mercoledì 20 ottobre 2021

UtOntaggini a mitraglietta

Come al solito, da qui in poi parla Ben11.

Questa risale a qualche annetto fa, non tanti, eh.
Mi propongono di partecipare come “uditore esterno” a un corso d’informatica per principianti; e “uditore esterno” vuol dire “aggiustatutto / risolviproblemi / balia per utOnti”. Dopo avermi piatito per un bel po’ riescono a strapparmi un riluttante assenso; sono amici, come si fa a dir loro di no? (Si fa, si fa!)
All’arrivo, trovo quella bella aula coi suoi fantastici (🤮) computer, quella roba di fascia ultrabassa sotto i limiti della decenza che ti tirano dietro per 200 euro o giù di lì. E vabbe’, servono per dei principianti assoluti, quelli che forse sanno come andare su facciabuco solo perché il cuGGino “che ne sa di informatica” gli ha piazzato un link. Una quindicina di quegli affari, accoppiati ai loro meravigliosi (🤢) monitor da circa 37,99 euro, quelli che se gli starnutisci vicino perdono il segnale. Un PC da ghèiming da solo si pappa tutti quelli insieme, sia come prezzo sia come qualità e prestazioni. Oh, insomma, non è che penseranno di venir qui a sollazzarsi con qualche videogioco, eh. Siccome sono in anticipo, i miei amici mi chiedono di fare un giretto e verificare che tutto sia a posto. Accendi tutti quegli arnesi, aspetta i loro tempi biblici che partano (SSD? Ma quando mai!) – yuuup! Ci hanno Finestre 7. Ed era già uscito 10 da un bel po’, tipo che era già alla sua quinta o sesta versione interna. Vabbuo’. Funziona tutto; mi dicono di spegnere quelle merDaviglie; che, niente pappa pronta per l’utOntume in arrivo? Son loro che decidono, comunque. Spengo quegli affari.
E cominciano ad affluire gli utOnti. C’è di tutto, in tutte le fasce d’età tra una ragazza stordita sui quindici anni a un settantenne che sembra un novantaseienne; una quindicina di individui dagli sguardi bovini. E già lì… Dopo le presentazioni di rito, incluso il famoso “uditore esterno”, cioè io, si parte. Io mi piazzo discretamente a un tavolo per i cazzi miei, e il docente della serata dice: “Ora, fatemi vedere come accendete questi computer.”
Tunc, tunc, tunc. Aiuto, riacchiappatele!
Cioè, ma davvero?
Una cosa banale e scontata, come accendere la luce, o inziccare la chiave nel quadro dell’auto e girarla per accendere il motore. Per un lungo, eterno secondo mi sono aspettato la corsa delle mani agli interruttori di alimentazione di quei carciofoni, ben evidenti sui loro frontalini (sono roba formato Mini-ITX, quelli da tenere piatti sulla scrivania, e non c’è nemmeno da andare a piantare craniate sulla scrivania medesima per raggiungere quel parallelepipedo al di sotto).
Nessuno si muove. Quindici sguardi vacui si appuntano sul docente.
Dai, dai, dai che le tengo… noooo! Tunc, tunc, tunc.
Sono seguite due ore molto, ma molto divertenti (😭) di lezione su come accendere il computer. Cioè: come schiacciare il tasto di accensione sul buzingo, e quello lo sanno fare! Ma non ci arrivano, non ci arrivano! L’adolescente stordita: “Ma non c’è un’app per farlo?” Il settantenne che sembra suo padre: “Ah ma io mica m’intendo di ’ste cose, io so guidare il trattore.” (a ripetizione, questa frase…). Un altro tipo che, di fronte al dito insistentemente puntato del docente verso l’interruttore, si mette a stoccazzare le uscite USB, il tastino di espulsione del DVD, due o tre led, pure l’uscita audio, ma non si avvicina neppure al punto giusto, neanche dopo che il docente glielo ha addirittura sfiorato. Una tipa sui quaranta che dice: “Ah, ma a casa mia il computer lo usano i miei figli adolescenti.” (e manco hai chiesto loro come se lo accendono?) E via così.
Un’ora buttata nel cesso così, poi il docente chiama quell’utOntume a raccolta intorno a sé, vicino a un computer abbastanza centrale perché lo vedessero tutti. “Adesso vi faccio vedere come si fa; poi lo spengo di nuovo e voi dovrete fare quello che ho fatto io ciascuno sul suo computer.” Schiaccia il cornutissimo pulsante, il computer parte coi suoi tempi biblici sotto gli sguardi da “Oooooh!” (no, almeno nessuno l’ha pronunciato a voce alta, se non altro). Poi il docente lo spegne, rimanda quella manica di rimbabbeoniti ai loro posti e li invita a provare.
Di nuovo, quindici sguardi vacui appuntati su di lui.
“Su, forza, mi avete visto quando ho premuto il pulsante di alimentazione.”
Tsè, ’sta minchia in crosta di sale.
E allora il docente ripassa, spiega tutto di nuovo, fa finta di azionare l’interruttore, tutto da capo. E la ragazzina svalvolata: “Ma qui dovete fare un’app, se no così è troppo difficile.”
No, no, no, vi prego, non cadete… Tunc, tunc, tunc.
Alla fine della serata, quattro utOnti, di cui quello che guida il trattore, sono riusciti finalmente a schiacciare quel merdosissimo interruttore e a far partire il loro computer. Quattro. Quattro!
Fine della lezione, saluti, e quella cricca di cretidioti se ne va. I miei amici, incluso il docente di turno, mi guardano. “Che ne dici?” mi chiede uno di loro.
“Dico che fareste meglio a chiuderlo qui, questo, ahem, corso. Quelli sono senza speranza; ma da dove li avete rimediati, da un centro di non-ricupero di tossici ormai irrecuperabili?”
“Be’, sai, ne abbiamo già fatti altri, di corsi del genere, ed è così che vanno.” mi dice il docente della serata.
“Poi imparano.” aggiunge un altro.
Sì, tua sorella attaccata a un idrante. Poi diventano come gli utOnti che ci abbiamo in ditta! “Comunque, visto il livello di questa marmaglia, penso proprio che dovrete fare a meno del vostro uditore esterno dalla prossima volta.” Li saluto e me ne vado, lasciandoli lì piantati come dei pioppi.
Avanti veloce a sei mesi dopo. Hanno finito il corso per principianti, e io chiedo ai miei amici di farmene un consuntivo. Tipo la metà non si sono più presentati dalla seconda lezione, affermando che per loro l’informatica è troppo difficile: inclusa nel mucchio, la ragazzina che voleva tanto applicarsi al problema (N.d.E.B.: un’altra battuta del genere ed emigro su Marte!). Gli altri, be’, sono più o meno tutti arrivati al punto di aprirsi un fetentissimo browser e fare due o tre ricerchine su San Google, e un paio perfino a salvarsi qualche sito – quale? Ma facciabuco, ovviamente! – tra i preferiti. E sanno pure trovare il comando di spegnimento! L’uomo del trattore è nel mucchio, pensa un po’.
“Be’, che dire, un risultato eccezzziunale veramente!” dico ai miei amici (imitando la parlata di Abatantuono sulle ultime due parole). “Continuate così: tra, vediamo un po’, milleseicentoquarantasette anni sarete riusciti a insegnar loro anche come si copiano, spostano, rinominano e cancellano i file.”
Uno di loro, con aria rassegnata, mi fa: “Ci pagano per tenere questi corsi, sai? Tutta roba finanziata dall’unione europea.” (N.d.E.B: Le minuscole ce le ho messe io; non te la prendere per questo specifico intervento di redazione, Ben11.)
“Ah, ecco da che mucchio pescano i loro parlamentari e i loro commissari.” rispondo io.
Da allora, quando qualcuno mi propone di tenere corsi d’informatica di base, o anche solo di partecipare come uditore esterno, la mia risposta è un secco e reciso no.


