatantuono sulle ultime due parole). “Continuate così: tra, vediamo un po’, milleseicentoquarantasette anni sarete riusciti a insegnar loro anche come si copiano, spostano, rinominano e cancellano i file.”
Uno di loro, con aria rassegnata, mi fa: “Ci pagano per tenere questi corsi, sai? Tutta roba finanziata dall’unione europea.” (N.d.E.B: Le minuscole ce le ho messe io; non te la prendere per questo specifico intervento di redazione, Ben11.)
“Ah, ecco da che mucchio pescano i loro parlamentari e i loro commissari.” rispondo io.
Da allora, quando qualcuno mi propone di tenere corsi d’informatica di base, o anche solo di partecipare come uditore esterno, la mia risposta è un secco e reciso no.


Quando non ci arrivano non ci arrivano. Ma quando s’è trattato di spiegare i fatti della vita ai suoi figli UA2 si è comportato così? Sì, perché ha dei figli, non so se mi spiego. Uno lo conosco di persona, tra l’altro: ha trent’anni, un solido posto di lavoro e di sicuro una testa ben migliore di quella di suo padre.
Comunque, la stampante, o meglio La Stampante, è come al solito bloccata: lo so perché sono passato di lì. Non ragioniam di lei ma guarda e passa… Finito un toner, ma UA3 guarda caso latita; non me ne può fregare meno. UA2, dopo l’ennesima volta che l’abbiamo cacciato via dall’ufficio, ha cambiato strategia. È passato dal butringarci o venire di persona a dirci il suo eterno “Stampante” allo scrivere mail.

Da: UA2
A: Noi (ufficio informatica)
CC: Capo, CapaAmministrativaDeficiente, UA1, UA3, UA5
Oggetto: Stampante
> Testo: Considerato che sono 2 settimane che tento di stampare e non va
> avanti, esigo un intervento immediato.

Sto già vagliando mentalmente il catalogo degli SRAU in cerca di quello più grosso e massacrante, ma vedo che Capo è sul pezzo, perché non sono passati tre minuti che arriva la sua mail di risposta.

Da: Capo
A: UA2
CC: CAD, UA1, UA3, UA5
CCR: Ben11
Oggetto: Re: Stampante
> Testo: Carissimo UA2, punto primo: risulta che quella stampante sia
> ferma da un'ora e non da due settimane. Punto secondo: risulta che la
> stampante abbia semplicemente esaurito il toner ciano, questione non
> di competenza dell'ufficio informatica ma di UA3 che legge per
> conoscenza. Come già più volte ricordato al vostro ufficio, gli
> informatici intervengono soltanto per questioni informatiche
> relativamente a quella stampante; la gestione dei materiali di consumo
> non fa parte di questa categoria. Sei pregato d'ora in poi di
> attenerti a questa semplice regola e di evitare esagerazioni in
> perfetto stile giornalistico.

Hahaha, l’ha SRAUato Capo! Risultato: UA3 non ha risposto a nessuno, ma nel giro di pochi minuti quel toner è stato sostituito; UA1 e UA5 (sì, anche lui, benché non avesse capito un cazzo di quello scambio di mail) si sono messi a urlare con UA2 perché li ha tirati in mezzo; CAD, quando è rientrata da una delle sue eterne “commissioni”, ha pure dato una ranzata a UA2 per averla messa in cattiva luce con Capo, anche se in definitiva lui non ha scritto niente che la incrimini, l’ha solo messa per conoscenza nella mail.
Io e Bislakk ci guardiamo.
B: L’avrà capita, una buona volta?
Io: Sì, guarda, c’è un asino viola a pallini rosa che vola lassù scagazzando boccette di profumo costoso.
B: No, be’, stavolta Capo ci è andato giù duro. Per me l’ha capita.
Io: Vogliamo aprire un giro di scommesse?
B: Pffff, mi sa che stavolta vinci troppo facile. Se vuoi un altro giro da drag queen lo farò senza scommetterci sopra; tanto ormai ci ho preso gusto.


Storia di floppy-ma-non-tanto1, di un fantastico hard disk da 20 tera giga megabyte, di un MS-DOS versione 3 e qualcosa, di un classico utOnto di quei periodi, di quelli su cui si diceva che fossero in grado di formattarsi il disco di sistema col comando echo2, del cuGGino che sa tutto. ’Na roba che risale alla fine della mia adolescenza, quando ero già dotato di un PC per l’epoca moderno, ma non è il mio PC quello sotto esame.
Tornando a casa da un lavoretto a tempo determinato che m’ero preso in attesa che mi chiamassero per quell’anno di schiavitù obbligatoria denominato familiarmente naja, mi ritrovo un amico dall’aria disperata lì a piantonare l’ingresso di casa mia: lo chiamerò AmicoPirla. Mi fa su un pippone sconclusionato dal quale capisco solo che si è perso dei dati importanti; allora accetto di accompagnarlo a casa sua, tanto non abita distante. Arriviamo, e mi piazza davanti al suo PC: un magnifico due-otto-sei, coi suoi bei 640 KB di RAM, doppio floppy da 3 e mezzo già di quelli da 1,4 MB, e, udite udite, un hard disk da 20 MB col suo controller formato schedona inziccato sul bus ISA. ’Na roba che costava quasi quanto un’automobile, all’epoca: milionate di quelle famose lire che i millennial manco sanno cos’erano… Viene fuori che AP aveva installato di tutto di più su quell’hard disk: il DOS (no, Finestre non c’era ancora! Sì, forse Micromorbido s’era già inventato la versione 1.0, ma non prese piede fino alla famigerata “3.11 for uòrcgrup”), un programmuzzo di contabilità su cui suo padre teneva le fatture – e per fortuna quel sant’uomo aveva il “vizio” di farsi ogni sacrosanto giorno il backup su un floppy – e altro, tipo il famoso WordStar col quale AP in modalità skritore produceva quintalate di racconti che gli editori seri di quel periodo regolarmente rimandavano al mittente dicendogli con termini più o meno diplomatici che erano schifezze allucinanti. Solo che abracadabra zimzalabim, puf, svanito tutto. L’avvio da hard disk vomita fuori un Missing operating system. L’avvio con un floppy di MS-DOS va a buon fine, ma il disco C: risulta vuoto. Guardo AP di traverso.
Io: Che minchia in umido con patate hai combinato qui sopra?
AP: Io non ho fatto niente! (Tipico.) L’ho acceso ed era così, ma come faccio adesso, ci sono tutte le fatture di papà, tutti i miei manoscritti, tutti i giochi, tutto…
Io: “Fattonienteio” è una menzogna bell’e buona; gli hard disk mica si formattano da soli. Allora, cos’hai combinato?
Lo riduco quasi alle lacrime prima di spingerlo ad ammettere di aver fatto qualcosa – giustificandosi affermando che era roba innocua. (Tsè, e io sono Kelly LeBrock sotto mentite spoglie!) Lo incalzo ancora un po’.
AP: Ecco, vedi, qualcosa mi s’era incasinato sull’hard disk, c’era dell’immondizia sparsa qua e là (domanda: ma come cazzo riesci a distinguere la roba legittima dall’immondizia? Sei un utOnto a pieno titolo!) e allora ho chiesto a mio cugino, e lui mi ha detto “Fai un bel format c:, poi reinstalli il DOS e sei a posto.”, e io ho fatto la prima parte…
Già: un cugino tanto cuGGino, ma è davvero un suo parente, e io pure lo conosco (e non mi fiderei nemmeno a chiedergli che ore sono, va detto). Il fumo che mi sta uscendo dalle orecchie dev’essere evidente, ormai.
Io: Cioè, ti sei formattato il disco così, senza nemmeno stare a pensare a cosa stavi facendo?
AP: Eh, ma mio cugino mi ha detto che così si sarebbe pulita l’immondizia…
Io: Oh, certo. Pulisce l’immondizia e anche tutto il resto. Quello è il comando per fare tabula rasa su un disco, non so se mi spiego!
AP: (piagnucolando) Eh, ma io… ma adesso come faccio, c’erano tutte le fatture di papà e i miei manoscritti e i giochi, non dirmi che ho perso tutto!
Fosse stato un altro gli avrei ghignato in faccia rispondendogli “Sì, tutto kaputt!”, ma si tratta di un amico, e allora m’impietosisco. Per sua fortuna i miei incasinamenti personali – già, mica sono perfetto, io! – mi avevano spinto a procurarmi per vie traverse parecchi strumenti per ricupero dati, sì, roba primitiva rispetto a quelli moderni, ma avevano ottime probabilità di successo.
Io: Vediamo se riusciamo a sistemare ’sta menata. Per le fatture di tuo papà, non ti crucciare: lui si fa le copie tutte le sere. Per i tuoi manoscritti, forse riusciamo a ricuperarli.
AP: E i giochi?
Io: (Gli indico la pila di floppy in bilico su una mensola.) Quelli si reinstallano come ridere. Basta solo un po’ di pazienza. Aspettami che vado a prendere della roba a casa mia e poi ci proviamo con ’sto coso.
Esco, torno a casa, mi prendo un po’ di floppy con questi begli strumenti di ricupero dati, torno da AP che mi aspetta speranzoso. (Chi vive sperando deluso muore…)
Triga e ritriga, e benedicendo il fatto che la formattazione veloce marca il disco come formattato ma non cancella fisicamente i dati, alla fine gli ritrovo tutta la directory – fortunatamente ne usava una sola – dove aveva salvato i suoi preziosi manoscritti, e giù di copia su un floppy vuoto. Poi, reinstalla il DOS sull’hard disk, reinstalla il programmozzo di contabilità di papino (un solo floppy) e ricupera le fatture dal backup, reinstalla WordStar (con la danza del cambiafloppy, olé olé), copia la directory dei minchiascritti, e zacchete, finito il lavorone; per quanto riguarda i giochi, classica roba che gira sotto DOS, che potrebbe girare pure da floppy, ma che come tanti AP inzicca sull’hard disk (almeno questo lo sa fare!) perché vanno un po’ più veloci e soprattutto non richiedono la danza del cambiafloppy in caso (uno solo, e gli fa fuori mezzo hard disk) siano belli massicci. AP ha detto che ci penserà lui. Finito tutto quell’ambaradan, guardo AP fisso negli occhi, tornando a metterlo a disagio.
Io: La prossima volta che ti trovi “immondizia” sull’hard disk, prima di chiamare a tuo cuGGino chiama me. Oppure lascia lì tutto come sta. E per i tuoi scartafacci, fai come tuo papà: ogni sera una bella copia su un floppy; tanto sono file di testo, ci stanno tutti.
AP: (Deglutisce.) Sì, sicuro.
Io: Guarda che non è assolutamente detto che i miracoli funzionino due volte!
AP: Sì, ho capito.
Il “sì sì” dell’asino o davvero ha capito? Me ne vado a casa col dubbio.
Ma più avanti ho la prova che ha capito sul serio; non si è più brasato l’hard disk per dar retta al cugino cuGGino. Mi ha chiamato per farmi vedere quella famosa “immondizia”: sono tutti i file di gioco del mappazzo da dieci mega, non cancellabili se non pregiudicando la funzionalità del gioco stesso. Glielo spiego, e lui annuisce, sollevato.


