martedì 21 settembre 2021

Paccate di utOntaggini

Altre storielle di Ben11.

Questa utOntaggine risale ai primi tempi in cui lavoravo per questa ditta; ero un giovane di belle speranze (tsè!), la ditta non era ancora sotto le sgrinfie di Capo, che all’epoca era solo ViceCapo, e aveva un’impostazione un po’ diversa; io ero il giovincello della situazione, l’informatica era quella che era (ci avevamo un mainframe enorme ma con la potenza, rispetto agli hardware attuali, di un sorcio bollito, e tanti bei terminali; e già allora cominciava a essere era obsoleto) e a dirigere (parola grossa!) la ditta era un borioso figlio di mignotta con la puzza sotto il naso che chiamerò Mega Direttore Galattico – e con quel tipo un po’ Fantozzi lo eravamo tutti… Comunque, l’utOntaggine in questione non è nemmeno informatica, e fu poi quella che determinò il successivo corso (e il successo) della ditta; già, perché sotto MDG si rischiava di cappottare, e di brutto. In parte fu anche colpa mia, ma poi alla fine della fiera non tutti i mali vengono per scuocer nuocere.
Ordunque. Non so sulla base di quale logica, ma a un certo punto appioppano al mio caporeparto – quello di cui io finii per prendere il posto, più avanti: uno che di informatica ne sapeva come io di ermeneutica dei testi religiosi bizantini… – un faldone da portare giù, nella sezione del magazzino destinata ad archivio. Lui me lo scaglia sulla scrivania, mentre ero lì che stavo bestemmiando con un simpatico programma in COBOL scritto da una vacca ubriaca sotto la pioggia che alla fine ho poi dovuto riscrivere da capo senza salvarne nemmeno una virgola.
CapettoNonInformatico: Porta giù ’sto coso in archivio.
Io: (tentando una simbolica protesta) Ma, veramente ci avrei da sistemare ’sta merda di programma entro stasera, sai com’è.
CNI: Muoviti!
E io, il pivello della situazione, ingoio il rospo, prendo quel merdosissimo faldone e scendo in magazzino, con l’idea di appiopparlo a MagazzinierePirla (il predecessore di MagazziniereFactotum, ormai vicino alla pensione) e tornarmene su. Tsè: MP come al solito è disperso chissà dove, e sulla sua scrivania sono posate montagne di roba che dovrebbe mettere via. Bene, vai fino a quelle file di scaffali giù in fondo adibite a deposito di scartoffie destinate a metter la muffa, leggi (a cazzo di cane, com’è risultato in seguito) la sigla riportata sul faldone, piazzalo in quella che ritieni sia la posizione corretta, bestemmiando perché devi incunearlo tra altri due faldoni a forza bruta, e tornatene su a tirar cristoni su quella COBOLcagata. Faldone dimenticato dopo più o meno tre secondi e mezzo; basta, fine della storia, e CNI non mi ha più skassato i maronix per il resto della giornata.
Evoluzione della situazione, qualche settimana dopo. Marca malissimo per MDG, che piglia il personale a pesci in faccia molto più del solito e ci manca poco che scateni una rivoluzione aziendale. Di straforo, ascoltando un mucchio di voci di corridoio, vengo a dedurre che MDG si è cacciato in Guai Legali con le maiuscole; rischia di rimetterci la cadrega. Per caso mi ritrovo vicino al suo ufficio e lo sento a un certo punto dare in un grido di esultanza, trionfo, perfino, mentre ne sta parlando con la sua segretaria. Sembra che ci abbia l’asso nella manica per riuscire a ricattare qualcun altro e salvarsi in extremis… humpf.
MDG: Vai a prendermi giù in archivio il faldone siglato [sigla del faldone], così li inculiamo ben bene.
