martedì 31 agosto 2021

Altro pacco di utOntaggini

Ben11 mi ha mandato un nuovo pacco di storielle, quindi cedo la parola a lui.

Mi sono sbagliato. UtontoAncoraPiùTonto che ho descritto qui [manco da chiedere ancora…] (N.d.E.B: Lo so, lo so…) non è stato in grado di fornirmi tanto materiale. Ha pisciato un po’ troppo fuori dal vaso, e con Capo non si scherza. Del resto quando passi le giornate a fare la minchia a coriandoli al prossimo, monti su arroganza a non finire, pretendi l’inverosimile, prima o poi tutti finiscono per lamentarsi di te e Capo ti caccia via a scarpate in culo.
Comunque, ’sto fenomeno merita ancora una storiella. Ci piomba un giorno in ufficio con la sua solita tracotanza; il primo che vede è Bislakk, e si rivolge a lui.
UAPT: Ma allora, io qui ci ho tutto che non funziona! Mi dovete risolvere il problema subito, perché ci sono delle cose che devo fare con urgenza! (Tipo: andare a fare chissà che cazzo su un sito di taroccamento di motori?)
B: (guardandolo serafico) Mah, non so. Io ci ho una roba urgente da finire su ’sto server, quindi non posso mica adesso.
UAPT: Ma che cazzo me ne frega dei vostri verser (sic!), dovete venire subito! Qui la gente deve lavorare, ma allora! A me non mi funziona più niente, e dovete intervenire!
B: Oh, io devo obbedire agli ordini di Ben11. (Tsè, ma quando mai gli do ordini io? Fortuna che il naso da Pinocchio non si vede.) Se lui mi ordina di mollare tutto qui e darti retta, lo faccio, se no ciccia.
Io: E ’sto par di balle che gli ordino di mollare un lavoro importante su un server. No, B non è autorizzato a darti retta. (Né ora né mai, aggiungo mentalmente.)
UAPT: (inalberandosi) Ma qui i tecconici infognatici (aridaje!) impediscono alla gente di fare il loro lavoro! Io ci ho tutto che non va, e voi… (Si ferma impallidendo quando lo prendo per il bavero.)
Io: Cos’è che ti ho detto l’altra volta sul calunniare i, ripeto, segnatelo bene, tecnici informatici?
UAPT: Ma… ma…
Io: Ultimo avvertimento. (Lo mollo. Se non si è capito, Capo non protegge gli utOnti che assume né dal mio pessimo carattere né dalla loro stessa stupidità.) Adesso, punto primo, la formula corretta sarebbe: “avrei il tale problema; potreste per favore intervenire?”. Il sistema “voglio posso e comando”, come ti ho già ripetuto fino alla nausea, qui non funziona. Seconda cosa: “non va niente”, “non funziona niente” sono frasi che, ahem, non vanno e non funzionano. Cazzo, quando ci hai mal di pancia che minchia racconti al dottore, solo “sto male, mi deve curare”?
UAPT: (cercando di ricuperare la sua solita boria) Ma se non lo sapete voi cos’ha che non va…
Io: Già, e senza dettagli non lo sapremo mai. Ribadisco: queste sono macchine, e con le macchine bisogna essere precisi, se no t’attacchi al tram e tiri. Quindi, di preciso, cosa c’è stavolta che non va? (Un altro “Internal server error”?)
UAPT: Ma, ecco, io… insomma… non potresti venire a vedere? (To’, un briciolo di cortesia! Ma so già che è troppo bello per durare.)
Facendo ancora una volta buon viso a cattivo gioco, mi decido a seguirlo e a vedere cosa c’è che non va, e riesco a convincerlo a non smenarla tanto tra mascherine e distanziamento, ribadendo il concetto del “Siamo entrambi vaccinati”. “Nonvanonfunziona” numero 1: ha aperto VolpeDiFuoco, ha battuto un indirizzo che riporto così: https://www.sitoirrimediabilmenteinesistente.com e si è beccato il messaggio falsamente spiritoso di VDF “Uhm… non riusciamo a trovare questo sito.”, roba che è seconda solo a “Oops, questo è imbarazzante!” quanto a coglionaggine totale (ma gli sviluppatori di VDF non ci hanno niente di meglio da fare che atteggiarsi a simpaticoni?).
Io: Certo che se batti indirizzi che non esistono col cazzo in salamoia che ti carica qualcosa.
UAPT: No, ma esiste! Me l’hanno mandato su uozzappo. (Mi mostra il buzingo, dopo aver aperto quella ciàt specifica sul piccione viaggiatore verde. Controllo se ha cannato qualche carattere nella trascrizione – succede a tutti, non solo agli utOnti – ma l’ha copiato papale papale.)
Io: Mica detto che perché te l’abbiano mandato su uozzappo sia automaticamente giusto. Mi sa che questa tizia ha cannato clamorosamente.
UAPT: No, lei non sbaglia mai! Qui mi avete bloccato questo sito perché… (Si blocca al mio ringhio gutturale; sto davvero per ficcargli le mani addosso.)
Io: Qui gli unici siti a essere bloccati sono quelli porno, per ordine di Capo, e comunque ti sarebbe apparsa la paginetta interna del nostro proxy ad avvertirti del blocco. No, questo sito qui proprio non esiste, non c’è, nisba, nada, zilch. Quindi, è chiaro che questa tizia ti ha passato un indirizzo inesistente, magari per percularti per bene.
UAPT: (Apre e richiude la bocca un paio di volte.) Vabbe’, le chiedo se si è sbagliata. (Allelujah!) Adesso, per l’altro problema…
“Nonvanonfunziona” numero 2: apre l’alquanto scarna pagina principale di orologiorotto, ma sì, quella socialfogna fetente che sta soppiantando facciabuco sia come numero di webeti iscritti sia come livello di webetaggine dei medesimi, va ad aprire la paginetta di accesso, scegliere di entrare con nome utente e password e mettere le sue credenziali; gli viene fuori il bel messaggino d’errore secondo cui le sue credenziali sono sbagliate.
UAPT: Ecco, fino a ieri da casa mia funzionava e qui non funziona più! Mi avete bloccato l’acces- (Si blocca perché la mia mano gli è piombata dritta sulla spalla, poi, pallido come un cencio, m’implora con lo sguardo. Se volete farvi un’idea di come sono fatto fisicamente, immaginate un orso Kodiak spelacchiato e occhialuto. UAPT forse pesa trenta chili bagnato…)
Io: (Lo lascio andare; tendenzialmente non sono violento.) Ribadisco il concetto: se tenti di aprire una pagina bloccata vedi la paginetta del proxy. Qui vedi la pagina principale di orologiorotto, invece, il che vuol dire che non l’abbiamo considerato abbastanza porno da bloccarlo. Se canni pure a scrivere un cazzo di nome utente e una merda di password son cazzi tuoi.
UAPT: Ma se da casa mi collego e qui non entra!
Io: Cioè, presupponendo che il nome utente sia corretto, a casa batti una password e qui ne usi un’altra? (Non sarebbe certo il primo a combinare una vaccata del genere!)
UAPT: No, a casa me le mette in automatico.
Io: È un classico: così si finisce per dimenticarsi pure le password. Sicuramente hai cannato quella; te la sei almeno segnata da qualche parte?
UAPT: No, ma sicuramente è giusta!
Io: Tra tu che ritieni di averla scritta giusta e il sito che ti dice che la stai cannando, ha sicuramente ragione il sito. Secondo me, manco te la ricordi.
UAPT: (dopo un lungo attimo di impappinamento totale) Ma io devo entrare su orologiorotto! Mi devi aggiustare la password!
Io: Ancora in modalità “voglio posso e comando”? Comunque questi sono tutti cazzi tra te e orologiorotto. Puoi utilizzare le loro procedure di ricupero password, se ne hanno.
UAPT: Fallo tu.
Io: Il profilo è tuo, e ci devi pensare tu. Questo è un sito completamente al di fuori del nostro campo di responsabilità. In parole povere, non me ne può fregare meno di dove ti conducono le tue “urgenze” del momento, e se non riesci a entrare su orologiorotto son tutti cazzi tuoi. Punto.
UAPT: (rimane di nuovo impappinato, poi tenta miserevolmente di riguadagnare terreno.) In ogni caso, dovrò farti una segnalazione con Capo perché mi hai messo le mani addosso e perché mi tratti male.
Io: Prego; poi vediamo chi esce gobbo dal suo ufficio.
(Nota: Capo è già al corrente della calunnia precedente, e sa che per spingermi a ficcare le mani addosso a qualcuno bisogna combinarmela grossa.)
Lo lascio lì piantato come un pioppo e me ne torno nella mia tana.
È stata proprio quella l’ultima goccia? Forse. Poco dopo, UAPT transita con aria tracotante da “mo’ gliela faccio vedere io” verso la Tana del Drago Sputafuoco, entra senza nemmeno bussare e dà il via alla sua geremiade – al che poi cominciamo a sentire la voce di Capo che risponde in tono pericolosamente piatto. Io e Bislakk ci appropinquiamo silenziosamente alla porta, per captare la parte finale: “… e da domani ti cerchi un altro lavoro!”. Ci ritraiamo giusto in tempo, quando UAPT esce dall’ufficio di Capo strascicando i piedi, ramazza le sue scarse proprietà personali e se ne va senza salutare nessuno. UAPT era ancora nel suo periodo di prova, quindi neanche da dare gli otto giorni: piglia e vai, fuori dai coglioni! Io e Biskakk ci guardiamo.
B: Naaaa, ma così non va bene! Dovremo protestare con Capo: così ti toglie tutto il materiale per le storielle che mandi al tuo amico blogger! (Sì, ne è al corrente, proprio come Capo.)
Io: Come se mancasse il materiale! Il WWF non ha ancora dichiarato gli utOnti specie protetta.
B: Ah, quindi posso collaudare il fucile da caccia grossa su qualche utOnto? Ottimo.
Sghignazziamo.