  1. “Floppy” in inglese vuol dire “moscio”. I flopponi-oni-oni da 8 pollici erano davvero mosci, quasi come fogli di carta tenuti per un singolo bordo; i flopponi da 5 e un quarto erano già più rigidi, data la riduzione di dimensioni; quelli da 3 e mezzo avevano una custodia rigida come un barotto, quindi non erano più “floppy” proprio per niente. ↩︎

  2. Serviva a visualizzare messaggi a video, ecché. ↩︎

mercoledì 13 ottobre 2021

I no-vax se ne facciano una ragione

Da questo articolo dell’Huffington Post1 si evince che l’Italia è subito dietro il Portogallo nella classifica dei paesi messi meglio riguardo al covid. Dopo una gestione abominevole, disastrosa, assolutamente riprovevole dell’emergenza in sé, alla fine ne stiamo uscendo alla grande – primi colpiti, primi a venirne fuori? Speriamo.
Ma grazie a cosa questo risultato?
Grazie al fatto che i no-vax piantano tanto bordello pure sui media, mettono in piedi manifestazioni violente a un passo dal terrorismo, urlano su tutti i toni – ma in definitiva sono quattro gatti spelacchiati. Cubano talmente poco sul totale della popolazione che ben l’80% degli italiani è vaccinato! Abbiamo riaperto le scuole, i mezzi pubblici sono sovraffollati come prima dell’emergenza, pian piano stiamo tornando a vivere normalmente o quasi, e non si sono registrati picchi del covid.
Del resto i vaccini, dal vaccino per antonomasia in poi, hanno sempre dimostrato di salvare molte più vite di quante ne mettono a rischio. Il rischio zero non esiste; ma non ti vaccini e rischi X, ti vaccini e rischi X/1000? Almeno l’80% della gente ha scelto il rischio minore, col vaccino per il covid. Ci sono ancora un po’ di indecisi da convincere, cercando di lenire i loro comprensibili timori, ma la popolazione nel suo complesso si sta mettendo al riparo alla grande.
Cari fanatici dell’antivaccinismo, mettetevelo in testa: non valete niente. Non sarà col vostro puttanaio mediatico, non sarà coi vostri attacchi violenti che riuscirete nel vostro bieco disegno di impedire all’Italia di tornare alla normalità!


  1. Testata che non sempre apprezzo; certe volte è abbastanza “fuffington”. Ma non in questo caso, perché questi dati sono confermati da numerose altre fonti. ↩︎

lunedì 11 ottobre 2021

Coerenza di un'ideologia

O anche: mancata attenta lettura dei libri di storia, perché si sa: la storia insegna, ma gli studenti non hanno un cazzo voglia di studiare.
L’ideologia – o idiozia? – di stampo neofascista è già malata di suo, e purtroppo per questa non hanno ancora scoperto il vaccino; ma, rifacendosi all’ideologia altrettanto malata di cui è figl pronipote – è più o meno passato un secolo dall’inizio del famigerato ventennio – si rivela anche tremendamente incoerente con essa!
Cioè, il partito fascista imponeva che chiunque volesse lavorare doveva farsi la tessera di partito. E i neofascisti sono contrari a questa menata del grìn pàs1, che pure non è molto diversa da quella puttanata praticamente secolare.
Insomma, l’unica cosa a cui mirano i neofascisti è salvare i loro miseri privilegi, in nome del cinico individualismo per cui sono ben noti. Di dimostrare un minimo di coerenza coi loro antenati spirituali non gliene può fregare meno.
Prima che sia troppo tardi qualcuno si decida una buona volta ad applicare la legge Scelba, quella del 1952 intendo! Altrimenti, questi continueranno a fare i vandali a oltranza con l’assoluta certezza di rimanere impuniti!


  1. Ho già detto in passato che questa è la classica minchiata messa su a cazzo di cane alla tradizionale maniera italiana; ciò non vuol dire, nella maniera più assoluta, che stia dando ragione ai neofascisti; la loro stessa esistenza è illegale, e inoltre si permettono pure di assaltare la sede di un sindacato per far valere la loro ideologia aberrante! ↩︎

venerdì 8 ottobre 2021

Giù di utOntaggini

Ancora una volta, cedo la parola a Ben11.

Prima di tutto, una doverosa precisazione. Qualcuno s’è stupito che Capo, tanto misericordioso con l’utOntume in amministrazione, abbia invece adottato due pesi e due misure con UtOntaScema, AltraUtOntaScema e UtOntoAncoraPiùTonto, cacciandoli via a scarpate in culo.
Domandona: ma ve li siete letti attentamente, i post che spedisco a Er Bestiassa? Non sono neanche troppo in italiaCano, dopo i suoi interventi di redazione! (N.d.E.B.: E ci mancherebbe!) Comunque, riepilogando dai post passati:

  • US l’ha proprio combinata grossa con quella faccenda dello zucchero;
  • AUS non so cos’abbia combinato, ma nella riapertura post-pandemiaonio e conseguente “ristrutturazione” (no, non è colpa di Capo: lui l’ha subita dall’alto, da parte dei proprietari della ditta, personaggi per noi avvolti in una cappa di mistero; lui è solo il misero direttore generale) se n’è andata con le pive nel sacco, quindi, se hanno deciso di tranciare proprio lei e non, che so, me o MagazziniereFactotum, qualcosa deve aver fatto di sbagliatissimissimevolissimo.
  • UAPT, arrivato su raccomandazione di chissà chi, pensava di fare il bello e il brutto tempo come cazzo voleva; solo che Capo, raccomandazioni o meno, non è di quell’avviso.

Insomma, col dubbio su AUS, si tratta di personaggi del tutto improteggibili (ehi, non prendetevela: ho letto “improteggibile” in un articolo tempo addietro, quindi se questo è italiaCano io l’ho solo scopiazzato!) e non scusabili; alla fine l’Uomo Misterioso e gli altri che sovrastano Capo da grande altezza hanno pure dovuto farsene una ragione, visto che Capo ricopre anche la carica di direttore del personale. Gli altri pirla in amministrazione finora non ne hanno mai combinate di così madornali, di porcate (ribadisco: col dubbio su AUS – ma sono quei casi in cui dove c’è fumo c’è pure l’arrosto, di solito).


Contabile colpisce ancora! E Contabilessa è lì che ghigna sotto i baffi virtuali… Piccola pezza di sicurezza da applicare al software di contabilità; tutto fatto, tutto andato liscio, e non è lì che Contabile è andato in palla come al suo solito. Mentre sto finendo le ultime prove con Contabilessa, sento lui che comincia a borbottare come una pentola di fagioli, poi mi guarda.
C: Ehi, non mi ricordo più la password per entrare su SitoDiCazziMiei. Mi puoi aiutare?
SitoDiCazziMiei è appunto un sito esterno, non roba nostra; ovviamente niente di illegale, eh.
Io: Come ho già detto altre volte, alla facoltà di Telepatia mi hanno scartato al test di ammissione, quindi non ho modo di hackerarti il cervello e ricuperare la password. (E Contabilessa è lì che ride come una matta.)
C: Ma infatti, ho fatto la procedura di ricupero e adesso mi fa delle domande di sicurezza. Ma cosa gli dico qui?
Io: Gli dai le risposte che avevi impostato quando hai creato il profilo su quel sito.
C: Porca vacca di quella troia, io mica mi ricordo cos’avevo messo lì. Mi puoi aiutare a farmi venire in mente a cosa stavo pensando in quel momento?
Tipico: “tanto la password mica me la dimentico” e le domande di sicurezza passano e vanno, poi, quando bisogna ricordarsi “Nome dell’animale domestico che avevi da bambino” e non si ha mai avuto un animale domestico durante l’infanzia, viene dura!
Io: Spiacente, non ho quei dieci yottabyte di storage a disposizione per farti il backup al cervello, quindi non ho modo di andare a ripescare il ricordo perduto per te.
Ca: Vedi se il sushi avariato non fa male al cervello. (Contabile è un patito del sushi, va detto.)
Contabile, imbarazzato, si gratta la testa con l’aria da “E mo’ come faccio?”, poi si dà una manata in testa che ancora un po’ si decapita da solo.
C: E che cazzo! Adesso mi è tornata in mente la password!
E torna alla home page del sito, per poi fare correttamente il login. Contabilessa mi guarda con un sorriso sornione.
Ca: Secondo me a quella domanda doveva rispondere “Sushi”…