La segretaria esce. È una tipa decorativa, ci mancherebbe, alta, con due gambe lunghissime, due tette da favola, un viso da fotomodella sempre ben truccato; ma i suoi pregi finiscono lì. Unisce un’utOntaggine da paura con una puzza sotto il naso da far sembrare le VIP più altezzose delle dolci e timide fanciulle. Non mi degna di mezza occhiata: per lei “quel pazzo del compiùter” (sì, lo scrive proprio così, quando deve scriverlo) è solo un elemento del paesaggio. Comunque va in magazzino. E ci resta per un tempo spropositato. Io stavo finendo di bestemmiare con un terminale scassato in un ufficio di fianco, quando infine S torna su, l’aria sconsolata, e va da MDG.
S: Non lo trovo mica quel faldone laggiù.
MDG: (in tono incasperato, cioè insieme incazzato e disperato) Ma come! Ma vai a vedere di nuovo! Quel faldone deve saltar fuori! (Sottinteso: oppure tu salti fuori dalla porta, perché è tutta colpa tua…)
S torna in magazzino, risale a mani vuote, quasi piangente.
S: Non c’è proprio! Non è che lei l’ha ripreso e ce l’ha qui da qualche parte?
MDG: Come osi insinuare che sia io a far casino qui! Muoviti! Quel faldone deve saltar fuori! (Il disco s’è incantato…)
S, in lacrime, riparte. Gira tutta la ditta; passa pure da noi e si becca una rispostaccia da CNI; ma niente, quel faldone non ne vuole sapere di farsi vedere.
Risultato: S viene rimansionata e spedita a occuparsi di pratichette del quaraquaz in un ufficetto (no, a quei tempi non avevano ancora ucciso a pugnalate il famoso articolo 18 dello statuto dei lavoratori, e S non poteva venir licenziata solo perché un faldone di cui lei tra l’altro non sapeva niente era sparito.) e per vari giorni, sempre incasperato, ma ormai più sul lato della disperazione, MDG imperversa in ditta rendendo la vita impossibile a tutti, tanto che tutti quanti in poco tempo abbiamo già pronte le nostre lettere di dimissioni. E niente, quel faldone non risponde all’appello. Certo doveva contenere documenti in grado di permettere a MDG, usando l’arma del ricatto, di far abbassare il tenore delle accuse nei suoi confronti: immagino io, ma non ho mai visto il contenuto di quel coso.
E un bel giorno arrivano i piedipiatti, entrano nell’ufficio di MDG e pochi istanti dopo se lo trascinano dietro ben ammanettato e con un muso lungo fino al pavimento.
Roba da stappare subito una bottiglia di prosecco di Valdobbiadene millesimato DOC!
E più o meno l’abbiam fatto: quando ViceCapo è divenuto Capo, l’abbiamo ben ben festeggiato; è un amministratore con le palle e soprattutto è molto più alla mano di quell’altro.
Comunque, epilogo della faccenda: è qui che le mie palle hanno cominciato la loro lunga carriera di rimbalzatrici sul pavimento. ExSegretaria si ritrova a parlare di quel vomito acido di faldone con CNI, e a lui balza di colpo in mente che forse era quello che aveva appioppato al pivello di turno da portare in magazzino. Così poi le gnagne di ExS me le subisco io, al punto che accetto di seguirla in magazzino e fino alla sezione Deposito Pratiche Perdute… E a me torna in mente dove avevo ficcato quel faldone, la cui sigla non mi è rimasta impressa, ma mi soffermo a guardare ExS che punta un buco vuoto sul ripiano sottostante (dettaglio molto importante, questo), poi si allontana, va a vedere sulla scrivania di MP, torna, guarda sul pavimento, gira e rigira come un’anima in pena.
ExS: Ma dove cazzo l’hai ficcato, allora?
Io: (comincia a girarmi il bastardometro) Qui in archivio. Ma non sono certo responsabile se qualcun altro dopo è venuto a prenderlo: non passo le giornate in magazzino a tener d’occhio uno stupido faldone. (E il faldone in questione è lì che ci guarda da dove l’avevo inziccato io, e da dove non s’è mai mosso: s’è addirittura accumulata polvere che indica chiaramente che nessuno ci ha messo le mani.)