Qui invece abbiamo a che fare con un utOnto esterno all’azienda. Un amico di amici; e i suddetti amici si sono presi la ranzata che meritavano per aver osato dare il mio numero di buzingo a quell’elemento – che poi, grazie sant’Android, è finito dritto filato in lista nera. Tralascio quell’ora di chiamata delirante per arrivare a capire che dovevo passare a trovarlo perché se no non ci avrei cavato un ragno dal buco. Mi faccio dare l’indirizzo, fissiamo un appuntamento, tanti saluti. La domenica pomeriggio – e ci avrei avuto altro di meglio da fare! – arrivo a casa sua, e trovo ’sto tipo tutto allegro e sorridente, che vive da solo a parte un grosso cane incrociato pure col primo treno che passava da quelle parti, che mi dà testate per avere coccole e che, a guardarlo negli occhi, sembra più furbo del suo padrone. No, altro che “sembra”: è più furbo… Convenevoli vari, il tipo mi offre pure un caffè, poi alla fine si passa al perché e il percome mi ha chiamato su consiglio di Amico1 e Amico2 (nota: procurarsi qualcosa per mattonizzare PC e buzinghi di questi due amici…). Mentre ci facciamo strada nei meandri di una vecchia casa più o meno ristrutturata, con un dedalo di localini interconnessi, rampe di scale in salita e in discesa, corridoietti vari – la casa del nonno di TizioRintronato, progettata e costruita da lui in persona, il che mi spinge a chiedermi quante tracce di sangue avrebbero trovato nell’alcool al suddetto nonno il giorno che s’è messo a farsi quella casa – TR mi accenna al problema: “Vedi, io mi devo vedere dei video che mi hanno mandato su Io Tubbo (verbatim!), ma non me li fa proprio vedere.”
Hummm… I motivi per cui a volte non si riesce a visualizzare video sul tubazzo possono essere tra i più disparati; ma alla fine colgo quello specifico a colpo d’occhio, senza nemmeno prendermi la briga di accendere il computer.
Cioè: mi sono trovato davanti un bel guscio color crema. Col floppy e il cd-rom. Attaccato a un fantastico monitor a tubo catodico da quattordici pollici. Con una tastiera alta tipo cinque centimetri, pure color crema, col classico connettore PS2. Mouse con la pallina, pure lui con connettore PS2. Se non altro, è attaccato con un cavo ethernet a un router ADSL che ha visto tempi migliori, sì, ma che funziona.
Tunc, tunc, tunc. Le mie palle sono appena cascate sul pavimento e rimbalzano qua e là.
Io: Con questo coso dell’epoca dei dinosauri manco se diventi verde a pallini viola che riesci a vedere video sul tubazzo!
TR: Ma se ha sempre funzionato.
Io: Non lo metto in dubbio, ma è vecchio come il cucco, è un vero e proprio pezzo da museo.
TR: E allora? Io ci ho una vecchia 500 e va che è una meraviglia.
Io: Questo PC, in termini informatici equivalenti, è molto, ma molto più vecchio della tua 500: è come una carrozza a cavalli del 1800 paragonata alle moderne automobili. Con questo col cazzo ripieno che visualizzi qualsivoglia contenuto multimediale moderno.
TR: Ma se naviga benissimo!
Io: Immagino; ma non ce la fa proprio, in nessuna maniera, con la roba moderna.
Gira e rigira, alla fine acconsento ad accendere quella meraviglia, aspettare i suoi tempi biblici perché si avvii, e trovarmi di fronte alla bella schermata principale di, udite udite, Finestre 98. Prima versione, quella che s’incriccava ogni tre per due. E vabbe’. Caratteristiche hardware di questa bellezza:
Pentium II
Scheda video 3DFX Voodoo 2 con 8, diconsi 8 MB di memoria
RAM: 16 MB, sì, ribadisco, MB
Hard disk: 6 GB
Sì, diciamo che è un po’ più potente di un Commodore VIC-20. Ma il buzingo più sfigato se lo mangia per colazione, questo PC.
Lancio il browser – quello famoso che dopo millenni Micromorbido si è decisa a mandare in pensione; non che Bordo sia meglio, eh – e, sì, miracolosamente mi apre qualcosa, tipo la pagina di San Google in versione ipertartassata. Ma di aprire video sul tubazzo, pure con la qualità ridotta al minimissimo (N.d.E.B.: qui occorre specificare che l’ha usato deliberatamente a fini ironici, se no qualche utOnto affetto da webetismo galoppante potrebbe pure prenderlo sul serio…), proprio non ne vuole sapere. Guardo TR.
Io: No, o ti decidi a comprarti qualcosa di moderno – perfino un notebook sfigato da 400 euro è in grado di visualizzare video sul tubazzo – o quei video che tanto brami vedere non te li godrai mai.
TR: Ma se funziona!
Io: Lo vedo. Ma non ci gira niente.
TR: Ma se ci scrivo con Parola.
Sì, sì: quello di Ufficio 97. Ma questa sparata mi lascia perplitoesso.
Io: E che straminchia c’entra coi video del tubazzo?
TR: Eh ma se gira Parola girano anche i video di Io Tubbo.
Io: No, non c’entra un cazzo in insalata. Sono due pianeti diversi, se non addirittura due galassie lontanissime. Tieni questo PC lì come pezzo da museo, se vuoi, e una buona volta, se hai intenzione di fruire di video sul tubazzo o altra roba moderna, comprati un PC moderno; come ti ho detto, anche i rimasugli di magazzino da 400 euro ce la fanno, almeno coi video sul tubazzo.
TR: Ma se funziona!
No, niente da fare. Il cervello di TR è andato in loop infinito. Tralascio l’ulteriore mezz’ora a cercare invano di fargli capire che con quel residuato bellico non va da nessuna parte. Alla fine, gli comunico in tono fermo che se mi cassa l’unica soluzione funzionante che potevo proporgli – e non è un morto di fame: ha più soldi che vita per spenderli – altre non ce ne sono, e me ne vado lasciandolo lì piantato come un pioppo. Il suo numero in lista nera ci è finito appena ho varcato la soglia di casa sua.