Breve intermezzo divertente alla macchinetta del caffè – Bislakk ha perso la sua scommessa. UA3 è riuscita a impastrocchiare ben bene il tritadocumenti nuovo dopo pochi giorni, ficcandoci dentro un cartonaccio pieno di nastri adesivi e qualche altra schifezza, col risultato che i rulli di quella cernia, ahem, mi avete capito, si sono agglutinati oltre ogni possibilità di ricupero. (La difesa di UA3 di fronte alla brina sulle ciglia di Capo è stata “Ma non ci ho messo roba con punti metallici!” – ah, be’, messa così…) Così, il giorno dopo Bislakk è arrivato con un borsone, a un certo punto è andato in bagno… e alla pausa caffè ci ha deliziati tutti con un bello spettacolino da drag queen, facendoci cappottare dalle risate con le sue battute. E ha fatto in modo di farsi riprendere da quella webcam ancora in posizione, che non abbiamo mai tolto; mi sa che monterà un bel video da pubblicare sulla nostra intranet aziendale. Be’, sicuramente ci fa un effetto migliore di quanto sarebbe successo a me: io sono più brutto di Platinette (e ce ne va, eh), mentre lui come drag queen è fenomenale. E oltre tutto io non sono dotato dello stesso culo superiore… Finita ’sta gigionata, Bislakk va a cambiarsi e torna il solito sé stesso.
Nel pomeriggio, in ufficio, ricevo una chiamata da UA4.
UA4: Ciao Ben11. Ho un piccolo probl… (suono di qualcosa che cade rumorosamente a terra: un portapenne pieno, probabilmente) Oh, scusa, ho fatto su un disastro. Richiamo. Ciao!
Appena il tempo di sentire il mio saluto di risposta e riappende. Be’, sarà pure un po’ utOnta (sempre meno, eh), ma è molto simpatica ed è un piacere aver a che fare con lei. Voglio quasi proporre a Capo di metterla qui da noi, strappandola via a quella cricca di intolleranti in amministrazione – ma mi sa che non è fattibile.
La successiva chiamata piomba come da prassi sul butringo di Bislakk.
B: (dopo aver ascoltato; ha alzato la cornetta, quindi riesco solo a dedurre che la voce sia quella di UA4) Mica come l’altra volta, eh? (Ascolta.) Ah, bo’, direi che mi sembra un’altra cosa. ’Spetta che arrivo. (Posa.) È una cara ragazza, ma come fa tutte le volte a incasinarsi con ProgrammaPerPratichePazze? È l’unico di quei softwaroni che funziona bene!
Scrollo le spalle. PPPP è forse l’unico acquisto buono in quel marasma di software che hanno in amministrazione, per quanto la sua stessa esistenza, come quella delle pratiche amministrative che deve gestire, sia un insulto all’umana intelligenza; a Roma non ci hanno niente di meglio da fare che subissare le aziende di burocazzoneria inutile? Mah, il famoso UCAS funziona sempre a pieno ritmo! Bislakk prende e va da UA4.
Poco dopo, passa AmicoMio, mette il naso nell’ufficio, mi vede e mi fa un cenno.
AM: Caffettino?
Io: Volentieri.
La macchinetta del caffè non è tanto distante dall’ufficio di UA4. Mentre sono lì a sorseggiare il mio caffè e a cianciare del più e del meno con AM, sento le voci smorzate di UA4 e di Bislakk. Perché ho come l’impressione che non stiano parlando dell’incasinamento su PPPP? Vabbe’, B spara minchiate a nastro, quindi niente di diverso dal solito, ma è il tono di UA4 che… ahem.
Quando torno in ufficio, B è ancora di là; ma rientra poco dopo.
B: (canticchiando) Bacherozzo non andare via…
Pesta un po’ sulla tastiera, clicca col mouse un paio di volte, probabilmente invia una mail, poi alza lo sguardo e vede che lo sto osservando.
Io: Cos’ha combinato UA4 con PPPP?
B: Oh, è riuscita non sa neanche lei come a incappare in un simpatico bacherozzo che siamo poi arrivati a replicare e ho provveduto a segnalare a ProduttorePPPP. (In effetti la mail per conoscenza è pure arrivata a me; la scorro, per poi pormi domande non sul bacherozzo in sé, ma su come chiunque possa avere così tanta fantasia per scatenarlo. È come se mi dicessero “Sul modello di auto XYZ succede che se suoni il clacson mentre fai una derapata col freno a mano e il motore sta viaggiando a 3.512 giri esatti, e in più hai acceso i fendinebbia e sintonizzato la radio su 102.5, e il sedile anteriore del passeggero ha lo schienale del tutto abbassato, la centralina si pianta di botto e ti spegne il motore.”)
Io: Certo che ce ne va, a incappare proprio in questo bacherozzo.
B: Dai che ce lo giochiamo e facciamo una cinquina al lotto!


Non mancano le butringate assurde dall’esterno. Un utOnto è sempre un utOnto, anche fuori dal lavoro!
SuperCretidiota: (voce femminile, nasale e pretenziosa) Mi ripassi Policarpo. (Giuro: ha chiesto di un tal “Policarpo”, papale papale! 😮)
“Buon giorno” questo sconosciuto…
Io: Qui non c’è nessuno con un nome così assurdo. Forse ha sbagliato numero.
SC: No, non ho sbagliato numero. Mi ha appena chiamato lui proprio da questo numero.
Io: Decisamente improbabile, a meno che questo tizio non ci abbia hackerato la centralina telefonica per chiamare con un numero non suo.
SC: (già un po’ alterata) Cos’è, mi sta dando della deficiente, forse? Mi sono appena trascritta il numero; è questo per forza.
No, non ti sto dando della deficiente; te lo sei appena dato da sola.
Io: Un errore di trascrizione ci può sempre stare. (Funzione per richiamare un numero dalla lista chiamate, questa sconosciuta…) Può andare a rivedere la lista delle chiamate e verificare se non c’è stato un errore. Anzi, può direttamente richiamare quel numero da lì. (Ma che le spieghi a fare!)
SC: (alteratissima) Lei come osa accusarmi di aver sbagliato a trascrivere il numero? Non sono mica una scarpa ignorante del Burundi, io! Il numero è giusto, e lei come osa continuare con questa farsa? Veda di passarmi Policarpo, e in fretta. E poi voglio sapere con chi ho parlato.
To’, una padreterna. Suona male al femminile? Sapeste quanto suonano male le pretese da “Lei non sa chi sono io” da parte delle donne! A un uomo almeno potrei spaccare la faccia senza patemi d’animo. Poi, pure razzistella, ’sta rimbabbeonita; ma questo nel suo caso è il problema minore.
Io: Lei sta parlando con l’ufficio informatica di Nostraditta, e tanto le basti sapere. Se ha lamentele in proposito, parli direttamente con [qualifica, nome e cognome di Capo], al numero XXXXXXXXX.
SC: Ma come ufficio informatica di Nostraditta… Ma no, non può essere… (Butta giù senza né saluti né scuse.)
Bislakk mi guarda, incuriosito.
B: Ma che straminchia di nome assurdo cercava?
Io: (Con una scrollata di spalle) Policarpo.
B: E che è, un multipesce?
Giù risate.
Finita lì? No, dopo un momento arriva Capo con la faccia da “Chissà perché capitano tutte a me”.
Capo: Pensavo di scamparmela, io, dalle chiamate fuori di cuccuzza? Mi ha appena chiamato una che cercava un tal Carcalippo o sì che so io, e s’è poi stupita quando le ho risposto che sono il direttore generale di Nostraditta.
Io: Ma questa ci è o ci fa? O si fa? Ha appena chiamato pure qui. (E deve esserle entrato nel neurone solitario il numero diretto di Capo che le avevo dato appena prima, e che ha chiamato subito subitissimo pensando di parlare con quel multipesce…) Di talento per sbagliare numero due volte di fila ce ne va!
B: Mi sa tanto che è una che ha tanto bisogno di un… carcalippo!
Capo ride assieme a noi.
No, quella stordita non ha più richiamato, per (sua) fortuna.

mercoledì 6 ottobre 2021

E vai di utOntaggini

Ben11 colpisce ancora…

Mi chiedo se a volte lo facciano apposta – perché viene difficile immaginare che certa gente sia davvero così cretidiota. Eppure lo sono, lo sono…
UA1: La mail non va.
Io: (col bastardometro che comincia a girare) La tua frase non va. (E le indico l’ormai famosissimo cartello.)
UA1: Ma non va! Non esce! Il servo non me le vuole fare uscire!
Io: Scusa, non ci sono i sottotitoli in italiano, qui sotto, quindi riformula il tuo discorso. Che straminchia è il “servo”, per esempio?
UA1: Ma continua a mandarmi messaggi che non può mandare messaggi.
Tsè. Famo notte, qui. Dai, Ben11, vai a vedere sul posto cosa vuole ’sta stordita.
Ordunque, si tratta di tanti simpatici messaggi che il router di posta invia quando riscontra qualche errore di trasmissione del messaggio. UA1 deve inviare un messaggio a uno che battezzerò Tizio, e il cui indirizzo mai trascriverò così: tizio@mailfamosa.com, con enfasi sul .com, per un motivo molto evidente. Dunque, prima mail:

Da: ua1@nostraditta.it
A: nomesbagliato@mailfamosa.com
[...]

Errore di destinatario non trovato.
Seconda mail:

Da: ua1@nostraditta.it
A: nomesbagliato@mailfamosa.it
[...]

Errore di dominio non valido: mailfamosa NON ha il dominio .it, solo .com.
Lì, UA1 deve aver dato un calcio al neurone solitario risvegliandolo dal coma farmacologico, per richiamare Tizio e chiedergli come si scrive il suo nome (hah, è un nome banale, comune, che sanno scrivere anche gli analfabeti…). E poi è nata la terza mail:

Da: ua1@nostraditta.it
A: torinoimolazaraimolaotranto@mailfamosa.com
[...]

Errore, anche qui, di destinatario non trovato. Se non altro stavolta ha rimesso il .com dovuto.
Guardo fisso UA1 per un buon minuto, mettendola parecchio a disagio.
Io: Cioè, non solo non sei in grado di porre un problema in termini comprensibili, ma scopriamo che non c’è nessun problema!
UA1: Ma come, vedi cosa mi dice, che non escono!
Io: Ne riparliamo quando ti sarai decisa a scrivere giusto quel destinatario.
E la lascio lì piantata come un pioppo.
Per la cronaca: è poi andato AmicoMio, il nuovo assunto, a scriverle (sì, proprio a scriverle) l’indirizzo corretto, e a metterglielo sulla sua rubrica dei contatti visto che ha tutta l’aria di essere un contatto frequente.