ExS: Qui avete causato un mucchio di casini per niente! Per colpa vostra MDG è stato silurato e qui le cose vanno di male in peggio! (Il nuovo Capo non la vede molto di buon occhio, eh.) Tarapia tapioco e se fosse Antani anche per due…
Io: E perché, volevi così tanto bene a MDG?
ExS: Era uno stronzo, ma però (sic! E poi sono io quello che si esprime in italiaCano…) io ci sono finita di mezzo e la supercazzora brematurata con scappellamento a destra…
Io: (e il mio bastardometro gira sempre più veloce) Ma non è questo faldone qui? (Lo indico.)
ExS lo guarda, poi il suo viso si fa tutti i colori dell’arcobaleno, per finire sul rosso.
ExS: Ecco, vedi, me l’avete messo nel posto sbagliato, e io non l’ho più trovato, e la ciumfarimfa spippolizzata della gazuppa bopperonia…
La guardo per un bel momento con un ghigno beffardo.
Io: E vabbe’, magari la sigla è stata letta male e il faldone è stato messo nel posto sbagliato, ma non ti è mai saltato in testa di alzare lo sguardo di sessanta miseri centimetri? Cioè, questo faldone da qui non s’è mai mosso; non ci voleva tanto. (Tunc, tunc, tunc: ecco le palle all’inizio della lunga serie di rimbalzi sul pavimento…)
ExS: Eh, ma… (Rimane lì impappinata, stavolta viola in faccia.)
Io: Cioè, casini mostruosi – benvenuti, dal mio punto di vista, ma io sono un grosso signor Nessuno – per un errore di sessanta fottutissimi centimetri? Manco da muovere la testa: bastava alzare gli occhi. Ah, be’, lì non c’era un poster di FamosoDivoD’antan nudo, quindi tutto questo ripiano staccato dall’altro di sessanta cornutissimi centimetri è del tutto invisibile per te. (Ci ha poster di FDD dappertutto nel suo ufficetto…)
ExS è più paonazza di una melanzana, ormai. Se ne va a sguardo basso, e io me ne torno ai miei doveri con l’informatica del periodo.
Finisce poi che Capo mette le sgrinfie su quel faldone e, pratica per pratica, senza nemmeno guardarle, le ficca in uno dei primitivi tritadocumenti che avevamo a disposizione. Occhio non vede cuore non duole, eh? ExS di lì a poco ha rassegnato le dimissioni e di lei non abbiamo mai più sentito parlare.


Chissà come, chissà perché hanno convinto Capo a prendere uno stagista, roba che qui da noi non s’era mai vista prima. Devono aver proprio piatito Capo di brutto per riuscirci. E soprattutto non devono avergli fatto vedere in anteprima di che elemento si trattasse, se no col cazzo in carpione che Capo l’avrebbe accettato. Si presenta ’sto tipo a tamarraggine totale, coi pantaloni alla scagazza1, felpa color verde putrido col cappuccio rigorosamente sollevato sulla testa, snicker di colori che sono un pugno in un occhio, occhiali da sole che non si è tolto nemmeno all’interno finché il suo tutor non l’ha ripreso un po’ bruscamente. La pretesa del tutor: ’sto rimbalubito dovrebbe farsi tre mesi di stage passando un po’ di tempo qui, un po’ di tempo là, imparando tutti i mestieri all’interno della nostra ditta (ma questi qui se le sognano di notte, ’ste utopie irrealizzabili?) per poi stilare la doverosa relazione di fine stage (coooosa? Ma se manco sa scrivere, ’sto troglodita!). Di fronte a ’sto cumulo di stronzate ho letteralmente riso in faccia al tutor, lasciandolo lì di sasso. Ma vabbe’, ecco l’ennesima palla al piede per la ditta…
StagistaCretidiota viene per prima cosa spedito al reparto amministrativo, e viene nominata UA4 per fargli vedere le cose. Solo che di lì a dieci minuti vediamo UA4 in lacrime andare da Capo a implorarlo di toglierle “quel bastardo intollerante” di dosso (sì, ero nelle vicinanze e ho sentito queste esatte parole). Capo – già abbondantemente deluso da quel poco che aveva visto di SC – va a indagare in amministrazione. Viene fuori che CapaAmministrativaDeficiente, la caporeparto del settore amministrativo (che non c’è quasi mai, perché ci ha sempre questo o quell’altro impegno inderogabile, ma quando c’è combina qualche disastro) aveva inizialmente assegnato SC a UA2, ma quello ovviamente ha piantato pista perché lui ci ha da lavorare e non ci ha tempo per seguire uno che ci ha ancora il moccio al naso. UA1 sulla stessa falsariga ha rifiutato; UA5 manco da considerare per queste cose, così la patata bollente è passata a UA4. Guarda caso quando Capo ha detto a CAD di pigliarsi lei in carico SC lei ha subito messo le mani avanti, affermando di dover uscire di lì a poco per umpa zumpa babadrumba.