Altra chicca di Contabile.
C’è anche Contabilessa; io sono lì per bestemmiare a mitraglia con una cazzo di patch ethernet che non ce la fa proprio, e non intervengo nella loro conversazione.
Ca: Io adesso ci ho da fare con quel cazzinculo di bilancio; hai voglia di guardare la segnalazione di QuelTaleFornitore su una cifra sbagliata che gli è sfuggita sulla fattura n. Xxx?
C: Quale segnalazione?
Ca: Ma sì, ti ho girato la mail dieci minuti fa, ma non sono riuscita a spiegarti per via di quella cazzinculo di telefonata.
C: (smanazzando sulla posta elettronica) Ma porca vacca di quella troia! Me la sono ranzata in mezzo a quel mucchio di spam dei fornitori! (Noi filtriamo lo spam propriamente detto, ma le mail con cui i fornitori, solo perché abbiamo comprato una minchiuzza da loro, ci tartassano le lasciamo passare; a volte in quel marasma di sbrubblicità gratuita c’è anche qualcosa d’interessante.) Ma, e se chiedo a Ben11 di ricuperarmela dal backup?
Ca: Oggi per oggi? Ma sei scemo o hai mangiato sushi avariato?
C: (con estrema nonchalance) Oh, allora gliela chiedo domani, tanto non c’è poi tutta questa fretta con QuelTaleFornitore.
Ca: Ma ti rolli roba buona in quei cannoni che ti fumi?
C: Ehi, è solo tabac… (Si blocca, imbarazzatissimo.) Ho detto una vaccata, vero?
Ca: No, ma va’? Senti, facciamo che ti rigiro quella mail, che è un po’ più facile del miracolo che avresti voluto chiedere a Ben11.
E io lì che sghignazzo sotto i baffi mentre smonto quella merda di patch…