Se va a corrente…
Spiegazioncina che ancora non ho fornito: quei 5 pirla che ci sono di là in amministrazione sono tutti gente anzianotta, quasi prossimi alla pensione anche se la quota 100 è diventata ormai quota Everest… comunque, a parte la sesta incomoda, quella poveraccia di UA4, che è molto giovane, gli altri sperabilmente nel giro di pochi annetti se ne andranno via dai cojonix, sostituiti da gente che dovrà passare sotto il tritatutto di Capo (e UA4 è sempre meno utOnta ogni giorno che passa: qualche pirlata ogni tanto la combina, ma pian piano sta imparando). Gli altri, be’, Capo non può cacciarli via a scarpate in culo: li ha tutti ereditati dalla vecchia gestione, quando c’era MDG, e ora se li deve tenere finché non vanno in pensione. Questo spiegone è dovuto, perché qualcuno mi ha già chiesto “Ma se questi sono così tanto utOnti e skassamaronix, perché Capo non li defenestra hic et nunc?” Ecco la risposta: non se l’è mai sentita. Bene o male le pratiche amministrative vanno avanti, questi qui non hanno mai combinato niente di illegale, e per il resto, vabbe’, stendiamo un velo pietroso.
Sia come sia. Chiamata da UA3, quella che in teoria dovrebbe occuparsi di gestire la loro bella stampante di rete, e ribadisco dovrebbe; ma per ordine tassativo di Capo noi non ci mettiamo il becco se non per questioni informatiche, che sono già tutte state risolte al momento dell’installazione.
UA3: Questa cosa qui non va! Vieni subito a vedere!
Io: ’Sta minchia in guazzetto. “Questa cosa qui” non vuol dire niente, e poi qui nessuno è il tuo schiavetto personale. (Sì, ci avevo già tutte le lune dell’intero sistema solare di traverso, per altri motivi. E, ribadisco, per quanto questi qui abbiano le spalle coperte per il posto di lavoro, Capo non li difende dalla loro utOntaggine e dalle mie reazioni alla medesima. Già: è tutto meno che un tipico mannagger, con le doppie volute…)
UA3: (brontola tra sé per un momento) Dai, per favore, Ben11, non farla tanto lunga, e vieni a vedere che ’sto coso non funziona.
Io: To’, “la cosa” ha cambiato sesso: è diventata “il coso”. (Bislakk mi rivolge un ghigno perfido.)
UA3: (in tono piagnucoloso) Ti prego, devo usarlo, vieni a dare un’occhiata almeno.
Niente, non ci si cava un ragno dal buco. Dai, Ben11, schioda il culo dalla sedia e vai a vedere, prima che questa ti faccia la minchia a polpettine in agrodolce.
Io: E vabbe’, adesso arrivo a vedere ’sta cernia1. (E riattacco sull’“Eeeeeh?” perplitoesso di UA3.)
La cernia in questione: il suo tritadocumenti. A quanto pare molto furbescamente (ma se glielo si chiede la risposta è invariabilmente, pure contro l’evidenza dei fatti, “Io non ho fatto niente.”) ci ha inziccato qualcosa con dei punti metallici e adesso “il/la coso/a” non va più né avanti né indietro. Ma non è roba che compete all’ufficio informatica, e glielo faccio notare.
UA3: Ma come, se è attaccato alla corrente!
Tunc, tunc, tunc. Porca merda, di nuovo le palle lì a rimbalzare sul pavimento.
Io: Anche la tua radiolina lì è attaccata alla corrente; non per questo è diventata magicamente un computer. Come non lo è il tritadocumenti. Quindi, come non ti riparo la radiolina se si scatafascia non ti riparo nemmeno questo: nessuno dei due è roba che compete all’ufficio informatica. Tanti saluti. (E la lascio lì piantata come un pioppo.)
E uno dice: ma potevi almeno farle un favore personale e ripararglielo lo stesso.
E io rispondo: non conosci UA3. Le dai un dito e lei si prende tutto il braccio, la spalla e pure metà del torace. Quindi, no, niente favori personali.
Com’è poi andata a finire: Capo in persona ha constatato la brutta morte di quel tritadocumenti, e visto l’esiguo costo di quegli affari l’ha sostituito con uno nuovo, accompagnato da un immenso cazziatone su cosa ci va dentro e cosa non ci va. Dopo la sostituzione, io e Bislakk ci siamo guardati con un ghigno.
B: Secondo me l’ha capita.
Io: Ma va’ là. I cazziatoni di Capo le entrano da un orecchio, gridano “C’è nesssshunoooo?”, ascoltano mestamente l’eco ed escono dall’altro orecchio.
B: Se non sfascia la cernia nuova prima di andare in pensione, stavolta ti impegni a vestirti da donna.
Io: Mi sa che toccherà a te fare la drag queen ’sto giro…


Chiamata da UA1. ’Sta stordita riesce a essere verbosa – fin troppo – solo quando deve dare la colpa a noi di qualcosa, anche se per metà mi sembra un incrocio tra il conte Mascetti e un cinese che sta tentando di parlare in aramaico.
UA1: umple-zumple-blablabla e poi l’altro giorno mi avete fatto l’aggiornamento a SoftwareDiMerda e oggi la stampante non funziona, grada-grada-blada-blada… (SoftwareDiMerda è una delle tante ciofecate di software praticamente inutili che hanno lì in amministrazione, e che paghiamo una sbordellata all’anno; ma sembra che CapaAmministrativaDeficiente non possa vivere senza quei software, e a quanto pare riesce a farseli rinnovare annualmente da Capo. Quanto a prenderne di nuovi, lui ha posto il veto: il compromesso è stato “Accontentatevi di quelli che già avete.” Roba per compilare in automatico un modulo che va via una volta all’anno e che forse sarebbe più economico avere sotto forma di PDF con campi modulo e farsi due conti con la calcolatrice. Ma certa gente in una vita precedente doveva essere stata assunta al celebre UCAS – Ufficio Complicazione Affari Semplici.)
Io: (in tono secco) Ferma lì.
UA1: Ma è vero! Mi avete aggiornato…
Io: (ancora più seccamente) Stop! Non andare oltre.
UA1: Rrrrrrrrrrr…
Io: Intanto, noi non aggiorniamo un tuboide di niente su SDM; fa tutto da solo. E poi, la stampante non c’entra un cazzo in civet; SDM manco la usa. (SDM è un’altra di quelle porcate che si aggiornano ogni tre per due, con lo stesso vizio irritante introdotto nel mondo da Micromorbido e scopiazzato da cani, porci, squali e pappataci. E questo anche se viene usato effettivamente, ripeto, una volta all’anno. Avevamo provato a bloccare gli aggiornamenti a monte, non facendolo passare per il nostro firewall aziendale; ma l’altra vaccata che hanno combinato, anche lì in perfetto stile Micromorbido2, sta nel fatto che ogni singola versione è a scadenza, e, tra l’altro, ancora peggio di MM, se si salta un aggiornamento poi bisogna chiamare l’assistenza per farselo sbloccare e aggiornare. Manco da dire che ho suggerito a Capo di non rinnovare il contratto a questi merdoni.)
UA1: Ma allora perché da quando mi avete fat…
Io: STOP!
UA1: Rrrrrrrrrrr…
Io: Ribadisco: concomitanza non vuol dire correlazione. SDM e la stampante sono due pianeti, ma che dico, due galassie diverse. Poi, per l’ultima volta: SDM si aggiorna da solo. Dai la colpa a DittaDelCulo che lo produce, non a noi. Ora, che messaggio ti dà quando tenti di stampare?
UA1: (rinunciando finalmente a caricare sulle nostre spalle colpe che non abbiamo) Non stampa.
Io: (aridaje! Siamo tornati alla sintesi estrema…) Si, vabbe’, ma che messaggio d’errore ti dà?
UA1: Eh, non stampa.
Io: Ma ti dirà perché non stampa, no?
UA1: Eh, mi dice errore.
Arrrrgh, datemi uno SRAU3!
Io: Senti, vai a vedere cosa ti dice il display della stampante.
Brontolando e mugugnando va a vedere; almeno, sento i suoi passi uscire dal suo ufficio e poi tornare.
UA1: Eh, lampeggia.
Io: (Arrrrrrrrrrrrgh! Datemene due, di SRAU!) Ma sul display cosa c’è scritto? (Uuuh, se è un messaggio più lungo di 3 caratteri non lo sa mica leggere…)
UA1: Dice “carta esaurita”.
Tunc, tunc, tunc. Fermatele prima che cadano oltre l’orlo del dirupo!
Prima che possa dare una risposta, però UA1 torna alla carica.
UA1: Da quando c’è stato quell’aggiorn…
Io: STOP! Secondo te, un qualsiasi programma che hai sul tuo PC c’entra qualcosa col fatto che la stampante ha esaurito la cornutissima carta?
UA1: (finalmente il neurone solitario le si risveglia dal coma farmacologico) Rrrrrrrrrrr… no.
Io: Ecco, allora, problema che non c’era risolto con una cura omeopatica. Ciao, tanti saluti.
UA1: Ma io come faccio?
Io: (Mi serve uno SRAU stile Browning!) Quello che fate di solito quando finite la carta. Prendi una cazzo di risma di carta, apri quella merda di cassetto della carta sulla stampante, ce la schiaffi dentro, richiudi e fine della storia! (Le riappendo sul muso.)


  1. Roba fuori dalla comprensione di UA3, ma l’ho lasciata lì senza fornirle la spiegazione: se vuole vada a leggersi qualcosa di zoologia, in particolare sulla caratteristica più nota delle cernie, che a un certo punto della loro esistenza cambiano letteralmente sesso. ↩︎

  2. Avete mai provato a non aggiornare Finestre all’ultimissima pezza che se non la si mette gli acar hacker russi fermano la rotazione della Terra? Succede che poi il PC non si connette più in rete, non stampa più, tre quarti delle sue funzionalità sono disabilitate, e allora bisogna cedere e installare quella roba. ↩︎

  3. Strumento Regolazione Atteggiamento UtOnto: versione italiana del celebre LART. ↩︎

martedì 5 ottobre 2021

Prove di apocalisse (per i webeti)