Quando non ci arrivano non ci arrivano. Ma quando s’è trattato di spiegare i fatti della vita ai suoi figli UA2 si è comportato così? Sì, perché ha dei figli, non so se mi spiego. Uno lo conosco di persona, tra l’altro: ha trent’anni, un solido posto di lavoro e di sicuro una testa ben migliore di quella di suo padre.
Comunque, la stampante, o meglio La Stampante, è come al solito bloccata: lo so perché sono passato di lì. Non ragioniam di lei ma guarda e passa… Finito un toner, ma UA3 guarda caso latita; non me ne può fregare meno. UA2, dopo l’ennesima volta che l’abbiamo cacciato via dall’ufficio, ha cambiato strategia. È passato dal butringarci o venire di persona a dirci il suo eterno “Stampante” allo scrivere mail.

Da: UA2
A: Noi (ufficio informatica)
CC: Capo, CapaAmministrativaDeficiente, UA1, UA3, UA5
Oggetto: Stampante
> Testo: Considerato che sono 2 settimane che tento di stampare e non va
> avanti, esigo un intervento immediato.

Sto già vagliando mentalmente il catalogo degli SRAU in cerca di quello più grosso e massacrante, ma vedo che Capo è sul pezzo, perché non sono passati tre minuti che arriva la sua mail di risposta.