lunedì 30 agosto 2021

Grosse auto e piccoli cervelli

Non smetterò mai di chiedermi perché tanti – troppi – vanno a comprarsi auto ben al di fuori delle loro limitatissime capacità di guida; e non sto parlando di neopatentati che devono ancora passare sulla strada i canonici 6 mesi prima di aver davvero imparato a guidare: sto parlando di gente che ha la patente da anni a paccate da dieci se non da venti o più e te li ritrovi a passo di vecchietto zoppo e artritico nelle rotonde – per fare un classicissimo esempio – perché non sanno da che parte girare il volante per: a) entrare nella rotonda; b) seguire la rotonda fino all’uscita desiderata; e c) uscire dalla rotonda. Ma mica solo questo, eh: era solo un esempio. E si comprano “il macchinone”. Soprattutto, come moda comanda, si comprano quei barconi inutili, ingombranti, costosi, inquinanti e pericolosissimi denominati SUV. Roba che ci va un portafoglio a fisarmonica per comprarseli, uno quando devi farci manutenzione – cambiate un treno di gomme a un SUV e poi mi direte; un altro portafoglio a fisarmonica serve alla pompa del carburante: ibrido? Fotte un cazzo. Quando attiva il motore a combustione interna, comincia comunque a bere come una superpetroliera. Hanno l’ingombro e gli spazi di manovra di un autobus, se va bene; ma l’abitacolo è quasi più piccolo di quello della mia utilitaria, il bagagliaio – soprattutto su quei SUV ipermoderni che sembrano astronavi uscite da un film di fantascienza – nullo. In più, sono delle mine vaganti: affronta una manovra d’emergenza con un bestione che quando è leggero pesa più di due tonnellate e ha gli spazi di frenata di un tir sovraccarico, e tende a cappottare con facilità irrisoria se pigli una curva troppo brusca; affronta una strada innevata con uno di quei mezzi che “ah, ma tanto io ci ho il 4x4” e alla prima curva sono giù per una riva o stanno limonando con un muro.
Premessa generale per introdurre il caso in questione. L’altro giorno, io lì tranquillo che viaggio su una statale1 e a un incrocio non mi si fionda davanti il coglione di turno con un SUV? Tra l’altro, è un mio buon conoscente, quello che potrei definire amico occasionale. Inchiodatone – con le auto dietro che alla classica maniera italiana viaggiano a trenino e rischiano di chiudersi a fisarmonica sul culo della mia – e clacsonata d’obbligo, e ’sto pirla mi fa segno che veniva da destra; al che gli ho indicato il grosso segnale ottagonale rosso con la scritta bianca STOP a caratteri cubitali che non s’è filato di striscio. Andiamo avanti, dunque. ’Sto caprone prende a tagliare allegramente tutte le curve a sinistra e a prendere quelle a destra alla milanese, buttandosi sulla corsia opposta per farle, rischiando un paio di volte un frontale con qualcuno dall’altra parte, che frena di botto rischiando di farsi inculare; arriva alla prima rotonda, ci si fionda dentro senza guardare – per fortuna non c’era nessuno – e si pianta, per poi farla a una velocità che ancora un po’ andavano più svelti i lampioni; e io dietro che gli pianto clacsonate senza pietà, ignorando i suoi vaffanculo gestuali. Altro tratto di curve impanate, be’, insomma, alla milanese, altra rotonda e ci si fionda dentro facendo inchiodare un poveraccio che era già lì; poi, di nuovo, percorsa a due centimetri all’ora. Io lascio passare doverosamente l’altra auto, mi immetto, ma arrivo a culo al pirlone che ancora non era uscito dalla rotonda! Infine, coincidenza, giriamo sulla stessa strada: dovevamo andare tutti e due nello stesso posto, e si trattava di una strada a senso unico con parcheggi sul lato destro. Ahi ahi, i parcheggi sul lato… ’Sto minchione si ferma per parcheggiare in un buco dove più o meno sarebbe entrato un tir – e non ci va a impiegarci quella miliardata di manovre per poi riuscire a lasciare l’auto storta con mezzo muso sulla strada? E io lì dietro col clacson su cui ormai potevo cuocere le uova! E per fortuna in quel momento su quella strada non stava passando nessun altro! Io gli parcheggio dietro con una manovra da manuale, poi scendo, e lui, a sua volta sceso dalla sua auto, mi s’avvicina incazzato, gridando “Ma che cazzo vuoi da me? Ma perché mi devi rompere i coglioni?”, roba del genere a disco rotto.
Lo guardo con un ghigno sardonico, e gli rispondo con un tono che ho imparato a usare quando sbarella di brutto, il tono da “Mo’ parlo io e tu muto come un pesce”.
“Sai qual è la radice del problema? Per te e per tanti altri, sai: tranquillo, non soffrirai di solitudine.” Lo blocco prima che intervenga, lanciandogli un’occhiataccia, e proseguo: “Vi dovete comprare tutti quanti l’astronave. Già, perché bisogna a tutti i costi avere il macchinone per fare i blagueur2 con gli amici. Magari pure ostentando una ricchezza alquanto fasulla, perché sono quasi sicuro che tu abbia preso ’sto cesso con un finanziamento che finiranno di pagare i tuoi pronipoti.” Colpito e affondato! Sguardo basso imbarazzato da parte sua. Io spietatamente proseguo: “E poi se è pure un cazzo di SUV della minchia, come il tuo, ci si può permettere di fare i bulli sulla strada, fottendosene di stop, precedenze e semafori rossi, tanto frenano gli altri; strabattendosene delle striscie pedonali, tanto si fermano quegli sfigati che vanno a piedi; strainculandosene dei sensi unici, tanto tornano indietro gli altri; sfruttando allegramente quattro stalli di sosta per parcheggiare, tanto chi se ne fotte se altri che avrebbero voluto utilizzare qualcuno di quei tre stalli aggiuntivi devono poi andare a cercare parcheggio altrove. Ma il fatto è, e questo tuo parcheggio qui ne è la piena dimostrazione, che non sapete guidare neanche una Panda.”
“Ma… ma…” comincia a balbettare; poi tenta di riguadagnare la faccia. “Ehi, fai in fretta a parlare tu con la tua minchietta giocattolo; ma qui la strada è stretta, ti voglio vedere, con tutta la tua banfa, a parcheggiare meglio di così.”
Gli ho indicato con un sogghigno tre o quattro furgoni – furgoni! – parcheggiati a regola d’arte, poi ho semplicemente teso la mano chiedendogli senza parole le chiavi. Lui accetta la sfida e mi dà le chiavi. Salgo sul suo barcone, lo avvio, esco dal parcheggio e gli faccio una manovra da manuale, piazzandoglielo a un millimetro dal marciapiede e perfettamente allineato. Con un altro sogghigno scendo, chiudo l’auto e gli riconsegno le chiavi.
La sua espressione è stata impagabile. Se n’è poi andato a testa bassa senza aggiungere altro. Ma dubito di averlo spinto a riflettere approfonditamente sulla faccenda; penso che le prossime volte si sarà bell’e dimenticato di questa figura di merda stradale.