Ieri per circa sei ore sono andate giù le socialfogne.
Hrumpf: io manco me n’ero accorto, visto che di tutto l’ambaradan ho solo Uozzappo e lo uso sporadicamente; però ieri ho visto un mucchio di facce sperse. Facce di persone che manco sanno distinguere Internet dai suoi contenuti, e che hanno strepitato che “Internet è giù”; ma a essere andate giù sono solo le socialfogne, e solo quelle sotto il diretto controllo della Madre di Tutte le Socialfogne, lo Zuckabuco.
Breve accenno di tecnicume, assolutamente prescindibile: parrebbe che i server dello Zuckabuco, che ovviamente controllano tutto quello che questa socialfogna ha divorato negli ultimi anni, abbiano perso per un po’, a seguito di un aggiornamento fallato1, la capacità di risolvere i DNS: come se un postino per un po’ avesse visto svanire ogni targa, numero civico e altre indicazioni nella sua zona di lavoro. Anzi, peggio, perché magari il postino conosce la zona a memoria e non ha bisogno di indicazioni; i sistemi informatici invece non hanno questa capacità.
Comunque: panico, panico. Internet è giù, ma come facciamo, ma non si può. Poi becco il webete di turno che mi guarda e mi chiede: “Ma tu come fai a essere così tranquillo? Internet non funziona più!” Al che io gli faccio vedere che navigo tranquillamente, che vado sui siti dove accedo di solito, che riesco a cercare quello che voglio su San Google, che non ho il benché minimo problema esistenziale, e quindi Internet funziona perfettamente. E lui: “No, non funziona niente! Non riesco ad andare sullo Zuckabuco! Non riesco a usare Uozzappo!” e bla bla bla. La mia risposta: “Internet non è lo Zuckabuco. Lo Zuckabuco è solo un semplice contenuto di Internet. Siccome io non ho profili sullo Zuckabuco né su nessun’altra socialfogna, per me Internet funziona come ha sempre funzionato.” Cioè, per lo più di merda, ma ha sempre funzionato così, e non gliel’ho specificato. Tanto, questo era già partito per la tangente e ha proseguito: “Ma adesso come si fa?” Io gli ho detto di aver pazienza, specificando che forse lo Zuckabuco aveva problemi sui suoi server e che prima o poi si sarebbe tutto aggiustato.
Quod erat demonstrandum, dopo circa sei ore è tutto tornato magicamente a posto – che peccato; avevo quasi sperato che le socialfogne andassero finalmente a scatafascio; e vabbe’. La cosa positiva è che il fondatore dello Zuckabuco, il signor Zuck-eccetera, ci ha rimesso dei soldi. Peuh, sei miliardi di dollari statunitensi: il reddito di, mah, ventidue millisecondi per lui; comunque ce li ha rimessi.
Dopo, si sono scatenati i meme su questa faccenda: bufale.net ne ha raccolti alcuni in questo post. Troppo epico vedere come qualche troll è riuscito a far fare a tutto questo webetume rampante una figura di merda del genere, oltre a rigirare il coltello nella piaga della figura escrementizia che si è fatto lo Zuckabuco.


  1. E una volta o l’altra dedicherò un post pieno di tecnicume a questa mania che hanno tutti i produttori di software attuali di vomitare aggiornamenti come se piovesse, senza minimamente testarli, non solo costringendo l’utenza a passare più tempo ad aggiornare la tecnologia che a usarla effettivamente, ma anche a trovarsi improvvisamente in situazioni in cui non funziona più un cazzarola di niente. ↩︎

mercoledì 29 settembre 2021

Distruzione di una lingua millenaria

Come fu che Dante, Boccaccio e Petrarca si misero a girare all’impazzata nelle loro tombe provocando terremoti di magnitudo 6 o più in centro Italia.
Stiamo ben ben massacrando la nostra lingua millenaria, più che altro in nome di mode assurde e di sindrome da guerrieri della giustizia sociale; ormai solo più a scuola pretendono che si scriva con un certo criterio, e fuori da lì tanti saluti. Insomma:

  • Tutti i termini in inglesano1 che ultimamente stanno spopolando, spess sempre traducibili in italiano se sono parole che hanno un senso, e se non lo hanno possono tranquillamente essere evitate. Anche il bombardamento mediatico, tra pubblicità allucinate e “giornalismo” da strapazzo, ci sta sommergendo di quei termini. Ma possibile? Ma davvero siamo così italofobi, ultimamente? Ma davvero si ritengono preferibili stronzate in una lingua che forse lo 0,01% della popolazione capisce, e tanti di questi a modo loro, anziché termini in italiano corretto?
  • Termini femminilizzati a forza bruta, orrendi da sentire, che storicamente di genere femminile non sono mai stati e che non sono femminilizzabili: “la sindaca”, “la ministra”, “l’assessora” e altri obbrobri del genere. Bene, passi per “la presidente”, termine invariabile, “la senatrice”, “la deputata”, termini che possono essere trasposti al femminile; ma basta così! Poi, coerenza di questa gente: “dottoressa” è ritenuto offensivo, e bisogna dire “il dottore”. Orco boia!
  • Contemporaneamente, sembra che la particella pronominale “le” per riferirsi a una persona di sesso femminile stia totalmente cadendo in disuso. “Ho chiamato mia sorella per dirgli […]”, “Mia mamma mi ha detto che gli hanno rubato […]”. Gli? A tua sorella / tua mamma? Ma stiamo scherzando? Questo per il mio prof pistino delle superiori era un erroraccio da penna rossa, e la recidiva voleva dire un bel 4 nel tema! Adesso, anche gente che dovrebbe – condizionale d’obbligo – conoscere la lingua italiana, perché magari la usa per lavoro, utilizza gli a prescindere.
  • C’è anche questa battaglia senza senso contro il plurale generico che finisce con la desinenza maschile -i. Così si vede l’obbrobrioso asterisco a fine parola che impazza sul web, e di cui ho parlato nella mia paginetta su italiaCano & C., che non solo sembra un colpo di pistola sparato lì nella pagina, se usato a cazzo di cane come in questa maniera, ma non si sa neppure come pronunciare, a meno di non piantare uno scarracchione ogni volta che ci si prova. Ma, ancora peggio, sta prendendo piede la mania di un carattere chiamato “schwa”, che mi immagino sia una contrazione di “schifezza immonda”; devo ancora vedere uno schwa maiuscolo, ma quello minuscolo sembra una e cappottata, e a colpo d’occhio è faticosissimo da distinguere da una a minuscola: mica sempre riesci a capire, anche a seconda della famiglia di caratteri utilizzata, se c’è la gambettina oppure no. E la pronuncia? È fuori dalla portata di buona parte della popolazione italiana, che non sa nemmeno pronunciare la ö e la ü dei tedeschi o i praticamente identici suoni in francese, rappresentati in questo caso, rispettivamente, dalle lettere eu e dalla lettera u senza altre vocali insieme. A questo punto, meglio tenersi una lingua imperfetta così com’è anziché cercare rimedi che sono peggio del male!

Cioè: la lingua italiana che s’impara a scuola esiste ancora fuori dalla didattica? O pian piano sta venendo abolita? Mah. A questo punto tanto vale lasciar perdere l’italiano e metterci a parlare in klingon stretto.


  1. vedere la mia paginetta su italiaCano & C. per la definizione ↩︎

lunedì 27 settembre 2021

Sulle socialfogne

Magistrale analisi di Cory Doctorow, riportata in questo post del Disinformatico, sulla Madre di Tutte le Socialfogne.
Poi tanti che mi conoscono si stupiscono che io risponda seccamente di no quando mi invitano a farmi un profilo su una socialfogna. Ma dai, aumenti la visibilità, entri in contatto con un mucchio di gente, bli, blo e bla.
Non ho mai cercato visibilità in vita mia, e quanto alle persone con cui si entra in contatto è molto probabile che siano webeti all’ennesima potenza, con enne ormai appena sotto a infinito.
No, niente socialfogne per me; l’articolo citato sopra per mè non è che la più recente delle innumerevoli conferme ricevute negli anni a quanto già sapevo. Anzi, comincio a fare mia una crociata già portata avanti da altri – e con la stessa altissima probabilità di trovarmi a urlare nelle orecchie dei sordi: sono un fervente sostenitore di qualche legge europea che ogni stato dovrà poi attuare, riguardante la chiusura immediata delle socialfogne, o quanto meno il divieto di utilizzarle nei confini stabiliti dalla legge di attuazione del proprio stato. Drastico? Forse. Ma è evidente che di danni le socialfogne ormai ne hanno combinati troppi perché si possa pensare soltanto a porre loro qualche vincolo che finirebbero per ignorare bellamente.
Già, qualcuno mi ha fatto notare che se s’imponesse un divieto di usare le socialfogne entro i confini degli stati europei sarebbe tutto un proliferare di VPN puntate su stati asiatici o roba del genere. Ma io mi chiedo quanto un’operazione del genere sia alla portata del webete medio.

mercoledì 22 settembre 2021

Lavoro? No: schiavismo

Poi ci si lamenta che ah, ’sti giovani d’oggi non vogliono lavorare, che la gente è fannullona, che fanno tutti la fila per il reddito di coglionanza in modo da ricevere soldi a fare un cazzo, bla bla bla.
Sfoglio giornali e siti di annunci alla sezione “Lavoro” e mi trovo delle porcomaialate inverosimili.
Barista a ore serali 6 sere su 7 (la settima è il turno di riposo del bar, e non è di domenica), a 2 euro all’ora.
Banconista presso un magazzino con orario di lavoro 8 ore al giorno per 6 giorni più mezza giornata alla domenica a 400 euro al mese.
Oh, già, poi cercano i rider, quelli per i vari glovomito o delimerdoo o roba del genere: pagati una minchietta ogni consegna, perennemente sulla strada a rischiare di farsi tirar sotto, senza diritto all’assistenza sanitaria, alla pensione e quant’altro.
Commessa presso attività in centro commerciale, a turni sei giorni su sette dieci ore al giorno, per 500 euro al mese.
E potrei continuare fino alla morte dell’Universo a citare gli annunci dei nuovi schiavisti! E per forza che poi non trovano un cane morto che voglia andare a lavorare per loro!
Dunque, adesso arriviamo alle richieste utopiche, sia mai che non nasca un governo degno di questo nome che non le consideri utopiche:

  1. Ripristino del tetto massimo di 40 ore settimanali di lavoro, che sembra essere stato abolito negli ultimi tempi;
  2. Istituzione di un tetto minimo di stipendio come hanno in altri stati europei; e pensate che la Francia, uno degli stati col tetto più basso, prevede circa 1600 euro di stipendio minimo mensile! E, repetita juvant, sono tra i più bassi!
  3. Fundis in dulcio (ahem, mi avete cappisciuto, vero?) abolizione di quel reddito di minchionanza; ma prima devono essere applicati i punti 1 e 2.

(Tsè, ma quando mai. Faccio prima a mangiarmi la Luna…)

martedì 21 settembre 2021

Paccate di utOntaggini

Altre storielle di Ben11.