Capo, non sapendo che farsene di SC, a quel punto lo dirotta a noi (e non è un’occhiata maligna quella che ci rivolge con un mezzo occhiolino perfido?). Bislakk per il momento lascia la patata bollente a me, visto che sono io il caporeparto informatico (cioè, sono capo solo di B, eh). Mi piazzo davanti a SC, che ha i suoi begli auricolari Denteblù ficcati nelle orecchie, e per prima cosa gli tolgo il buzingo di mano e glielo spengo. Mi guarda spaesato.
SC: Ma… ma come… (Vorrebbe fare l’arrogante, ma il mio aspetto, e soprattutto il mezzo ringhio a cui ho atteggiato la bocca, non sono poi troppo rassicuranti.)
Io: Ahò, non sei qui a scaccolare i gatti. Qui il coglionofono rimane spento, prima di tutto, e poi si lavora. Sai come s’installa Finestre10 su un computer? (Tsè: la lunga sequenza di avanti-avanti-avanti-…-fine forse è troppo complicata per lui.)
SC: Eh, ma certo che lo so, lo sa anche mio fratello di undici anni. (Tsè, tua nonna in triciclo.)
Io: Eccellente. Guarda, lì c’e un portatile a cui ho brasato il disco, ma ancora non ho avuto tempo di installarci Finestre. Su questa chiavetta c’è Finestre. È tutto tuo.
Borbottando come una pentola di fagioli, SC prende di malagrazia la chiavetta e si avvicina al portatile in questione: un ciofecotto da 400 euro, rimediato per vie traverse, a nostra disposizione per esperimenti di vario genere; ed è vero che gli ho formattato il disco. SC rimane lì imbambolato per un bel momento, poi, quanto meno, si decide ad aprirgli il coperchio; poi rimane ancora lì a fissare il monitor spento.
SC: Ma non funziona.
Io: Ma hai provato, che so, ad accenderlo?
SC: (con lo sguardo di una mucca di fronte a un alieno) Accenderlo?
Io: Sì, sai com’è, le apparecchiature che funzionano a elettricità vanno accese, qualche volta.
Il concetto gli è del tutto estraneo; intuisco che non spenga mai il suo buzingo – e quando gli toccherà di riaccenderselo chissà cosa combinerà. Si mette a smanazzare sul portatile, e (per puro culo, mi sa) riesce a schiacciare il tasto di accensione. Il carciofone prende vita, e ovviamente gli dà un bel messaggio Missing operating system. Rimane lì imbesuito, tornando a guardarmi come un pesce rosso di fronte al gatto che sta per papparselo.
Io: Ma non le sapeva fare tuo fratello undicenne, ’ste cose? Magari devi farlo partire con la chiavetta infilata, così ti parte l’installazione di Finestre, non trovi?