  1. Doveroso ricordare che le strade statali in Italia hanno la precedenza su qualunque altra strada che non sia una statale; gli incroci tra statali sono sempre regolati con semafori, rotonde o sistemi di svincoli – ma devo ancora vedere su qualunque strada un singolo incrocio privo di segnaletica dove alla fine vale la famigerata regola della precedenza a destra! E la mia patente di decenni ne ha ormai parecchi. ↩︎

  2. Forse solo i piemontesi riconosceranno questo termine; comunque, è perfettamente comprensibile dal contesto. ↩︎

martedì 24 agosto 2021

Altre utOntaggini varie

È tornato Ben11! Insomma, non è che se ne fosse mai andato, ma ha avuto anche lui i suoi kazz&mazz in questo periodo di merda putrida e fetente, inclusa una quasi chiusura dell’azienda dove lavora, con cassa integrazione e tutto l’ambaradan. Comunque, la sua ditta è riuscita a tirarsi fuori dal baratro, lasciando purtroppo a casa qualcuno, non Ben11 e il suo vice per fortuna, e ora sta pian piano risalendo la china – basta che i genialoidi che abbiamo a Roma non s’inventino altre chiusure totali, zone rosse e troiate del genere; ma questo, per usare un’espressione che mi suggerisce Flannders, è tutto un altro paio di mutande. Comunque, Ben11 si è ricordato di mandarmi altre storielle, quindi cedo la parola a lui.