Questa utOntaggine risale ai primi tempi in cui lavoravo per questa ditta; ero un giovane di belle speranze (tsè!), la ditta non era ancora sotto le sgrinfie di Capo, che all’epoca era solo ViceCapo, e aveva un’impostazione un po’ diversa; io ero il giovincello della situazione, l’informatica era quella che era (ci avevamo un mainframe enorme ma con la potenza, rispetto agli hardware attuali, di un sorcio bollito, e tanti bei terminali; e già allora cominciava a essere era obsoleto) e a dirigere (parola grossa!) la ditta era un borioso figlio di mignotta con la puzza sotto il naso che chiamerò Mega Direttore Galattico – e con quel tipo un po’ Fantozzi lo eravamo tutti… Comunque, l’utOntaggine in questione non è nemmeno informatica, e fu poi quella che determinò il successivo corso (e il successo) della ditta; già, perché sotto MDG si rischiava di cappottare, e di brutto. In parte fu anche colpa mia, ma poi alla fine della fiera non tutti i mali vengono per scuocer nuocere.
Ordunque. Non so sulla base di quale logica, ma a un certo punto appioppano al mio caporeparto – quello di cui io finii per prendere il posto, più avanti: uno che di informatica ne sapeva come io di ermeneutica dei testi religiosi bizantini… – un faldone da portare giù, nella sezione del magazzino destinata ad archivio. Lui me lo scaglia sulla scrivania, mentre ero lì che stavo bestemmiando con un simpatico programma in COBOL scritto da una vacca ubriaca sotto la pioggia che alla fine ho poi dovuto riscrivere da capo senza salvarne nemmeno una virgola.
CapettoNonInformatico: Porta giù ’sto coso in archivio.
Io: (tentando una simbolica protesta) Ma, veramente ci avrei da sistemare ’sta merda di programma entro stasera, sai com’è.
CNI: Muoviti!
E io, il pivello della situazione, ingoio il rospo, prendo quel merdosissimo faldone e scendo in magazzino, con l’idea di appiopparlo a MagazzinierePirla (il predecessore di MagazziniereFactotum, ormai vicino alla pensione) e tornarmene su. Tsè: MP come al solito è disperso chissà dove, e sulla sua scrivania sono posate montagne di roba che dovrebbe mettere via. Bene, vai fino a quelle file di scaffali giù in fondo adibite a deposito di scartoffie destinate a metter la muffa, leggi (a cazzo di cane, com’è risultato in seguito) la sigla riportata sul faldone, piazzalo in quella che ritieni sia la posizione corretta, bestemmiando perché devi incunearlo tra altri due faldoni a forza bruta, e tornatene su a tirar cristoni su quella COBOLcagata. Faldone dimenticato dopo più o meno tre secondi e mezzo; basta, fine della storia, e CNI non mi ha più skassato i maronix per il resto della giornata.
Evoluzione della situazione, qualche settimana dopo. Marca malissimo per MDG, che piglia il personale a pesci in faccia molto più del solito e ci manca poco che scateni una rivoluzione aziendale. Di straforo, ascoltando un mucchio di voci di corridoio, vengo a dedurre che MDG si è cacciato in Guai Legali con le maiuscole; rischia di rimetterci la cadrega. Per caso mi ritrovo vicino al suo ufficio e lo sento a un certo punto dare in un grido di esultanza, trionfo, perfino, mentre ne sta parlando con la sua segretaria. Sembra che ci abbia l’asso nella manica per riuscire a ricattare qualcun altro e salvarsi in extremis… humpf.
MDG: Vai a prendermi giù in archivio il faldone siglato [sigla del faldone], così li inculiamo ben bene.
La segretaria esce. È una tipa decorativa, ci mancherebbe, alta, con due gambe lunghissime, due tette da favola, un viso da fotomodella sempre ben truccato; ma i suoi pregi finiscono lì. Unisce un’utOntaggine da paura con una puzza sotto il naso da far sembrare le VIP più altezzose delle dolci e timide fanciulle. Non mi degna di mezza occhiata: per lei “quel pazzo del compiùter” (sì, lo scrive proprio così, quando deve scriverlo) è solo un elemento del paesaggio. Comunque va in magazzino. E ci resta per un tempo spropositato. Io stavo finendo di bestemmiare con un terminale scassato in un ufficio di fianco, quando infine S torna su, l’aria sconsolata, e va da MDG.
S: Non lo trovo mica quel faldone laggiù.
MDG: (in tono incasperato, cioè insieme incazzato e disperato) Ma come! Ma vai a vedere di nuovo! Quel faldone deve saltar fuori! (Sottinteso: oppure tu salti fuori dalla porta, perché è tutta colpa tua…)
S torna in magazzino, risale a mani vuote, quasi piangente.
S: Non c’è proprio! Non è che lei l’ha ripreso e ce l’ha qui da qualche parte?
MDG: Come osi insinuare che sia io a far casino qui! Muoviti! Quel faldone deve saltar fuori! (Il disco s’è incantato…)
S, in lacrime, riparte. Gira tutta la ditta; passa pure da noi e si becca una rispostaccia da CNI; ma niente, quel faldone non ne vuole sapere di farsi vedere.
Risultato: S viene rimansionata e spedita a occuparsi di pratichette del quaraquaz in un ufficetto (no, a quei tempi non avevano ancora ucciso a pugnalate il famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori, e S non poteva venir licenziata solo perché un faldone di cui lei tra l’altro non sapeva niente era sparito.) e per vari giorni, sempre incasperato, ma ormai più sul lato della disperazione, MDG imperversa in ditta rendendo la vita impossibile a tutti, tanto che tutti quanti in poco tempo abbiamo già pronte le nostre lettere di dimissioni. E niente, quel faldone non risponde all’appello. Certo doveva contenere documenti in grado di permettere a MDG, usando l’arma del ricatto, di far abbassare il tenore delle accuse nei suoi confronti: immagino io, ma non ho mai visto il contenuto di quel coso.
E un bel giorno arrivano i piedipiatti, entrano nell’ufficio di MDG e pochi istanti dopo se lo trascinano dietro ben ammanettato e con un muso lungo fino al pavimento.
Roba da stappare subito una bottiglia di prosecco di Valdobbiadene millesimato DOC!
E più o meno l’abbiam fatto: quando ViceCapo è divenuto Capo, l’abbiamo ben ben festeggiato; è un amministratore con le palle e soprattutto è molto più alla mano di quell’altro.
Comunque, epilogo della faccenda: è qui che le mie palle hanno cominciato la loro lunga carriera di rimbalzatrici sul pavimento. ExSegretaria si ritrova a parlare di quel vomito acido di faldone con CNI, e a lui balza di colpo in mente che forse era quello che aveva appioppato al pivello di turno da portare in magazzino. Così poi le gnagne di ExS me le subisco io, al punto che accetto di seguirla in magazzino e fino alla sezione Deposito Pratiche Perdute… E a me torna in mente dove avevo ficcato quel faldone, la cui sigla non mi è rimasta impressa, ma mi soffermo a guardare ExS che punta un buco vuoto sul ripiano sottostante (dettaglio molto importante, questo), poi si allontana, va a vedere sulla scrivania di MP, torna, guarda sul pavimento, gira e rigira come un’anima in pena.
ExS: Ma dove cazzo l’hai ficcato, allora?
Io: (comincia a girarmi il bastardometro) Qui in archivio. Ma non sono certo responsabile se qualcun altro dopo è venuto a prenderlo: non passo le giornate in magazzino a tener d’occhio uno stupido faldone. (E il faldone in questione è lì che ci guarda da dove l’avevo inziccato io, e da dove non s’è mai mosso: s’è addirittura accumulata polvere che indica chiaramente che nessuno ci ha messo le mani.)
ExS: Qui avete causato un mucchio di casini per niente! Per colpa vostra MDG è stato silurato e qui le cose vanno di male in peggio! (Il nuovo Capo non la vede molto di buon occhio, eh.) Tarapia tapioco e se fosse Antani anche per due…
Io: E perché, volevi così tanto bene a MDG?
ExS: Era uno stronzo, ma però (sic! E poi sono io quello che si esprime in italiaCano…) io ci sono finita di mezzo e la supercazzora brematurata con scappellamento a destra…
Io: (e il mio bastardometro gira sempre più veloce) Ma non è questo faldone qui? (Lo indico.)
ExS lo guarda, poi il suo viso si fa tutti i colori dell’arcobaleno, per finire sul rosso.
ExS: Ecco, vedi, me l’avete messo nel posto sbagliato, e io non l’ho più trovato, e la ciumfarimfa spippolizzata della gazuppa bopperonia…
La guardo per un bel momento con un ghigno beffardo.
Io: E vabbe’, magari la sigla è stata letta male e il faldone è stato messo nel posto sbagliato, ma non ti è mai saltato in testa di alzare lo sguardo di sessanta miseri centimetri? Cioè, questo faldone da qui non s’è mai mosso; non ci voleva tanto. (Tunc, tunc, tunc: ecco le palle all’inizio della lunga serie di rimbalzi sul pavimento…)
ExS: Eh, ma… (Rimane lì impappinata, stavolta viola in faccia.)
Io: Cioè, casini mostruosi – benvenuti, dal mio punto di vista, ma io sono un grosso signor Nessuno – per un errore di sessanta fottutissimi centimetri? Manco da muovere la testa: bastava alzare gli occhi. Ah, be’, lì non c’era un poster di FamosoDivoD’antan nudo, quindi tutto questo ripiano staccato dall’altro di sessanta cornutissimi centimetri è del tutto invisibile per te. (Ci ha poster di FDD dappertutto nel suo ufficetto…)
ExS è più paonazza di una melanzana, ormai. Se ne va a sguardo basso, e io me ne torno ai miei doveri con l’informatica del periodo.
Finisce poi che Capo mette le sgrinfie su quel faldone e, pratica per pratica, senza nemmeno guardarle, le ficca in uno dei primitivi tritadocumenti che avevamo a disposizione. Occhio non vede cuore non duole, eh? ExS di lì a poco ha rassegnato le dimissioni e di lei non abbiamo mai più sentito parlare.