Col neurone solitario che frulla, SC riesce dopo un lungo esame a togliere il coperchietto alla chiavetta, a scoprire un connettore USB sul portatile, e a tentare di inserire la chiavetta, chiaramente alla rovescia, forzando come un matto. Dai che prima o poi sentiamo crac. La chiavetta gli cade, lui la riprende, stavolta per puro culo girata nel modo giusto, e riesce a infilarla. Dopo un altro luuuuuuungo intervallo, gli entra nel neurone che deve spegnere e riaccendere la macchina, e per qualche miracolo si ricorda cos’aveva toccato quand’è partito, così riesce a far ripartire il tutto, e il sistema rileva la chiavetta e parte con quella bella schermata blu notte di Finestre10 dove ti chiede di procedere per installarlo. SC si arrovella per un bel momento, poi mi guarda.
SC: Ma qui come si fa ad andare avanti?
Non mi cascano le palle solo perché già me l’aspettavo fin dal principio.
Io: Magari fare un clic su “Installa”, forse?
Lui mi guarda come una rana abbagliata dalla torcia del pescatore di rane. Si riscuote, e comincia a stoccazzare sullo schermo, ovviamente senza risultato.
Io: Quel coso è una ciofechetta economica, e non ha lo schermo a tocco; devi usare il touchpad lì davanti alla tastiera.
Stesso sguardo di prima; ma stavolta il neurone gli è definitivamente andato in loop infinito.
Io: Lasciamo perdere, va’. L’informatica non fa per te; vai da Capo.
Si allontana mugugnando, e bestemmiando perché (Q. E. D.) non sa come minchia fritta si riaccende il buzingo.
Bislakk mi guarda con un mezzo ghigno.
B: Chissà se è in grado di tirarsi seghe da solo.
Io: Tanto non troverà nessuno che pensi alla sua seconda testa.
Giù a sghignazzare.
Risultato: SC dapprima viene spedito in magazzino, dove MagazziniereFactotum più o meno lo sopporta per 5 minuti di orologio, poi viene mandato in produzione (noi Quelli Della Produzione sappiamo soltanto che esistono; il loro sistema è totalmente autonomo e viene gestito dai tecnici del nostro fornitore di apparecchiature) e lì lo tollerano per ben 7 minuti, sì, di orologio. Contabile e Contabilessa dichiarano chiaro e tondo che non sanno cosa farsene di uno così, ancora prima che entri nel loro ufficio. Stessa roba anche nell’ufficio dove sono radunati vari utenti-non-utOnti dalle mansioni più disparate (commerciali, più che altro), i nostri soliti compagni di pausa caffè: non vogliono un elemento del genere in mezzo ai piedi. Più o meno a metà mattinata, Capo fa una telefonata, e poco dopo il tutor di SC piomba lì con tutta la tracotanza di ’sto mondo, asserendo che il ragazzo è in gamba, che noi dovremmo valorizzarlo di più, e tutta ’sta valangata di cazzate che quei personaggi s’inventano sempre. Capo lo guarda con la brina sulle ciglia, poi interviene.
Capo: Non abbiamo certo bisogno di uno che si permette di offendere a morte una delle nostre impiegate, che non sa fare una O con un bicchiere in nessun campo e che se ne sta lì ad ascoltare “musica” tunz-tunz tutto il tempo senza fare nient’altro. Questa è una ditta seria, non un centro di ricupero per ragazzi fannulloni. Quindi ritiro in questo preciso momento la nostra disponibilità ad accogliere stagisti, da qui alla fine dell’Universo.
Capo è uno che non le manda certo a dire. Il tutor non può fare altro che ramazzare SC e andarsene a orecchie basse e con la coda tra le gambe. Io sono lì che ciondolo per assistere agli sviluppi della situazione.
Io: Chissà se quel tutor si è reso conto che sta tentando di difendere l’indifendibile.
Capo: (con aria analitica) La sua perdita di enfasi alla fine della sceneggiata sembra indicare che non è tutto scemo. Ora sì che mi ci vuole un bel caffè.
E senza più pensare a SC ce ne andiamo alla macchinetta.


  1. Mi riferisco a quegli orrendi pantaloni con la vita all’altezza del cavallo e il cavallo all’altezza delle caviglie, che costringono chi li indossa a camminare stringendo il culo come se cercasse di trattenere un palo liscio con lo sfintere anale. Ed ero convinto che fossero passati di moda ormai da anni! ↩︎

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