Ariecco qui il vostro Ben11, con un po’ di roba in canna (del gas?). E, no, non ho storielle su quella tipa che avevo battezzato AltraUtOntaScema, in questo post qui [devo di nuovo chiedere a E. B. di piazzarmi il link] (N.d.E.B.: basta poco, che ce vo’?): ha fatto le spese della nostra piccola crisi aziendale post-pandemiaonio e se n’è andata a menare le tolle da qualche altra parte. (N.d.E.B.: CuGGina o meno che sia del gran capoccia, anche lui deve aver capito che i primi che vanno potati sono i rami secchi.) Però, dopo un periodo in cui il suo posto è rimasto vacante, Capo ha preso un altro bel fenomeno, UtOntoAncoraPiùTonto. ’Sto demente oltre a non sapere nemmeno come cazzo si fa ad accendere un computer è anche uno spakkamaronix di prima categoria; penso che di materiale me ne fornirà a gogò.
Dunque, l’altro giorno mi chiama, e io ci avevo già tutte le lune di Giove, di Saturno, di Urano e di Nettuno di traverso, per cazzi miei, eh.
UAPT: Non mi va Internet. (Manco un cazzo di saluto? Un “ciao” cacatissimo? Troppa fatica cercare almeno di essere cortesi? Mi si è aggiunta anche la nostra Luna al conto…)
Io: Non mi hai dato alcuna informazione. Cosa di preciso non va?
UAPT: Eh, non va. E io devo accedere subito a un sito, è urgente, quindi vedi di risolvermi subito questo problema.
Io: (E va bene, aggiungiamo pure Fobos, Deimos e Caronte al conto…) Dunque, punto primo: per le urgenze hai un bagno a sì e no dieci metri dalla tua sedia. Punto secondo, “voglio posso e comando” qui da noi non funziona. Punto terzo, continui a non darmi nessuna informazione, quindi il tuo problema per me è irrisolvibile, per non dire irrilevante.
UAPT: (alquanto piccato) Ma come, qui i tecconici (sic!) infognatici (ari-sic!) si permettono di impedire alla gente di lavorare! Io devo fare urgentemente un accesso a un sito, e ci ho Internet che non va, quindi mi devi risolvere il problema!
Io: Allora, prima di tutto qui nessuno ti sta impedendo niente; seconda cosa, sei tu che continui a fare ostruzionismo quando ti chiedo di descrivermi il problema; terza cosa, qui vedo che la connessione aziendale va che è una meraviglia (ahò, ci abbiamo un fibrone della madonna!) e quindi adesso mi devi spiegare nei dettagli cos’è che non va.
UAPT: Ma se ti dico che non va! Cosa c’è di più chiaro di così?
Io: Ma fai così anche quando ci hai il mal di pancia e vai dal medico? Allora, le frasi “non va” e “non funziona” vanno eliminate dal tuo lessico. Qui abbiamo a che fare con delle macchine, e con le macchine bisogna essere precisi, chiaro? Dunque: qual è il problema? Che messaggi di errore ti dà quando tenti di accedere a Internet? È un problema su una pagina specifica o generalizzato? (Questo proprio non può essere, perché ciò vorrebbe dire che il suo PC è sconnesso dalla rete, ma se così fosse avrebbe smaronato per ben altre cose che “non va Internet” – e a un rapido ping il suo PC risponde, tra l’altro…)
UAPT: (dopo un lungo attimo di impappinamento) Ma, ecco, io tento di aprire il sito e non va.
Arrrrgh! Qui non ne caviamo un ragno dal buco! Dai, Ben11, schioda il culo dalla tua poltroncina e vai a vedere che gli frulla a ’sto rincojonito.
Vado da lui – che è covid-fobico, e si allontana da me schiaffandosi la mascherina, anche se come me ha già fatto tutte e due le dosi di vaccino – e mi metto a verificare il suo PC. Connessione alla rete: verde. Apertura browser: verde per tutti quelli che ha sulla macchina, cioè il solito Bordo di Finestre10, VolpeDiFuoco e Cromo (sì, ho voluto tradurre tutto in italiano: qualcosa in contrario?). Navigazione su Internet: verde. Guardo UAPT con un bel punto interrogativo stampato in faccia. (N.d.E.B: Non diciamolo a Batman, se no finisce per prenderti per l’Enigmista!) Si decide a venire vicino, ma solo dopo che gli ho detto “Dai, sei adulto e vaccinato!”, apre un cazzo di file di testo, copia un indirizzo web da lì – punta a un sito che riporto qui così: https://www.sitochemipuzzadavverotanto.it – e lo incula incolla sulla barra degli indirizzi (almeno una minchiatella che sa fare, anche se è forse l’unica). Restituisce un bel “Error 500 – Internal server error”.
UAPT: Ecco, vedi che non va? E io devo assolutamente accedere a quel sito, quindi bisogna risolvere il problema.
Io: Loro devono risolvere il problema. È il loro server che è andato a smignottix. Dal lato nostro, tutto funziona che meglio non può.
UAPT: Ma io devo accedere a quel sito, è urgente! E ieri da casa mi funzionava, quindi il problema è qui.
Io: Evidentemente da ieri a oggi il loro server ha deciso di inciamparsi per le scale e scatafasciarsi. (Se non altro, è riuscito a cogliere il mio ghigno sardonico a questa frase e capire che stavo facendo del sarcasmo.) Le macchine si guastano da un istante all’altro, puf, fino a un momento fa funzionava e ora non più. E se il loro server ti restituisce un bell’errore 500, non ti resta che aspettare che abbiano finito di riparare il guasto e l’abbiano riacceso. È tutto dal lato loro; se fosse qui da noi il problema non riusciresti nemmeno ad aprire la pagina di San Google.
UAPT: Ma come faccio ad accedere a quel sito? Devo accederci urgentemente!
Io: Se ascoltare quel che dice il, segnati bene come lo pronuncio, tecnico informatico è un optional, son cazzi tuoi. Questo server non fa parte dei nostri, quindi il problema per me proprio non c’è. E provati ancora ad accusarmi di boicottaggio nei tuoi confronti e finirai per farti una bella collanina coi tuoi denti dopo averli raccolti dal pavimento. (E che cazzo! Quando ci vuole ci vuole!)
UAPT: Ma… (Si blocca vedendomi stringere il pugno.)
Gli giro le spalle e me ne torno nella mia tana.
Per la cronaca, dopo qualche ora quel magnifico sito è tornato online e io sono perversamente andato a ficcarci il naso. Una rivendita online di kit per taroccare motori…


Le chicche di Contabile.
C: (dopo aver tirato giù almeno quattro calendari) Vacca boia, io ci avevo qui sul telefonino un file che mi devo essere cancellato, ma è importante! (Mi guarda speranzoso) Senti, non è che me lo puoi ricuperare? Tanto ci hai il backup, no?
Io: Del tuo telefonino? Ma manco se mi paghi 862.145 caffè.
C: (l’espressione desolata) Allora me lo sono proprio fottuto del tutto?
Io: Mi sa tanto di sì.
C: Ma che merda! Guarda, ti autorizzo a prendermi a calci in culo.
Io: Ci ho male alle gambe oggi; facciamo un’altra volta, va’.