Chissà come, chissà perché hanno convinto Capo a prendere uno stagista, roba che qui da noi non s’era mai vista prima. Devono aver proprio piatito Capo di brutto per riuscirci. E soprattutto non devono avergli fatto vedere in anteprima di che elemento si trattasse, se no col cazzo in carpione che Capo l’avrebbe accettato. Si presenta ’sto tipo a tamarraggine totale, coi pantaloni alla scagazza1, felpa color verde putrido col cappuccio rigorosamente sollevato sulla testa, snicker di colori che sono un pugno in un occhio, occhiali da sole che non si è tolto nemmeno all’interno finché il suo tutor non l’ha ripreso un po’ bruscamente. La pretesa del tutor: ’sto rimbalubito dovrebbe farsi tre mesi di stage passando un po’ di tempo qui, un po’ di tempo là, imparando tutti i mestieri all’interno della nostra ditta (ma questi qui se le sognano di notte, ’ste utopie irrealizzabili?) per poi stilare la doverosa relazione di fine stage (coooosa? Ma se manco sa scrivere, ’sto troglodita!). Di fronte a ’sto cumulo di stronzate ho letteralmente riso in faccia al tutor, lasciandolo lì di sasso. Ma vabbe’, ecco l’ennesima palla al piede per la ditta…
StagistaCretidiota viene per prima cosa spedito al reparto amministrativo, e viene nominata UA4 per fargli vedere le cose. Solo che di lì a dieci minuti vediamo UA4 in lacrime andare da Capo a implorarlo di toglierle “quel bastardo intollerante” di dosso (sì, ero nelle vicinanze e ho sentito queste esatte parole). Capo – già abbondantemente deluso da quel poco che aveva visto di SC – va a indagare in amministrazione. Viene fuori che CapaAmministrativaDeficiente, la caporeparto del settore amministrativo (che non c’è quasi mai, perché ci ha sempre questo o quell’altro impegno inderogabile, ma quando c’è combina qualche disastro) aveva inizialmente assegnato SC a UA2, ma quello ovviamente ha piantato pista perché lui ci ha da lavorare e non ci ha tempo per seguire uno che ci ha ancora il moccio al naso. UA1 sulla stessa falsariga ha rifiutato; UA5 manco da considerare per queste cose, così la patata bollente è passata a UA4. Guarda caso quando Capo ha detto a CAD di pigliarsi lei in carico SC lei ha subito messo le mani avanti, affermando di dover uscire di lì a poco per umpa zumpa babadrumba.
Capo, non sapendo che farsene di SC, a quel punto lo dirotta a noi (e non è un’occhiata maligna quella che ci rivolge con un mezzo occhiolino perfido?). Bislakk per il momento lascia la patata bollente a me, visto che sono io il caporeparto informatico (cioè, sono capo solo di B, eh). Mi piazzo davanti a SC, che ha i suoi begli auricolari Denteblù ficcati nelle orecchie, e per prima cosa gli tolgo il buzingo di mano e glielo spengo. Mi guarda spaesato.
SC: Ma… ma come… (Vorrebbe fare l’arrogante, ma il mio aspetto, e soprattutto il mezzo ringhio a cui ho atteggiato la bocca, non sono poi troppo rassicuranti.)
Io: Ahò, non sei qui a scaccolare i gatti. Qui il coglionofono rimane spento, prima di tutto, e poi si lavora. Sai come s’installa Finestre10 su un computer? (Tsè: la lunga sequenza di avanti-avanti-avanti-…-fine forse è troppo complicata per lui.)
SC: Eh, ma certo che lo so, lo sa anche mio fratello di undici anni. (Tsè, tua nonna in triciclo.)
Io: Eccellente. Guarda, lì c’e un portatile a cui ho brasato il disco, ma ancora non ho avuto tempo di installarci Finestre. Su questa chiavetta c’è Finestre. È tutto tuo.
Borbottando come una pentola di fagioli, SC prende di malagrazia la chiavetta e si avvicina al portatile in questione: un ciofecotto da 400 euro, rimediato per vie traverse, a nostra disposizione per esperimenti di vario genere; ed è vero che gli ho formattato il disco. SC rimane lì imbambolato per un bel momento, poi, quanto meno, si decide ad aprirgli il coperchio; poi rimane ancora lì a fissare il monitor spento.
SC: Ma non funziona.
Io: Ma hai provato, che so, ad accenderlo?
SC: (con lo sguardo di una mucca di fronte a un alieno) Accenderlo?
Io: Sì, sai com’è, le apparecchiature che funzionano a elettricità vanno accese, qualche volta.
Il concetto gli è del tutto estraneo; intuisco che non spenga mai il suo buzingo – e quando gli toccherà di riaccenderselo chissà cosa combinerà. Si mette a smanazzare sul portatile, e (per puro culo, mi sa) riesce a schiacciare il tasto di accensione. Il carciofone prende vita, e ovviamente gli dà un bel messaggio Missing operating system. Rimane lì imbesuito, tornando a guardarmi come un pesce rosso di fronte al gatto che sta per papparselo.
Io: Ma non le sapeva fare tuo fratello undicenne, ’ste cose? Magari devi farlo partire con la chiavetta infilata, così ti parte l’installazione di Finestre, non trovi?
Col neurone solitario che frulla, SC riesce dopo un lungo esame a togliere il coperchietto alla chiavetta, a scoprire un connettore USB sul portatile, e a tentare di inserire la chiavetta, chiaramente alla rovescia, forzando come un matto. Dai che prima o poi sentiamo crac. La chiavetta gli cade, lui la riprende, stavolta per puro culo girata nel modo giusto, e riesce a infilarla. Dopo un altro luuuuuuungo intervallo, gli entra nel neurone che deve spegnere e riaccendere la macchina, e per qualche miracolo si ricorda cos’aveva toccato quand’è partito, così riesce a far ripartire il tutto, e il sistema rileva la chiavetta e parte con quella bella schermata blu notte di Finestre10 dove ti chiede di procedere per installarlo. SC si arrovella per un bel momento, poi mi guarda.
SC: Ma qui come si fa ad andare avanti?
Non mi cascano le palle solo perché già me l’aspettavo fin dal principio.
Io: Magari fare un clic su “Installa”, forse?
Lui mi guarda come una rana abbagliata dalla torcia del pescatore di rane. Si riscuote, e comincia a stoccazzare sullo schermo, ovviamente senza risultato.
Io: Quel coso è una ciofechetta economica, e non ha lo schermo a tocco; devi usare il touchpad lì davanti alla tastiera.
Stesso sguardo di prima; ma stavolta il neurone gli è definitivamente andato in loop infinito.
Io: Lasciamo perdere, va’. L’informatica non fa per te; vai da Capo.
Si allontana mugugnando, e bestemmiando perché (Q. E. D.) non sa come minchia fritta si riaccende il buzingo.
Bislakk mi guarda con un mezzo ghigno.
B: Chissà se è in grado di tirarsi seghe da solo.
Io: Tanto non troverà nessuno che pensi alla sua seconda testa.
Giù a sghignazzare.
Risultato: SC dapprima viene spedito in magazzino, dove MagazziniereFactotum più o meno lo sopporta per 5 minuti di orologio, poi viene mandato in produzione (noi Quelli Della Produzione sappiamo soltanto che esistono; il loro sistema è totalmente autonomo e viene gestito dai tecnici del nostro fornitore di apparecchiature) e lì lo tollerano per ben 7 minuti, sì, di orologio. Contabile e Contabilessa dichiarano chiaro e tondo che non sanno cosa farsene di uno così, ancora prima che entri nel loro ufficio. Stessa roba anche nell’ufficio dove sono radunati vari utenti-non-utOnti dalle mansioni più disparate (commerciali, più che altro), i nostri soliti compagni di pausa caffè: non vogliono un elemento del genere in mezzo ai piedi. Più o meno a metà mattinata, Capo fa una telefonata, e poco dopo il tutor di SC piomba lì con tutta la tracotanza di ’sto mondo, asserendo che il ragazzo è in gamba, che noi dovremmo valorizzarlo di più, e tutta ’sta valangata di cazzate che quei personaggi s’inventano sempre. Capo lo guarda con la brina sulle ciglia, poi interviene.
Capo: Non abbiamo certo bisogno di uno che si permette di offendere a morte una delle nostre impiegate, che non sa fare una O con un bicchiere in nessun campo e che se ne sta lì ad ascoltare “musica” tunz-tunz tutto il tempo senza fare nient’altro. Questa è una ditta seria, non un centro di ricupero per ragazzi fannulloni. Quindi ritiro in questo preciso momento la nostra disponibilità ad accogliere stagisti, da qui alla fine dell’Universo.
Capo è uno che non le manda certo a dire. Il tutor non può fare altro che ramazzare SC e andarsene a orecchie basse e con la coda tra le gambe. Io sono lì che ciondolo per assistere agli sviluppi della situazione.
Io: Chissà se quel tutor si è reso conto che sta tentando di difendere l’indifendibile.
Capo: (con aria analitica) La sua perdita di enfasi alla fine della sceneggiata sembra indicare che non è tutto scemo. Ora sì che mi ci vuole un bel caffè.
E senza più pensare a SC ce ne andiamo alla macchinetta.


  1. Mi riferisco a quegli orrendi pantaloni con la vita all’altezza del cavallo e il cavallo all’altezza delle caviglie, che costringono chi li indossa a camminare stringendo il culo come se cercasse di trattenere un palo liscio con lo sfintere anale. Ed ero convinto che fossero passati di moda ormai da anni! ↩︎

lunedì 20 settembre 2021

E vai di spam

Normalmente i commenti spammosi che ricevo vanno a finire direttamente nell’antispam, e buonanotte al secchio. Anche questi due ci sono finiti, ma ne parlo perché questo tipo, chiunque sia, mi ha quasi fatto pena. Quasi, eh: non abbastanza da farsi pubblicare questi commenti, se non come citazione in questo post, né da andare a vedere il suo blog.
Primo commento: Beautiful blog.
Cioè, non parli la mia lingua, non hai capito una cippa di quel che c’è scritto – o meglio, visto che non è nella tua lingua non ti sei nemmeno preso la briga di leggerlo – e vieni a dirmi che il mio blog è beautiful.
Mah.
Secondo commento, arrivato esattamente un istante dopo: please read my post.
Ed ecco dove va a mungere in cerca di visibilità. Poverino. Per quello che dico che mi ha quasi fatto pena. Ribadisco: non abbastanza da concedergliela, questa visibilità.
Caro mio, la tetta della visibilità è disseccata, con me. E poi vai a mungere da gente che non parla la tua lingua, e dei cui blog non capisci una beata minchia? Sei proprio un bell’esempio di pollo!

giovedì 16 settembre 2021

UtOntaggini a nastro

Altre storielle di Ben11.