Da: Capo
A: UA2
CC: CAD, UA1, UA3, UA5
CCR: Ben11
Oggetto: Re: Stampante
> Testo: Carissimo UA2, punto primo: risulta che quella stampante sia
> ferma da un'ora e non da due settimane. Punto secondo: risulta che la
> stampante abbia semplicemente esaurito il toner ciano, questione non
> di competenza dell'ufficio informatica ma di UA3 che legge per
> conoscenza. Come già più volte ricordato al vostro ufficio, gli
> informatici intervengono soltanto per questioni informatiche
> relativamente a quella stampante; la gestione dei materiali di consumo
> non fa parte di questa categoria. Sei pregato d'ora in poi di
> attenerti a questa semplice regola e di evitare esagerazioni in
> perfetto stile giornalistico.

Hahaha, l’ha SRAUato Capo! Risultato: UA3 non ha risposto a nessuno, ma nel giro di pochi minuti quel toner è stato sostituito; UA1 e UA5 (sì, anche lui, benché non avesse capito un cazzo di quello scambio di mail) si sono messi a urlare con UA2 perché li ha tirati in mezzo; CAD, quando è rientrata da una delle sue eterne “commissioni”, ha pure dato una ranzata a UA2 per averla messa in cattiva luce con Capo, anche se in definitiva lui non ha scritto niente che la incrimini, l’ha solo messa per conoscenza nella mail.
Io e Bislakk ci guardiamo.
B: L’avrà capita, una buona volta?
Io: Sì, guarda, c’è un asino viola a pallini rosa che vola lassù scagazzando boccette di profumo costoso.
B: No, be’, stavolta Capo ci è andato giù duro. Per me l’ha capita.
Io: Vogliamo aprire un giro di scommesse?
B: Pffff, mi sa che stavolta vinci troppo facile. Se vuoi un altro giro da drag queen lo farò senza scommetterci sopra; tanto ormai ci ho preso gusto.