Sul butringo dell’ufficio a volte piombano chiamate abbastanza deliranti da spingermi a chiedermi che cazzo ha l’umanità che non va. Un giorno mi suona; e c’era Capo lì in ufficio con noi a discutere di nuovi acquisti informatici. Numero che a me non dice una beata favazza, ma Capo lo vede e parte in fase digrignante – aha! Prendo la linea col vivavoce.
ScemoColBotto: Mi passi Capo. (Un semplice “Buongiorno, sono SCB, per cortesia vorrei parlare con Capo.”? Tsè: utopia.)
Io: (Dopo aver scambiato un’occhiata con Capo) Mi spiace, non è qui. Ha provato a fare il suo numero diretto?
SCB: Sì, ma non mi risponde. Me lo passi.
Io: Spiacente, ma da questo telefono posso solo passare la comunicazione a quello del mio collega d’ufficio. (Pinocchio, vatti a nascondere!) Rifaccia il numero diretto; può darsi che Capo sia solo uscito un momento dall’ufficio.
SCB: Ma come sarebbe che non può passarmi Capo? Ma dove siamo, nel Burundi, qui? Mi pas-
A un reciso cenno di Capo trancio la chiamata. Capo ci spiega che quello lì è uno dei dirigenti di Stucazzefornitore, che ci fornisce Quelsoftware, e che è un mese che gli sta facendo la minchia a bastoncini fritti dicendogli che è obbligato a comprare anche il pacchetto aggiuntivo con questa, quella e quell’altra funzionalità senza le quali la Terra smette di botto di girare, quando già in fase di acquisto avevamo fatto presente che ci basta e ci avanza il pacchetto base. Tra l’altro, Quelsoftware è una ciofeca mostruosa, e il prossimo anno non rinnoveremo il contratto ma ci orienteremo sulla concorrenza – ma questo è un altro disco unito a un orso (N.d.E.B.: 🙄 ).
La nostra centralina butringonica (N.d.E.B.: ovvio, no? La centralina che gestisce i “butringhi” è “butringonica”, giusto? 🤪 ) ha un sistema di smistamento chiamate: io e Bislakk rispondiamo allo stesso numero, ma la chiamata arriva all’uno o all’altro. Stavolta arriva a lui, che annuisce rivolto a Capo e prende anche lui la linea col vivavoce.
SCB: MI PASSI CAPO!
B: Ehi, non urli così, non sono mica sordo! Ahem, scusi, cos’è che ha appena detto? (Quanto a culo superiore, ne è molto più dotato di me…)
SCB: (resta interdetto per un attimo, poi grugnisce nel naso.) Mi passi Capo.
B: (produce deliberatamente un suono frusciante) Non ce l’ho qui in tasca, mi spiace.
SCB: (ancora una volta interdetto) Forse non ci siamo capiti bene. Mi passi Ca-
Anche B trancia la chiamata a un cenno di Capo. Mi strizza l’occhio; io alzo la cornetta del mio butringo e la lascio sganciata. La successiva chiamata di SCB piomba di nuovo sul butringo di B.
SCB: (ormai incazzato come due branchi rivali di iene sullo stesso territorio) Ma allora! Ma dove siamo qui, in Sudan? (’Nu poco razzistello, l’amico?) Una volta per tutte, mi passi Capo!
B: (rivolgendo a noi un ghigno perfido) Mi spiace, ma ho sentito da fonti sicure (mio cuGGino mio cuGGino…) che Capo si è preso un sabbatico per un anno ed è andato a spaparanzarsi in panciolle su una spiaggia privata a Honolulu. Richiami dopo il [data odierna + 366 giorni].
SCB: Ma… ma come, io devo assolutamente parlare con Capo! Come faccio? (Adesso più che incazzato sembra disperato. B gli ha propinato quell’insalata di minchiate in tono così serio…)
B: Se ha modo di contattarlo a Honolulu, prego. Noi non sappiamo come: non s’è nemmeno portato dietro il telefonino.
SCB riattacca – e per fortuna poi non chiama più. E noi lì piegati in due dalle risate! Poi:
Capo: Dai, raga’, andiamo a berci un caffè.

venerdì 20 agosto 2021

Piccole demenze artificiali crescono

Avevo già parlato tempo fa di quelle auto di FamosoProduttoreBorioso a guida autonoma le cui demenze artificiali le fanno inchiodare in un’autostrada trafficata perché prendono un’emerita vacca per i coglioni nell’interpretare l’ambiente circostante.
Qualcuno ritiene che più in basso di così non si possa scendere? Udite udite: FPB ha annunciato con gran squillo di trombe e rullo di tamburi che ha in produzione un vero e proprio robot umanoide, da adibire, come afferma lui, a compiti noiosi e ripetitivi.
Bella l’intenzione, sì; peccato che fior di scrittori di fantascienza, Isaac Asimov in testa, abbiano tentato – invano, parrebbe – di mettere in guardia il mondo contro questo genere di abusi di tecnologia.
Si comincia con un robot (nelle intenzioni) sminchiato e dalle capacità limitate, in grado di camminare solo al passo, di sollevare poco peso, di eseguire semplici ordini; si finirà per arrivare ai robot che regoleranno la nostra vita minuto per minuto, anche quando dormiamo, togliendoci ogni libertà anche solo di pensare, per il puro e nobile scopo di evitarci problemi e sofferenze. Si arriverà alle famigerate tre leggi della robotica che ci trasformeranno in delle specie di larve che non possono nemmeno più permettersi di andare al cesso da sole, non sia mai che cadano e si facciano male!
Già di tecnologia larvizzante ne abbiamo a gogò ultimamente, dumbphone in testa. Aggiungiamoci pure questa!
No, caro FPB: i tuoi graziosi robottini per me possono finire in fondo a un dirupo assieme alle tue belle automobili assassine!
Ah, Sant’Isaac Asimov: i tuoi romanzi non sono riusciti nell’intento originario: non hanno insegnato un cazzo di niente alla gente.