Notiziola che ci rallegra: sono bastati pochi giorni e il mio amico, di cui parlavo qui, è stato preso in via definitiva. Solido lavoratore, impara in fretta, sa usare un computer: lo merita. Però anche lui ha qualche utOntaggine saltuaria al suo attivo, e magari me le passerà per pubblicarle sul blog di E. B. (e poi, dovrò pensare alle mie utOntaggini saltuarie… ahò, non è che il tè, ahem, la scienza infusa venga sempre nel migliore dei modi!). Comunque, per il momento le utOntaggini sono quelle tutto meno che saltuarie dei soliti utOnti che abbiamo qui.
Le utOntaggini di cui al link che ho messo in cima al testo, tutte accumulatesi insieme lo stesso giorno (è un GOMBLODDO degli utOnti che si sono messi d’accordo per farci la minchia a crocchette per gatti 🤣), hanno spinto me e Bislakk ad appiccicare in posti ben visibili varie copie di questo cartello: “ATTENZIONE! L’ufficio informatica NON È IN GRADO di hackerare i vostri cervelli e leggervi nel pensiero, quindi, quando vi rivolgete a noi, SIATE CHIARI.” Le battutacce che non ci siamo sparati tra noi, Capo, Contabile e Contabilessa, MagazziniereFactotum, adesso pure AmicoMio, e altri non sofferenti di utOntaggine cronica alla macchinetta del caffè (no, gli amministrativi non prendono praticamente mai il caffè assieme a noi, salvo, qualche volta, UA4 quando sta cercando una via di fuga da quel bell’ambientino dove è infognata) sulla capacità dell’utOnto medio, notoriamente analfabeta funzionale, di leggere un semplice cartello!
Per la serie Quod Erat Demonstrandum, ci becchiamo di nuovo UA1, e questo dopo aver piazzato quei cartelli.
UA1: Il computer, allora.
Senza parlare, le indico uno di quei cartelli. Lo legge con un cipiglio che ancora un po’ le sopracciglia le arrivano sotto il mento, poi, a noi:
UA1: E quindi? Cosa significa?
Io: (con un mezzo ghigno) Significa che se non sei in grado di mettere insieme una semplice frase in italiano dove spieghi con assoluta precisione cosa ti rode il culo, noi non possiamo intervenire. “Il computer, allora” non è una frase.
UA1: Eh, ma cosa ne so io? Siete voi che dovete sapere cos’ha che non va il mio computer.
Io: No, fintanto che non ti deciderai una buona volta a dirci in termini chiari e precisi qual è il problema. Ribadisco il concetto: non siamo in grado di leggere nel pensiero; quindi, questo va espresso in parole.
UA1: (alquanto frustrata) Eh, ma ci ho il video tutto nero.
Interviene Bislakk:
B: Struca el botòn.
UA1: Eh?
B: Quello che ti ho fatto vedere l’altra volta.
UA1: Eh, ma io ho acceso il computer, sono partite tutte le lucine, ma ci ho sempre il video tutto nero.
B: Struca el botòn del monitor. Non solo quello del computer.
UA1: Ma io ho acceso il computer.
B: Hai schiacciato solo il bottoncino sotto; devi schiacciare pure quello sopra.
UA1: Ah.
Esce con la confusione stampata in volto. Io e B ci scambiamo un ghigno.
Io: Scommetto un caffè che tra un attimo dobbiamo andare da lei a farle di nuovo vedere come si “struca el botòn”.
B: Dai, che forse stavolta l’ha capita. Se lo spegne tutti i pomeriggi a fine turno; vuoi che non sappia come accenderlo?
Io: Mi sa che ha passato l’esame di Spegnologia, ma non ancora quello di Accendologia.
Risultato (sorprendente): UA1 non è tornata e io ho dovuto pagare il caffè a B.
Sempre per via del GOMBLODDO degli utOnti, di lì a poco ci capita in ufficio quell’emerita testa di cazzo bollito e affettato di UA2 (che posso vedere sempre meno ogni giorno che passa, ma questo è un altro disco con un orso – dai, non te la prendere, E. B.) (N.d.E.B.: Hrumpf!)
UA2: Eh, la stampante. (Aridajje!)
Io: (indicando uno dei cartelli) Leggi il merdoso cartello, grazie.
UA2: (lo legge, poi s’inalbera) Ma allora! Più chiaro di così! ’Sta cazzo di stampante, insomma!
Io: (la mia pazienza è finita nel preciso momento in cui l’ho visto entrare) Se non ce la fai, cazzi tuoi. Mo’ fila, che ci abbiamo altro da fare, noi.
UA2 sembra costituzionalmente incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto; comunque se ne esce borbottando come una pentola di fagioli. Poco dopo arriva Capo, l’espressione perplutaessa.
Capo: Ma che gli frulla, a UA2? Dice che non lo volete aiutare coi problemi alla stampante.
Io: Fintanto che non ci dirà di quali problemi si tratta, non abbiamo modo di aiutarlo – sempre che non sia un problema che si devono smazzare loro.
Capo: (si gratta la testa) Già capito, mi sa. Vado a vedere.
Esce; poco dopo torna; sembra che abbia appena ficcato un cazziatone a qualcuno, ma a noi rivolge un ghigno.
Capo: Carta inceppata.
Io: E secondo UA2 questo sarebbe un problema che necessita di venirci a dire “Eh, la stampante”, eh?
Capo: Penso che stavolta abbia capito la lezione.
Io: Tsè, e domani mi trasformo in una donna.
Capo sospira rassegnato e se ne va.
B: Se vuoi ci ho giusto una gonna e una camicetta da donna della tua misura, più o meno.
Io: Ma manco se ti metti a ballare sulle punte delle orecchie!
Concludiamo con una risata.


Mica ancora finita, con UA2.
È arrivato infine il computer nuovo per UA4. Glielo installiamo, glielo configuriamo, le passiamo i dati dal vecchio rottame e la lasciamo tutta contenta; è utOnta, ma meno degli altri, è quasi utente – anche se ogni tanto ha qualche ricaduta, eh. Comunque, dopo pranzo, ce la vediamo arrivare sconcertata e anche un po’ preoccupata.
UA4: Ma… avete portato voi via il mio computer nuovo? Perché sono tornata da pranzo e adesso non c’è più.
Ding! Campanello d’allarme numero uno. Si alza Bislakk, più serio del solito, per andare con lei a vedere che stracazzix è successo.
Non mi va a piombare lì UA2 a stretto giro di posta?
UA2: Eh, il computer.
Io: (totalmente scazzato) Eh, il cartello.
UA2: (borbotta qualche oscura maledizione) Eh, bisogna montarlo.
Montarlo?
Ma chi cazzarola gliel’aveva montato, allora, quando l’ha fregato a UA4? Né io né Bislakk, poco ma sicuro. Comunque, ding! Campanello numero due: qui mi puzza di cadavere lontano dieci chilometri. Mi alzo e vado a passo di marcia verso il suo ufficio, tallonato da lui; incrocio Bislakk con la faccia perplimutaessa.
B: Ci abbiamo un ladro fantasma, qui.
Io: (lanciando un’occhiata di traverso a UA2, che trasale) Un fantasma in carne e ossa.
B ci segue nell’ufficio di UA2. Il suo computer è lì smontato in un angolino; in compenso quello di UA4 è piazzato al posto del suo, ma senza un singolo cavo connesso.
Io: Cosa ci fa qui il computer di UA4? Il tuo è quello lì. (E gli indico il suo.)
UA2: (in tono tracotante) No, è quello lì il mio. UA4 si becca quello là.
Io: (Eccolo! Beccato al varco!) E allora, se volevi quello nuovo di pacca, avresti dovuto tenerti il carciofone. No, non se ne parla: questo qui torna di là da UA4 e tu ti riprendi quello che avevi ciulato l’altra volta. E senza discussioni.
UA2: Eh, no, io tengo questo, perché io ho un lavoro molto importante da fare, non posso mica farlo con le ciofeche! No, UA4 non ha un cazzo da fare, quindi può tenersi quello lì.
Io: Già: minchioneggiare su facciabuco, su instagranminchia e su orologiorotto è davvero un’occupazione della massima importanza.
UA2: (isterico come ogni buon colpevole quando viene beccato in castagna) Ehi, senti un po’, tu, io non passo il mio tempo su…
Gli sbuffo in faccia, derisorio, poi a B chiedo di andare a chiamare Capo. Lui esce, e io mi piazzo proprio in mezzo alla porta, impedendo a UA2 di svignarsela alla chetichella. Trenta secondi di resistenza a ogni tentativo di superarmi, poi arrivano B e Capo. Dieci secondi a spiegargli la situazione, prima che UA2 riesca a dare la sua versione dei fatti; e lo sguardo di Capo che si fa talmente gelido da brinargli le ciglia.
Capo: Qui giochiamo pure a prenderci per il culo, va’. (A noi) Il computer nuovo torna di là da UA4; quanto a UA2, si ripiglia quello che aveva prima, e questo qui lo teniamo da parte per altri usi.
Questo nel suo solito tono che non ammette repliche. UA2, abbacchiato, non può che prendere atto della faccenda e starsene muto come un pesce.
Risultato: UA2 si terrà il ciofecoide fino all’età pensionabile, e a UA4 abbiamo rimesso il computer nuovo, inlucchettandolo ben bene coi lucchetti prodotti da FamosoProduttoreDiSistemiAntisgrafignusInformatici, unico in tutta la struttura: meglio evitare scherzi da prete in futuro.


Chiamata ricevuta da Bislakk sul suo butringo, da fuori; dato che aveva tutte e due le mani occupate, B ha risposto col vivavoce.
TrolloneTelefonico: Astaracimpa babaringa.
B: (col solito bastardometro a manetta) La sburagnunfa corippilata sbarbonata.
Intanto, è entrato UtOntoAmministrativo5, un tipo che è tanto, ma tanto tonto anche al di fuori del suo lavoro. Non si sa cosa voleva da noi, ma è rimasto lì imbesuito a guardare B.
TT: (a quanto pare, conscio di aver trovato un tipo della sua stessa pasta) Gangherendo la zurmiffa puschiarellizzata.
B: Barbaghia sfurfumullide con gunfi.
TT: Aciarompo golleppino fufurlo.
Vanno avanti ancora per un paio di botta e risposta, e UA5 è sempre più rimbabbeonito.
UA5: Eeeeeeeeeh?
Io, B e TT: (all’unisono) PUPPA!
Poi TT chiude lì la chiamata. UA5 ci rimane di merdissima, e se ne va a orecchie basse. Io e B ci scambiamo un ghigno malefico. Magari saremo pure stati un briciolino crudeli, ma UA5, oltre a essere un tonto alla tontesima potenza, è anche uno spakkamaronix cosmico, quindi, be’.