Storia di floppy-ma-non-tanto1, di un fantastico hard disk da 20 tera giga megabyte, di un MS-DOS versione 3 e qualcosa, di un classico utOnto di quei periodi, di quelli su cui si diceva che fossero in grado di formattarsi il disco di sistema col comando echo2, del cuGGino che sa tutto. ’Na roba che risale alla fine della mia adolescenza, quando ero già dotato di un PC per l’epoca moderno, ma non è il mio PC quello sotto esame.
Tornando a casa da un lavoretto a tempo determinato che m’ero preso in attesa che mi chiamassero per quell’anno di schiavitù obbligatoria denominato familiarmente naja, mi ritrovo un amico dall’aria disperata lì a piantonare l’ingresso di casa mia: lo chiamerò AmicoPirla. Mi fa su un pippone sconclusionato dal quale capisco solo che si è perso dei dati importanti; allora accetto di accompagnarlo a casa sua, tanto non abita distante. Arriviamo, e mi piazza davanti al suo PC: un magnifico due-otto-sei, coi suoi bei 640 KB di RAM, doppio floppy da 3 e mezzo già di quelli da 1,4 MB, e, udite udite, un hard disk da 20 MB col suo controller formato schedona inziccato sul bus ISA. ’Na roba che costava quasi quanto un’automobile, all’epoca: milionate di quelle famose lire che i millennial manco sanno cos’erano… Viene fuori che AP aveva installato di tutto di più su quell’hard disk: il DOS (no, Finestre non c’era ancora! Sì, forse Micromorbido s’era già inventato la versione 1.0, ma non prese piede fino alla famigerata “3.11 for uòrcgrup”), un programmuzzo di contabilità su cui suo padre teneva le fatture – e per fortuna quel sant’uomo aveva il “vizio” di farsi ogni sacrosanto giorno il backup su un floppy – e altro, tipo il famoso WordStar col quale AP in modalità skritore produceva quintalate di racconti che gli editori seri di quel periodo regolarmente rimandavano al mittente dicendogli con termini più o meno diplomatici che erano schifezze allucinanti. Solo che abracadabra zimzalabim, puf, svanito tutto. L’avvio da hard disk vomita fuori un Missing operating system. L’avvio con un floppy di MS-DOS va a buon fine, ma il disco C: risulta vuoto. Guardo AP di traverso.
Io: Che minchia in umido con patate hai combinato qui sopra?
AP: Io non ho fatto niente! (Tipico.) L’ho acceso ed era così, ma come faccio adesso, ci sono tutte le fatture di papà, tutti i miei manoscritti, tutti i giochi, tutto…
Io: “Fattonienteio” è una menzogna bell’e buona; gli hard disk mica si formattano da soli. Allora, cos’hai combinato?
Lo riduco quasi alle lacrime prima di spingerlo ad ammettere di aver fatto qualcosa – giustificandosi affermando che era roba innocua. (Tsè, e io sono Kelly LeBrock sotto mentite spoglie!) Lo incalzo ancora un po’.
AP: Ecco, vedi, qualcosa mi s’era incasinato sull’hard disk, c’era dell’immondizia sparsa qua e là (domanda: ma come cazzo riesci a distinguere la roba legittima dall’immondizia? Sei un utOnto a pieno titolo!) e allora ho chiesto a mio cugino, e lui mi ha detto “Fai un bel format c:, poi reinstalli il DOS e sei a posto.”, e io ho fatto la prima parte…
Già: un cugino tanto cuGGino, ma è davvero un suo parente, e io pure lo conosco (e non mi fiderei nemmeno a chiedergli che ore sono, va detto). Il fumo che mi sta uscendo dalle orecchie dev’essere evidente, ormai.
Io: Cioè, ti sei formattato il disco così, senza nemmeno stare a pensare a cosa stavi facendo?
AP: Eh, ma mio cugino mi ha detto che così si sarebbe pulita l’immondizia…
Io: Oh, certo. Pulisce l’immondizia e anche tutto il resto. Quello è il comando per fare tabula rasa su un disco, non so se mi spiego!
AP: (piagnucolando) Eh, ma io… ma adesso come faccio, c’erano tutte le fatture di papà e i miei manoscritti e i giochi, non dirmi che ho perso tutto!
Fosse stato un altro gli avrei ghignato in faccia rispondendogli “Sì, tutto kaputt!”, ma si tratta di un amico, e allora m’impietosisco. Per sua fortuna i miei incasinamenti personali – già, mica sono perfetto, io! – mi avevano spinto a procurarmi per vie traverse parecchi strumenti per ricupero dati, sì, roba primitiva rispetto a quelli moderni, ma avevano ottime probabilità di successo.
Io: Vediamo se riusciamo a sistemare ’sta menata. Per le fatture di tuo papà, non ti crucciare: lui si fa le copie tutte le sere. Per i tuoi manoscritti, forse riusciamo a ricuperarli.
AP: E i giochi?
Io: (Gli indico la pila di floppy in bilico su una mensola.) Quelli si reinstallano come ridere. Basta solo un po’ di pazienza. Aspettami che vado a prendere della roba a casa mia e poi ci proviamo con ’sto coso.
Esco, torno a casa, mi prendo un po’ di floppy con questi begli strumenti di ricupero dati, torno da AP che mi aspetta speranzoso. (Chi vive sperando deluso muore…)
Triga e ritriga, e benedicendo il fatto che la formattazione veloce marca il disco come formattato ma non cancella fisicamente i dati, alla fine gli ritrovo tutta la directory – fortunatamente ne usava una sola – dove aveva salvato i suoi preziosi manoscritti, e giù di copia su un floppy vuoto. Poi, reinstalla il DOS sull’hard disk, reinstalla il programmozzo di contabilità di papino (un solo floppy) e ricupera le fatture dal backup, reinstalla WordStar (con la danza del cambiafloppy, olé olé), copia la directory dei minchiascritti, e zacchete, finito il lavorone; per quanto riguarda i giochi, classica roba che gira sotto DOS, che potrebbe girare pure da floppy, ma che come tanti AP inzicca sull’hard disk (almeno questo lo sa fare!) perché vanno un po’ più veloci e soprattutto non richiedono la danza del cambiafloppy in caso (uno solo, e gli fa fuori mezzo hard disk) siano belli massicci. AP ha detto che ci penserà lui. Finito tutto quell’ambaradan, guardo AP fisso negli occhi, tornando a metterlo a disagio.
Io: La prossima volta che ti trovi “immondizia” sull’hard disk, prima di chiamare a tuo cuGGino chiama me. Oppure lascia lì tutto come sta. E per i tuoi scartafacci, fai come tuo papà: ogni sera una bella copia su un floppy; tanto sono file di testo, ci stanno tutti.
AP: (Deglutisce.) Sì, sicuro.
Io: Guarda che non è assolutamente detto che i miracoli funzionino due volte!
AP: Sì, ho capito.
Il “sì sì” dell’asino o davvero ha capito? Me ne vado a casa col dubbio.
Ma più avanti ho la prova che ha capito sul serio; non si è più brasato l’hard disk per dar retta al cugino cuGGino. Mi ha chiamato per farmi vedere quella famosa “immondizia”: sono tutti i file di gioco del mappazzo da dieci mega, non cancellabili se non pregiudicando la funzionalità del gioco stesso. Glielo spiego, e lui annuisce, sollevato.


  1. “Floppy” in inglese vuol dire “moscio”. I flopponi-oni-oni da 8 pollici erano davvero mosci, quasi come fogli di carta tenuti per un singolo bordo; i flopponi da 5 e un quarto erano già più rigidi, data la riduzione di dimensioni; quelli da 3 e mezzo avevano una custodia rigida come un barotto, quindi non erano più “floppy” proprio per niente. ↩︎

  2. Serviva a visualizzare messaggi a video, ecché. ↩︎

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