martedì 17 agosto 2021

La débâcle dell'Afghanistan

È stata una débâcle su tutta la linea, fin dal principio, da parte di tutti i soggetti coinvolti.
È stata una guerra totalmente incomprensibile; le guerre da parte di esseri che ritengono di possedere un raziocinio sono sempre ingiustificate, perché implicano il fallimento proprio di questo raziocinio, ma alcune hanno una motivazione che si riesce più o meno a capire – guerre per accaparrarsi risorse, più che altro, tipo il petrolio: tu ce l’hai, io no, quindi ti prendo a legnate per fregartelo. Ma la guerra in Afghanistan? Manco gli alti ufficiali delle forze armate statunitensi sapevano perché cazzarola stessero combattendo. Petrolio? Ma va’. Imperialismo, colonialismo? Non reggono. Rappresaglia per gli attentati del famigerato 11 settembre – che tra l’altro gli statunitensi si sono attirati addosso con le loro mani, allevandosi una serie di serpi in seno e fornendo loro pure armi? Rappresaglia contro chi e per cosa poi? No: quella dell’Afghanistan è stata una guerra totalmente assurda e ridicola, ed è stata un fiasco completo per tutti quanti, meno i talebani, che avevano già la vittoria in mano nel 2001.
È stata una débâcle per i grandi vertici degli stati appiccicati con lo sputo d’america1, forze armate, presidenti vari – incluso il tanto sopravvalutato Obama, per il quale a quanto pare hanno istituito il Nobel per la Guerra – e altri: non hanno mai capito una beata minchia dalle altre guerre inutili che hanno combattuto e straperso fin dalla partenza, tipo quella del Vietnam.
È stata una débâcle per la popolazione statunitense in generale, alla quale gli alti vertici hanno ammannito per vent’anni storielle di vittorie mirabolanti quando poi è risultato che invece si sono presi brodo per tutto quel periodo.
È stata una débâcle anche per l’Europa, anzi, l’europa, che per vent’anni si è pedissequamente accodata agli usa-e-getta per combattere una guerra in cui non c’entrava un cazzo di niente.
È stata una débâcle pure per il “giornalismo”, soprattutto quello nostrano, che è cascato con tutte le scarpe in un fotomontaggio fatto a cazzo di cane su una presunta bandiera talebana enorme come un palazzo e bella dritta posta sulla torre del palazzo presidenziale di Kabul; il Disinformatico spiega nei dettagli in questo articolo la figura di merda globale che i nostri “giornalisti” si sono fatti a riguardo.
È una débâcle in divenire per il mondo intero, che non avrà la più pallida idea di come gestire centinaia di migliaia, se non milioni, di profughi che se la stanno battendo a tutta birra dall’Afghanistan ormai in mano a uno dei peggiori regimi militari che siano mai esistiti.
E questo regime militare, i talebani appunto, se la ghigna alla facciazza degli statunitensi e degli europei non da ieri, ma da quando questa stupida guerra è iniziata, nel lontano 2001.
Gino Strada esprimeva la speranza di un mondo senza guerre. Idea alquanto utopistica, ma forse raggiungibile o quasi – ma fintanto che sulla Terra ci sarà quella strafottuta nazione che ritiene di essere poliziotta del mondo intero non ci arriveremo neppure lontanamente, a realizzare le speranze di Strada!


  1. Qui mi troverete a concordare col buon Flannders, che ha l’abitudine di togliere le maiuscole a tutti quelli che ritiene non le meritino più. ↩︎

lunedì 16 agosto 2021

No-vax, non rompete il cax!

No-vax che triturano la minchia ai ristoratori che sono obbligati per legge a fare gli sceriffi e chiedere il coso verde, che li tartassano di recensioni negative, di minacce, di tutti i vomiti cerebrali – parola grossa, nel loro caso – che espellono con tremenda pervicacia.
No-vax che spaccano i coglioni a tutti quanti con le loro teorie cospirazioniste – gli alieni, il famigggggerato 5G, Guglielmo Cancel Bill Gates che ti inietta il microcippe coi vaccini, bla bla bla.
No-vax che, anziché dichiararsi semplicemente fieri delle loro convinzioni senza andare a smaronare chi ha un’opinione diversa dalla loro, si ergono a paladini di una causa persa insultando e minacciando tutti quelli che non la pensano allo stesso modo – ma siete quattro gatti spelacchiati, va’.

Piccola nota divertente: no-vax che cascano con tutte le scarpe, i sandali, gli scarponi e gli stivali nella truffa delle rivendite di cosi verdi online; adesso, dopo aver sborsato cifroni inverosimili per procurarsi il coso verde falso, scoprono che i truffatori oltre a non consegnare loro quello scartafaccio contraffatto adesso chiedono pure un riscatto in bitcoin per non divulgare i loro dati alle forze dell’ordine. Hahaha! Se questo non è karma!