lunedì 26 luglio 2021

Demenza artificiale

Doverosa premessa: la cosiddetta “intelligenza” artificiale non esiste. Esisterà quando saremo riusciti a dotare le nostre macchine dello stesso tipo di istinti e di emozioni di cui siamo dotati noi – ma non siamo neanche lontanamente giunti in vista di questo obiettivo. Quello che si ha al momento è un riconoscimento di schemi, che però, essendo basato appunto su puri calcoli e del tutto privo sia di una capacità decisionale basata su un processo emotivo che di quegli istinti che ci permettono di riconoscere il mondo a colpo d’occhio – e di tutti gli altri sensi – canna alla grande. Tuttavia stiamo affidando sempre di più le nostre vite a questi dementi veloci, che prima o poi stabiliranno sulla base di un puro, impersonale calcolo che la vita organica è inefficiente e ci sopprimeranno! Fantascienza? No: triste realtà. Ma siamo ancora abbondantemente in tempo a fermarci, a mettere di lato questi dementi veloci; io per quel che mi riguarda non ho nessuna intenzione di lasciare che delle macchine decidano che io non servo più a niente. Qualunque macchina finirà per scoprire che le mie emozioni e i miei istinti funzionano.
Ciò detto, esempio di demenza artificiale un po’ sotto l’occhio di tutti: la cosiddetta guida autonoma, o semi-autonoma che sia.
Bello, fantastico, l’auto si guida da sola e con la sua velocità di reazione corregge tutte le puttanate combinate dal primate spelacchiato seduto dietro il volante!
’Sta minchia.
Poi ci ritroviamo – esperienza personale, con l’auto ultimissimo aaaaah! di un amico in autostrada – col veicolo che ti si pianta in mezzo alla strada in una colonna che viaggia a cento all’ora su un’autostrada trafficata. Perché? Perché su quell’auto, prodotta da FamosoProduttoreBorioso1, viene quanto mai difficile disabilitare i sistemi di assistenza alla guida; alla classica maniera italiana, io lì tranquillo che viaggio sulla corsia più esterna dell’autostrada, con un traffico della madonna che rende inutile cambiar corsia, e a un ingresso un camioncino pareggia la velocità della coda e mi s’immette davanti strabattendosene della precedenza. Noi italiani siamo ben avvezzi a queste stronzate da parte dei nostri connazionali, e quelli come me che cercano con tutte le forze di non combinarle sono mosche bianche – e comunque siamo abituati a subirle. Però: quel camioncino appartenente a una qualche impresa edile aveva i classici semafori di cantiere nel cassone; il sole trae un bagliore dal vetro del rosso di uno di quei semafori, e quell’auto mi s’inchioda di botto. A cento all’ora in autostrada. Con tutta la gente incolonnata – anche qui all’italiana – a trenino. L’auto subito dietro di me riesce a schivarmi al pelo infilandosi brutalmente tra due veicoli sull’altra corsia, e quelli dietro riescono in qualche modo a frenare. Poi, a strage evitata per un pelo, giù insulti a non finire e la polizia che mi arriva addosso in brevissimo tempo per tartassarmi ben bene. Al che, pallido come un cencio, sono sceso dall’auto, ho messo le chiavi in mano al poliziotto e gli ho detto: “La porti lei alla sua destinazione; io mi rifiuto di guidare ancora questa macchina assassina.” Mi ha guardato con tanto d’occhi; gli ho spiegato la faccenda del controllo non escludibile e dell’inchiodata che mi ha piantato perché ha preso lucciole per lanterne, e infine gli ho chiesto se la sua pattuglia poteva darmi un passaggio da qualche parte fuori dall’autostrada.
Lui s’è grattato la testa, mi ha detto che aveva già visto altre di quelle auto, ha pacioccato un momento con la console, poi ha trovato – per culo, m’è parso – il modo di disabilitare quella specie di assistente alla guida. Insomma, ha disabilitato tutto il sistema di controllo automatico, trasformando quell’auto in un veicolo, ahem, “tradizionale”, il che a me andava bene. Chiusa lì la faccenda, senza multe né altre rotture di cazzo, anche se la responsabilità di quei sistemi è in capo a chi guida l’auto, ho potuto riprendere la marcia, coi denti inchiodati, va da sé. Mi sono salvato in extremis dimostrando che quell’auto non è mia e che era la prima volta che la stavo guidando. Arrivato a destinazione, riconsegno l’auto al mio amico e gli dico dritto sul muso: “Butta via ’sta ciofeca prima che qualcuno ti accusi di omicidio volontario.” Di fronte a tutta la tiritera che è seguita, che è un prodotto di alta tecnologia, che è ipersicura, che bla bla bla, gli ho poi riferito dell’incidente mancato per un soffio in autostrada, spingendolo a rabbuiarsi in volto. Chissà se sono riuscito a spingerlo a rifletterci sopra!
Del resto, il Disinformatico, in questo articolo e in altri, spiega con dovizia di particolari dov’è che questi sistemi di guida autonoma o semi-autonoma prendono delle emerite vacche per i coglioni – tipo, come nell’articolo linkato, prendere la Luna per un semaforo. Roba da matti, proprio.
Ribadisco: affidare la mia vita e quelle dei miei familiari a sistemi a rincoglionimento totale del genere? Giammai! E lotterò con tutte le mie forze per far passare, una buona volta per tutte, questa moda di utilizzare le demenze artificiali come sostituto del nostro stesso cervello.


  1. Ahò, mica lo cito per nome! Ma il nomignolo descrittivo dovrebbe bastare a identificarlo… ↩︎

2 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

La vecchissima auto del mio papà ha la Guida Assistita, nel senso che se non ti assiste qualche santo potrebbe fermarsi di botto, ma per motivi estranei a qualsiasi (d)ef(f)icienza artificiale. ;)

Er Bestiassa ha detto...

@Franco
Ma anche con la guida assistita moderna, a quanto pare ho avuto l'assistenza di qualche santo, se no a quest'ora ci sarebbero le mie epigrafi in giro...